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Unicredit: tutti i dettagli e le conseguenze del maxi aumento

Unicredit ha annunciato i dettagli dell’aumento da 13 miliardi che partirà il 6 febbraio per concludersi il 10 marzo. Proviamo ad analizzarli uno per uno e capire le conseguenze che l’operazione potrà avere…
A cura di Luca Spoldi
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Giornata altalenante per il titolo Unicredit sui mercati finanziari italiani: alla fine il bilancio è negativo col titolo che in borsa a Milano ha chiuso in calo dell’1,69% a 26,16 euro per azione, con quasi 12,7 milioni di pezzi (pari al 2% del capitale) passati di mano nell’arco dell’intera seduta. Nell’arco della mattinata, tuttavia, il titolo era arrivato a guadagnare oltre il 2% salendo fino a un massimo di 27,46 euro, dopo che ieri sera il Cda ha diramato i dettagli del prossimo aumento di capitale da 13 miliardi di euro.

L’aumento, che partirà lunedì prossimo 6 febbraio, per concludersi dopo oltre un mese, il 10 marzo, prevede l’emissione di 1,6 miliardi di nuove azioni al prezzo di sottoscrizione di 8,09 euro l’uno, che saranno offerte in opzione ai soci nel rapporto di 13 nuovi titoli ordinari ogni 5 (ordinari o di risparmio) posseduti. A questo prezzo lo sconto implicito sul Terp (il prezzo del titolo una volta scorporato il diritto), calcolato sul prezzo di chiusura di ieri di 26,6 euro, è pari al 38%, vicino al limite superiore della forchetta 30%-40% indicata dagli analisti negli ultimi giorni.

Uno sconto robusto, per convincere anche i più titubanti, ma comunque inferiore al 43% di sconto praticato per riuscire a condurre in porto l’aumento da 7,5 miliardi del 2012, segno che Jean-Pierre Mustier è confidente che il consorzio di collocamento e garanzia formato da 30 istituti (oltre alla stessa Unicredit), che ieri ha sottoscritto l’impegno vincolante di “underwriting” non dovrà comunque farsi carico di un numero eccessivo di azioni che rimanessero eventualmente inoptate al termine dell’offerta sul mercato.

Si noti che stante il prezzo di emissione e lo sconto annunciato, i diritti dovrebbero partire lunedì mattina da un valore di 8,40 euro, superiore al valore stesso dei nuovi titoli cui dovrebbero invece tendere le azioni già in circolazione. Si noti pure (Saipem docet) che tale valore si azzererà l’ultimo giorno di contrattazione dei diritti stessi e che durante il prossimo mese è da mettere in conto una forte volatilità sia delle azioni sia dei diritti. Se molti grandi soci sembrano intenzionati a sottoscrivere pro-quota l’operazione, come ha già annunciato Fondazione Crt (socia al 2,3% e che dunque dovrà sborsare circa 300 milioni di euro), altri potrebbero farlo solo parzialmente.

E’ il caso di Fondazione CariVerona, che oggi ha deciso di sottoscrivere solo il 73% della propria quota di spettanza (2,23%), per un investimento non superiore ai 211,6 milioni, col risultato di farsi ulteriormente diluire sotto l’1,63%, e potrebbe esserlo anche di altre fondazioni che complessivamente pesano il 9% del capitale attuale. Chi vorrà sottoscrivere solo parzialmente o non vorrà sottoscrivere affatto, lasciandosi diluire fino a un 45% rispetto al peso attuale, venderà i diritti sul mercato facendone verosimilmente calare il prezzo.

A quel punto potranno scattare arbitraggi tra chi vorrà utilizzare i diritti, ulteriormente “scontati” per sottoscrivere i nuovi titoli e chi preferirà acquistare direttamente azioni sul mercato. Morale della favola: se già siete azionisti di Unicredit ma non vi piacciono gli alti e bassi di borsa, o non avete capitali da investire nell’operazione, fareste meglio a uscire prima che la giostra inizi.

Se il brivido vi piace e le prospettive dell’istituto come le ha tracciate Jean-Pierre Mustier vi convincono, potreste provare ad approfittare di qualche scivolone delle quotazioni dei diritti (o dei titoli) per entrare sul titolo o arrotondare la vostra posizione, sapendo però che il rischio in questi casi non è certo modesto.

Sullo sfondo resta un’ulteriore possibilità: che qualcuno possa decidere di approfittare di un aumento che riporterà da 16,4 ad almeno 29 miliardi di euro la capitalizzazione (accorciando le distanze con Intesa Sanpaolo, che capitalizza 36,8 miliardi di euro al momento, anche se potrebbe lanciarsi alla conquista di Generali già entro il prossimo fine settimana) per mettere un “piedino” o forse qualcosa di più nel capitale. Chi potrebbe farlo?

Di certo non Deutsche Bank, che anche oggi ha sofferto in borsa sia per una trimestrale meno brillante del previsto, specie per le attività di trading, sia per il peso che la ricapitalizzazione di Unicredit avrà nell’immediato sull’intero settore bancario europeo. Forse, ragionano alcuni operatori, Societe Generale (da cui proviene lo stesso Jean-Pierre Mustier) potrebbe farsi avanti, avendo resistito nel 2008 alle lusinghe di Alessandro “il grande” Profumo che tentò vanamente di trovare un accordo poi sfumato del tutto per l’esplodere della crisi finanzia mondiale.

Il gruppo francese capitalizza poco più di Intesa Sanpaolo e se riuscisse a diventare un socio “forte” in Unicredit (non ci vuole moltissimo, visto che già ora la banca è di fatto una “public company” in mano a grandi fondi d’investimento come Aabar, al 5% del capitale, Capital Research, ormai al 7,4%, o Blackrock, al 4,8%) potrebbe poi avere un peso decisivo nella partita che coinvolge Generali e, su opposti fronti, Mediobanca (primo socio col 13,46%) e Intesa Sanpaolo.

Due “banche di sistema” storicamente avversarie che stanno per incrociare le lame l’una per mantenere la presa su Trieste o, eventualmente, portarla in sposa ad Axa, l’altra per mettere le mani soprattutto sulle attività di asset management, pronta a rivendere, si dice, le attività assicurative (in particolare quelle estere) ad Allianz, ma forse anche ad Axa e Zurich.

Molta carne al fuoco, dunque, per quello che potrebbe tra qualche mese rivelarsi essere un passaggio fondamentale per gli equilibri di un sistema finanziario, quello italiano, sempre meno controllabile dai vecchi “salotti buoni” e in cui le prede abbondano almeno quanto i  cacciatori esteri.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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