Giornata nera per Twitter sul listino di Wall Street: il sito di microblogging o se volete la news network più celebre al mondo perde abbondantemente oltre il 10% tornando appena sopra i 38 dollari per azione dopo aver annunciato i risultati del primo trimestre dell’anno, che ha visto “solo” 255 milioni di utenti mensili medi, in crescita del 25% su base annua rispetto al 30% di incremento segnato nei tre mesi precedenti (sempre su base trimestrale).
Apriti cielo: anche se le vendite nel trimestre sono più che raddoppiate nell’ultimo anno raggiungendo i 250 milioni di dollari (+119%), la decellerazione nella crescita degli utenti (che colpisce il pubblico americano, cresciuto “appena” del 19% a 57 milioni di utenti mensili medi, contro il +27% segnato dal pubblico internazionale, ormai a quota 198 milioni di utenti mensili medi) per alcuni analisti rappresenta il “canarino nella miniera”, ossia un campanello d’allarme significativo per possibili futuri problemi. Quello che molti temono, infatti, è che le ultime mosse di Twitter, che pare volersi trasformare in un servizio di condivisione di immagini e video oltre e più che solo brevi testi, possano rivelarsi fallimentari vista la concorrenza accesa da parte di altri servizi come Instagram (ormai controllato da Facebook) e Snapchat.
Se ciò fosse vero per Twitter riuscire ad aumentare i ricavi pubblicitari (nel trimestre pari in media a 1,44 dollari ogni mille visualizzazioni della timeline da parte degli utenti, che mediamente visualizzano ciascuno 614 volte la timeline stessa in un mese) sarebbe sempre più difficile. Anche perché, spulciando nei dati presentati oggi, si nota come gli utenti internazionali (quelli che crescono di più) sembrano da qualche mese meno affezionati di prima a Twitter, tanto che le visualizzazioni medie per utente della timeline nel mese sono calate dalle 652 del secondo trimestre dello scorso anno a 560, un risultato peggiore di quello segnato dagli utenti americani (passati da 825 visualizzazioni medie al mese a 804, dopo aver toccato a fine 2013 un picco negativo di 766 visualizzazioni).
Insomma: Twitter sembra fare presa come servizio là dove non sfonda come volumi di traffico (e quindi come ricavi pubblicitari) e viceversa, una situazione quanto meno delicata che si è subito rifletto in un calo dei ricavi pubblicitari medi per utenti (a fine 2013 arrivati a 1,49 dollari per utente) e nel risultato operativo lordo rettificato (Ebitda adjusted), pari a 37 milioni di dollari nel trimestre (in crescita del 215% rispetto ai soli 12 milioni dei primi tre mesi del 2013, ma in calo di quasi il 18% dai 45 milioni del trimestre precedente.
Se considerate che Twitter resta un’azienda in perdita (e che perdite: nel trimestre la perdita netta è risultata pari ad oltre 132 milioni di dollari, in calo dai 511 milioni abbondanti di tre mesi prima, ma pur sempre la seconda peggiore perdita trimestrale da inizio 2012 a oggi) e che con una capitalizzazione di borsa di circa 21,7 miliardi di dollari Twitter “costa” ancora oggi oltre 27 volte il fatturato degli ultimi 12 mesi (pari a 801 milioni di dollari), o se preferite valorizza ogni utente 85 dollari contro gli 1,61 dollari di ricavo medio per utente dell’ultimo trimestre, è facile capire perché gli investitori siano così nervosi e pronti a scaricare il titolo ad ogni passo falso. Guardando poi ai grafici di borsa, si nota come qualche dubbio dovesse essere venuto agli investitori già a fine trimestre scorso: da un picco di 73,31 dollari toccato il 28 dicembre 2013, il titolo ha già perduto quasi metà del suo valore (-48% abbondante), a riprova secondo molti di quanto le valutazioni fossero salite eccessivamente rispetto al reale valore, attuale e prospettico, dell’azienda del canarino azzurro.
Azienda che, secondo quanto notava Adobe qualche giorno fa nel suo ultimo Social Media Intelligence Report, ha accusato un calo dei ricavi per visita del 23% in questo primo trimestre rispetto ai precedenti tre mesi, analogamente a un altro “new media” come Tumblr (i cui ricavi per visita sono saliti del 55% su base annua ma sono caduti del 36% rispetto agli ultimi 3 mesi del 2013), mentre Facebook ha visto una crescita di questa voce di un ulteriore 2% nello stesso periodo. Solo un contraccolpo di un ultimo trimestre 2013 reso particolarmente positivo dalla stagione natalizia, che ha portato molti utenti di network “ludici” come Twitter e Tumblr a cliccare su banner e annunci pubblicitari in cerca di regali da acquistare per Natale, o un'altra testimonianza dell’intensificarsi della competizione per mettere le mani su una raccolta pubblicitaria online che da qualche tempo sembra a sua volta stia rallentando il tasso di crescita rispetto a pochi trimestri or sono? Fra tre mesi la risposta, Wall Street permettendo.