Quasi dieci miliardi di euro: a tanto ammonta il controvalore complessivo delle offerte pubbliche d’acquisto che con l’arrivo dell’autunno scatteranno a Piazza Affari. Soldi in gran parte provenendo dall’estero: scorrendo l’elenco dei nomi coinvolti, da Pirelli a Italcementi, da World Duty Free a Seat Pagine Gialle, per arrivare a De’ Longhi, non si può non rimanere impressionati pensando a come stiamo assistendo al tramonto di un’era, quella del capitalismo delle “grandi famiglie” italiane, ricche di relazioni ma anche di inventiva e intuizioni, ma da sempre non sufficientemente forti sotto il profilo patrimoniale.
Il che, in un mondo dove la finanza ha sconvolto ogni regola e dove la maggiore banca è cinese (la Industrial & Commercial Bank of China, o Icbc) e può permettersi di veder salire le sofferenze su crediti di circa 25,5 miliardi di dollari nei primi sei mesi dell’anno senza che il peso delle sofferenze stesse aumenti (a fine giugno era pari all’1,4% dei crediti totali) e con un utile netto stabile a 74,7 miliardi di dollari (era stato pari a 74,8 miliardi nella prima metà del 2014), rischia di chiudere ogni possibile partita. Se poi ai quasi 10 miliardi che verranno offerti a fondi e piccoli azionisti si sommano anche i capitali già versati nelle tasche degli ex soci di controllo, si arriva alla bella cifra di circa 15 miliardi, cifra che sottolinea ancora con maggiore evidenza come il “banchetto” di marchi e know-how italiano stia accelerando (lo scorso anno le offerte pubbliche d’acquisto di titoli quotati a Milano non sono arrivate a 600 milioni di controvalore complessivo).
La sola offerta della cinese ChemChina a 15 euro per azione sui titoli Pirelli (che riguarda sia i titoli ordinari sia quelli di risparmio), il cui prospetto dovrebbe giungere a giorni, vale 5,6 miliardi (7,5 miliardi il controvalore complessivo); l’Opa del gruppo tedesc o Heidelberg su Italcementi arriva a 2 miliardi (ma parte di quanto l’attuale proprietario, la famiglia Pesenti, incasserà dall’operazione, 1,66 miliardi, servirà agli imprenditori lombardi per entrare con una quota tra il 4% e il 5% circa nel capitale della stessa Heidelberg ); quella su World Duty Free lanciata dalla concorrente svizzera Dufry vale altri 1,3 miliardi. Entrambe queste operazioni si candidano a dare vita a nuovi leader di settore, un ruolo per il quale ormai le aziende tricolori avevano dovuto rinunciare.
Sempre con l’autunno dovrebbe vedere la luce l’offerta su Seat Pagine Gialle a cui lavorano da tempo i fondi Avenue e GoldenTree (finora soci di controllo di Seat Pagine Gialle col 53,9%) e il magnate egiziano Naguib Sawiris (proprietario di Italiaonline, Libero), che con l’operazione intende integrare l’ex reginetta della “new economy” tricolore per dare vita ad una fusione nel corso del 2016 e così sbarcare in borsa, visto che il titolo risultante dall’integrazione societaria resterà quotato a Piazza Affari. Mitsubishi Electric si è invece accordata con De’ Longhi Industrial per rilevare il 74,97% della controllata DeLclima, società scorporata dal gruppo di elettrodomestici nell’estate di quattro anni fa e che si occupa di grandi impianti di condizionamento. L’operazione prevede il lancio di un’Opa residuale sul 25,03% di DeLclima quotato in borsa, per un esborso complessivo di 664 milioni calcolato sulla base di un prezzo unitario di 4,44 euro per azione.
Si noti che il prezzo pagato da Mistubishi potrà subire ulteriori aggiustamenti (al rialzo) in base all’effettiva data del closing dell’operazione, che se avvenisse a fine novembre si stima possa vedere un prezzo di offerta definitivo di circa 4,51 euro, un prezzo davvero da “amatori” se si pensa che in borsa DeLclima debuttò nel gennaio 2012 a 66 centesimi per poi calare a 37 centesimi nell’agosto dello stesso anno, prima di risalire gradualmente. Per chiudere il capitolo “Opa 2015” occorre non scordarsi delle operazioni già concluse, per quanto di taglia decisamente inferiore: Francesco Gaetano Caltagirone con la sua Fgc Finanziaria ha rilevato Vianini Lavori per poco meno di 36 milioni di euro, Lem ha conquistato Alba Private Equity (l’ex Cape Live) per poco meno di 12 milioni, Vei Capital ha messo le mani su Mid Industry per 17,7 milioni.
Più in là non sono da escludere nuove offerte, decisamente più consistenti, per ulteriori “pezzi pregiati” del panorama finanziario italiano: da una parte il processo di trasformazione delle banche popolari dovrebbe favorire la concentrazione del settore, dall’altra il “turnaround” di istituti come Mps o Banca Carige non può dirsi del tutto compiuto, mentre è noto da tempo l’interesse per il mercato italiano da parte dei principali gruppi bancari europei, crisi permettendo. Insomma: comunque vada il 2015 vedrà una pioggia di miliardi cadere nelle tasche degli azionisti di società quotate a Piazza Affari, in cambio della cessione del controllo. Tutto sommato uno scambio equo, non parendo possibile per le “prede” riuscire a crescere ulteriormente e trasformarsi in “cacciatori”.