Ci sono momenti in cui i mercati azionari mandano segnali precisi ed oggi è uno di quelli: mentre Wall Street perde quota a causa delle continue fusioni e acquisizioni annunciate (il matrimonio tra Kraft Food e H.J. Heinz la scorsa settimana, Intel che potrebbe rilevare Altera per 10 miliardi di dollari ieri, mentre oggi è Charter Communications che ha rilevato la maggioranza di Bright House Networks per 10,4 miliardi) ad un ritmo che rischia di far lievitare eccessivamente le valutazioni proprio ora che l’epoca del “denaro facile” sembra agli sgoccioli (la Federal Reserve dovrebbe aver pazienza fino a giugno, ma anche se attendesse dopo l’estate un primo rialzo dei tassi da zero a 0,25% appare pressoché certo entro fine anno), a Milano il titolo Yoox concede il bis e dopo il +10% di ieri segna un ulteriore rialzo dell’11,1% a 25,75 euro per azione con oltre 9,8 milioni di pezzi passati di mano.
A far decollare le quotazioni del titolo della società fondata nel 2000 da Federico Marchetti (ex analista finanziario di Lehman Brothers e Bain & Co) e subito finanziata dal fondo Kiwi di Elserino Piol (già top manager di Olivetti e Omnitel/Infostrada, poi venture capitalist, tra i primi finanziatori tra l’altro di Vitaminic, Venere.com e Volendo.com) è stato l’annuncio ufficiale, dopo le indiscrezioni già circolate ieri, della prossima fusione con Net A Porter, concorrente britannico controllato dal colosso svizzero del lusso Richemont. L’operazione avverrà come previsto “carta contro carta”, ovvero mediante concambio in azioni Yoox e darà vita a Yoox Net-A-Porter Group, che a valori 2014 può contare su un giro d’affari di 1,3 miliardi di euro e su un Ebitda Adjusted aggregato di 108 milioni di euro, con una base clienti di oltre 2 milioni “con una elevata capacità di spesa” e oltre 24 milioni di visitatori unici al mese sui siti di riferimento.
L’operazione consentirà una maggiore diversificazione del portafoglio di business e un mix geografico più bilanciato, oltre a “benefici in termini di leva ed efficienza operativa” legati alle maggiori dimensioni delle attività e a sinergie che a regime dovrebbero risultare pari a circa 60 milioni di euro a livello di Ebitda tra maggiori ricavi (per circa 30 milioni) e minori investimenti in conto capitale e taglio dei costi (per i restanti 30 milioni) “a partire dal terzo esercizio dal completamento della fusione”, attesa entro il prossimo settembre. Come era prevedibile la fusione porterà i due azionisti, Yoox e Richemont, a pesare ciascuno il 50%, ma il socio svizzero (e questa è una novità interessante rispetto all’ultimo trend di acquisizione di brand e aziende italiane da parte di investitori esteri) limiterà l’esercizio dei propri diritti di voto al 25% così da garantire l’indipendenza del nuovo gruppo e non potrà nominare più di 2 consiglieri di amministrazione su 12 (6 dei quali rivestiranno la qualifica di “amministratori indipendenti”).
Yoox resterà quotata a Milano (assumendo la nuova denominazione Yoox Net-A-Porter Group una volta perfezionata la fusione), Federico Marchetti continuerà ad essere il Ceo, mentre Natalie Massenet, già fondatrice e presidente esecutivo di Net-A-Porter, sarà presidente della nuova Yoox Net-A-Porter Group. A completamento di tutta l’operazione il nuovo gruppo lancerà un aumento di capitale da 200 milioni “per finanziare nuove opportunità di crescita e l’integrazione, anche con il fine di favorire l’ingresso di potenziali investitori strategici e mantenere la massima flessibilità finanziaria”. Per una volta, insomma, un’azienda italiana è riuscita a tener testa a un colosso internazionale ed anzi sembra in grado di approfittare del matrimonio “alla pari”, per ora, per arricchire la propria offerta nell’alto di gamma (Richemont controlla marchi come Cartier, Montblanc, Baum & Mercier, Piaget e Vacheron Constantin), un fattore da non sottovalutare in un settore, quello dell’ecommerce, sempre più competitivo e dove i margini si stanno livellando nella parte bassa del mercato, riserva di caccia di colossi come Amazon.
Richemont da parte sua realizza una cospicua plusvalenza, sia pure implicita: Net-A-Porter era stata rilevata cinque anni fa sulla base di una valutazione complessiva di 392 miliardi, stasera vale, in base alla capitalizazione di mercato di Yoox, oltre 1.437 milioni con un incremento del 266%. Limitando la sua influenza sul nuovo gruppo Richemont evita inoltre di compromettere i proficui rapporti che Marchetti ha saputo sviluppare in questi anni con gruppi come Lvmh e Kering e si lascia le porte aperte per futuri ingressi nell’offerta di Yoox Net-A-Porter Group di marchi come BrunelloCucinelli e Chanel, non presenti né su Yoox né su Net-A-Porter ed anzi tuttora molto dubbiosi sulle concrete prospettive dell’ecommerce per i prodotti di lusso.
La sfida insomma per Marchetti è appena (ri)cominciata ma già la strada che questa operazione indica è interessante: mentre la “vecchia” industria italiana chiude sempre più impianti produttivi, anche nel campo della moda (Ermenegildo Zegna ha appena avviato la cassa integrazione ordinaria allo stabilimento In.Com, l’ex Gival, di Sarmeola, nel Padovano, in vista dello spostamento delle lavorazioni nell’impianto di San Pietro Mosezzo, in provincia di Nvara, preparandosi a lasciare a casa 230 dipendenti, in maggioranza donne di mezza età, come denuncia la Cisl), o cede i suoi marchi più preziosi, come accaduto a Loro Piana o a Krizia, il “nuovo” terziario italiano, in grado di sfruttare e non soccombere alla tecnologia, riesce a crescere e non solo non spaventa i mercati, ma li incanta. Di questi tempi un segnale incoraggiante che speriamo possa avere a breve emuli anche in altri settori.