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Wells Fargo, le polemiche sul mancato controllo raggiungono la Fed

Lo scandalo Wells Fargo sfiora la Federal Reserve, accusata di non aver saputo controllare efficacemente le grandi banche, di cui stanno emergendo comportamenti poco corretti a distanza di anni. In Italia invece…
A cura di Luca Spoldi
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C’è uno scandalo che sta montando negli Stati Uniti di cui ancora pochi eco sono giunti in Italia, quello delle grandi banche che, con una frequenza eccessiva, vengono “pizzicate” dopo aver tenuto per anni comportamenti scorretti. Il caso più recente e clamoroso è quello di Wells Fargo, terza maggiore banca statunitense, dove nelle scorse settimane è emerso che sono stati aperti oltre 2 milioni di conti correnti all’insaputa della clientela. Uno scandalo per il quale l’amministratore delegato, John Stumpf, non riceverà il bonus 2016 e perderà anche un bonus in azioni (che a Wall Street sono calate del 17% da inizio anno).

Siccome a monte delle banche, negli Stati Uniti come in qualsiasi altro paese, c’è una serie di controllori a partire dalla banca centrale, la Federal Reserve presieduta da Janet Yellen, le polemiche stanno allargandosi oltre che all’operato del top management di Wells Fargo e al suo sistema di controllo interno, all’efficacia del sistema di controllo da parte della Fed stessa. Così testimoniando davanti alla Commissione Servizi Finanziari della Camera, la Yellen ha dovuto chiudersi in difesa replicando che la Fed sta “effettuando una panoramica completa delle maggiori banche”.

Ad alcuni è sembrato che la Yellen provasse a chiudere le stalle una volta che erano scappati i buoi, tanto più che non ha offerto alcuna risposta a chi le chiedeva se la Fed non pensi ora che sia il caso di iniziare a forzare uno “spezzatino” di Wells Fargo e altre grandi che restano “troppo grandi per fallire” ma che non sembrano avere ancora compreso fino in fondo la lezione del 2008 quanto ad “azzardo morale” e conseguenti rischi sistemici e dunque rappresentano una mina latente per la stabilità della ripresa economica a stelle e strisce.

A questo punto potrebbero venire in mente alcuni paralleli con le difficoltà del sistema creditizio italiano e con la tendenza dei controllori nostrani a dichiarasi estranei a ogni addebito, ma in Italia le difficoltà non hanno riguardato solo istituti troppo complessi da gestire e “buchi” nei relativi sistemi di controllo, bensì anche istituti di piccole e medie dimensioni, cosa che rende anche più vistosa la carenza emersa ex post e, quanto meno, rende più urgente superare l’attuale sistema di controllo e completare la riforma del sistema creditizio in ambito europeo (e nazionale).

Così se negli Usa la soluzione potrebbe essere quella di favorire lo scorporo di attività da parte dei grandi gruppi creditizio-finanziari e tornare a una maggiore specializzazione, essendosi dimostrato il modello di banca universale troppo esposto a rischi di vari genere, in Italia il passo in avanti potrebbe essere rappresentato dal favorire una serie di fusioni di istituti di piccole e medie dimensioni, che renda in grado gli istituti risultanti da tale processo di procedere ad investimenti adeguati.

Purtroppo la bassa redditività dell’intero settore creditizio italiano gioca a sfavore di questa ipotesi e in generale rende quasi inevitabile ricorrere a ulteriori riduzioni del numero di filiali e dipendenti. Del resto, lo scriviamo da tempo, la tecnologia sta modificando rapidamente anche questo settore e ci offre la possibilità di scorporare la funzione del credito dalle “vecchie” formule organizzative, generando maggiore redditività a medio termine (cosa positiva e foriera, eventualmente, di una ripresa degli investimenti e delle assunzioni) ma al costo di una drastica razionalizzazione delle attività e degli staff (cosa che ha ovvi riflessi negativi, sia economici sia sociali, di breve periodo).

Continuare a fare finta di niente, pensando che le crisi che stanno emergendo dagli Stati Uniti alla Germania, non ci riguardino e che il nostro “piccolo mondo antico” possa andare avanti come nulla fosse non è una opzione né una strategia. Lo capiranno tutti gli attori coinvolti? Se sì un momento di difficoltà potrebbe trasformarsi in una occasione di rilancio per tutto il paese, non solo per le sue istituzioni creditizie.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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