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Opinioni

Una tranquilla giornata di paura a Piazza Affari

Giornata no per i mercati finanziari di mezzo mondo e Milano non fa eccezione con ordini di vendita che si abbattono in particolare su Btp e sulle azioni delle banche. Che succede?
A cura di Luca Spoldi
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La borsa di Wall Street

A che ora è la fine del mondo? Ogni tanto i mercati si ricordano che oltre alle attese, gli indicatori di fiducia, alle dichiarazioni programmatiche delle autorità e all’ottimismo di maniera che tutti sfoggiano durante una crisi, la crisi stessa non è ancora passata e semmai c’è il rischio che se qualcosa andasse storto possa nuovamente peggiorare (peggiorare almeno in termini finanziari per chi ha investito i propri capitali in azioni, obbligazioni o titoli di stato dei paesi coinvolti dalla crisi). Puntualmente in queste occasioni i mercati non perdono tempo, non si adeguano sgonfiandosi gradualmente, ma tendono a farlo con movimenti rapidi e vendite selettive nei conti di quei titoli che vengono ritenuti, a torto o a ragione, i più esposti al rischio. Così è avvenuto oggi, giornata in cui sui listini europei prima e a Wall Street poi sono riaffiorati timori circa la tenuta dei conti di Grecia e Portogallo (anche perché nel frattempo Moody’s ha tagliato il rating di cinque istituti confermando l’outlook negativo sul merito di credito di altri sette a causa delle deboli prospettive economiche di Lisbona) e soprattutto circa il rischio di un possibile “contagio” della Spagna (e dell’Italia, anche se per scaramanzia ancora nessuno lo dice apertamente). Tenete però d’occhio il calendario, domani è la chiusura del primo trimestre e la tentazione di portare a casa guadagni cospicui è forte, anche perché da almeno un paio di settimane gli strategist più accorti come Alessandro Fugnoli di Kairos Partner avvisano che è sempre più probabile una nuova fase di correzione, che potrebbe tradursi in un movimento laterale degli indici (e in una più accentuata rotazione settoriale, con perdite per quei titoli che avevano corso finora di più e qualche recupero per chi era rimasto indietro) da qui a questa estate, quando poi occorrerà capire se l’inizio migliore delle attese del 2012, anche sotto il profilo macroeconomico e non solo di mercati, si rivelerà solo un fuoco di paglia o sarà la conferma che le misure prese (per ora soprattutto a livello monetario, dato che le manovre fiscali hanno un impatto pro ciclico e pertanto negativo in questa fase) qualche primo risultato stanno iniziando a ottenerlo, rallentando la crisi e ponendo le premesse per un lieto fine più o meno vicino nel tempo (più per gli Usa, l’Asia e i paesi “core” dell’Europa centrale, meno per i periferici del Sud Europa, purtroppo).

Piazza Affari e i Btp pagano pegno. Così può dare fastidio (se si è investiti) ma non deve sorprendere il fatto che in una giornata come oggi gli indici del listino di Milano abbiano perso il 3,30% con titoli di gruppi bancari come Mps, Bpm, Banco Popolare, Ubi Banca, Bper e UniCredit che hanno accusato perdite tra il 10,5% e il 5,8%. Nello specifico il Montepaschi paga anche lo scotto di un bilancio 2011 che si è chiuso con una perdita ante svalutazioni di 77,4 e un risultato contabile negativo per 4.685,3 milioni di euro contro l’utile di 985,5 milioni dell’esercizio precedente, dopo svalutazioni superiori ai 4,5 miliardi di euro in gran parte riferibili all’abbattimento dell’avviamento legato all’acquisizione di Antonveneta fortemente voluta nel 2007 (per 9 miliardi di euro, cifra che apparve eccessiva sin dall’inizio visto che il Banco Santander che cedette Antonveneta al gruppo senese aveva contabilizzato l’acquisizione della banca patavina solo il mese precedente alla vendita per 6,6 miliardi) dal numero uno Giuseppe Mussari, destinato a essere sostituito a breve da Alessandro Profumo). In più su Rocca Salimbeni pesa la scarsa visibilità dei risultati per l’esercizio in corso, in attesa della presentazione a maggio del nuovo piano industriale “stand alone” e delle decisioni che l’Eba (European Banking Authority) renderà note entro giugno riguardo l’adeguatezza del patrimonio del Montepaschi (le richieste originali dell’authority erano di 3,3 miliardi di euro, ma Mps vorrebbe evitare un nuovo aumento anche attraverso una serie di cessioni, di cui le più probabili al momento paiono quelle di Consum.it e Biverbanca). Alle altre banche italiane fa invece male l’ulteriore indebolimento dei titoli di stato italiani (stasera il Btp decennale guida, nonostante l’esito positivo dell’asta odierna che ha visto il Tesoro italiano raccogliere 5,75 miliardi, il massimo previsto, a tassi in ulteriore calo, vede il rendimento risalire al 5,21% , con lo spread sui Bund che torna al 3,41%), titoli verso i quali del resto l’esposizione delle banche italiane, impegnate in operazioni di “carry trade” con cui sfruttano la differenza tra il costo della raccolta (1% fisso per la liquidità a tre anni offerta gentilmente dalla Bce) e il rendimento dei titoli di stato, è tornata a crescere dopo le due Ltro della Bce di dicembre e febbraio. Gli istituti tricolori sono infatti passati dall’essere venditori netti per 2 miliardi di euro di titoli di stato a dicembre, ad acquirenti netti per circa 23 miliardi a gennaio e a febbraio secondo gli ultimi dati della stessa Bce.

Come se ne esce? Al netto della contingenza “tattica” di fine trimestre che induce chi ha investito sul finire dello scorso anno a portare a casa guadagni che in molti casi restano pari o superiori al 30% anche dopo le perdite di questi ultimi giorni, l’unico modo per uscire dalla crisi e rassicurare i mercati è tornare a crescere come ho ripetuto all’infinito. Diversamente non saranno gli atti di dolore e di costrizione dei governi di volta in volta in carica a salvare né la Grecia né il Portogallo o la Spagna o l’Italia, se non altro per la semplice ragione che con disoccupazioni in crescita (che in Grecia era già pari al 20,7% nel quarto trimestre 2011, in Spagna oscilla sul 23%, in Portogallo è al 14% ma con previsioni di un ulteriore incremento nel corso dell’anno, mentre in Italia è “solo” al 9,2% ma con un 31,1% di giovani under 24 anni che non trovano lavoro) e il crollo della produzione manifatturiera mal si conciliano con l’inasprimento fiscale fatto finora soprattutto di nuove tasse e molto parzialmente di tagli alla spese e misure di liberalizzazione (perennemente annunciate in questi mesi ma raramente concretizzatesi, in Italia ma non solo). Col rischio che nonostante ulteriori dismissioni di asset pubblici (le privatizzazioni sono partite a rilento in Grecia, stanno dando risultati migliori delle attese in Portogallo e fanno discutere in Italia, che peraltro già molto ha fatto negli anni passati non sempre con esiti fortunatissimi per le casse dell’Erario né per i servizi che i cittadini sono stati in grado di ottenere col passaggio di una serie di attività ai privati, dalle banche alle autostrade) centrare gli obiettivi di deficit/Pil e debito/Pil resti una chimera e la fiducia concessa dai mercati possa non essere sufficiente a tradursi, in particolare per Grecia, Irlanda e Portogallo, in un calo dei tassi sui titoli di stato a livello tale da escludere nuove ristrutturazioni del debito stesso o il varo di altri aiuti comunitari. Sarebbe per l’ennesima volta il cane che si morde la coda, anche per le prevedibili reazioni delle agenzie di rating. Possiamo evitarci tutto questo iniziando a far ripartire l’economia, sarebbe ora che lo facessimo o giornate come quella di oggi sui mercati non saranno solo più una pausa “tattica” ma un segnale preoccupante di una nuova sfiducia che non possiamo proprio più permetterci, credetemi.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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