La sterlina continua a soffrire a causa dei timori di una possibile “hard Brexit”, ossia un’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea che avvenga senza alcuna garanzia di un successivo accesso privilegiato di merci e servizi britannici al mercato unico europeo. Se sul finire della seduta di venerdì la valuta britannica era calata per la prima volta in assoluto sotto la parità rispetto all’euro (scivolando a un minimo di 0,97 euro), per poi risalire debolmente oggi a 1,11 euro, contro dollaro la divisa britannica ha toccano nuovi minimi pluriennali a quota 1,2365.
Il che per l’italiano medio significa due cose: che si può iniziare a pensare di fare qualche acquisto in Inghilterra, magari sotto Natale, ma che è meglio pensarci bene prima di fare investimenti che potrebbero rivelarsi sbagliati nei prossimi anni. Andiamo con ordine: la settimana passata ha visto la sterlina indebolirsi complessivamente del 4,2% contro il biglietto verde, ma le cose avrebbero potuto finire ancora peggio visto che nella notte di venerdì sui mercati asiatici in due minuti di contrattazioni la sterlina aveva registrato un crollo improvviso del 6,1%, prima di riuscire a recuperarne la gran parte, chiudendo comunque in calo dell’1,4% rispetto a giovedì.
Si è parlato dell’errore di un trader, ma Bank of America sembra avere un’idea più precisa e in una nota ha parlato del rischio crescente per i mercati dei cambi legato alla “liquidità fantasma” che impedirebbe agli investitori di comprare e vendere quando lo ritengono il momento più adatto. Ma perché la liquidità, che pure dovrebbe essere abbondante e garantita dai consistenti programmi di riacquisto dei bond sul mercato da parte delle principali banche centrali (compresa la Bank of England), viene a scarseggiare?
I volumi sui mercati dei cambi stanno calando da un paio d’anni per via del progressivo taglio degli staff da parte di molte grandi banche, in un mercato che ha bisogno di volumi sempre più grandi per essere redditizio a fronte di margini in continua compressione. Lo scandalo dei tassi Libor ed Euribor “aggiustati” da parte delle maggiori banche mondiali come Citicorp, Jp Morgan Chase, Barclays e Royal Bank of Scotland (che finora hanno pagato 5,8 miliardi di dollari di multe) ha fatto il resto.
In un mercato meno liquido di un tempo, il fatto che il premier Theresa May abbia fatto capire che si rischia di avverare uno scenario di “hard Brexit”, ossia che una volta uscita la Gran Bretagna dall’Unione europea prodotti e servizi britannici potrebbero non ricevere alcun trattamento “privilegiato”, favorendo un fuga di capitali, è un’ulteriore motivo di pressione sulla sterlina.
Certo, finora l’economia inglese ha mandato segnali sorprendentemente confortanti, ma attenzione: mentre le misure cautelative da parte della Bank of England (taglio dei tassi e ripresa del programma di acquisto di bond sul mercato) sono subito scattate, la richiesta di attivare l’articolo 50 dei trattati Ue e così dare il via a due anni di trattative che porteranno alla Brexit vera e propria dovrebbe partire solo nel marzo del prossimo anno.
Nel frattempo con la progressiva caduta della sterlina nei supermercati inglesi si inizia a vedere qualche rialzo dei prezzi e questo potrebbe essere il primo sintomo di un rialzo dell’inflazione che obbligherebbe presto o tardi la Bank of England a sospendere l’erogazione di misure straordinaria ed anzi iniziare a rialzare nuovamente i tassi, col rischio di uno shock più o meno duro che si scontrerebbe con un atteggiamento a sua volta più o meno duro degli “ex” partner europei. In tutti i casi il risveglio per molti inglesi che hanno votato con entusiasmo l’uscita da un’Unione europea giudicata troppo burocratica e troppo limitante, potrebbe rivelarsi molto peggiore di come finora immaginato da costoro.
Ma per gli italiani cosa cambia con una sterlina sempre più debole e una Gran Bretagna fuori dalla Ue, nel concreto? Apparentemente potrebbe essere una occasione per fare acquisti e qualche investimento, ma attenzione. Mentre con l’euro forte si possono certamente fare buoni acquisti a Londra, che si tratti di articoli da regalo per Natale, di una vacanza per tutta la famiglia, diverso è il caso di un investmento, magari immobiliare.
Mentre se volete “regalarvi” qualche spesa per consumo potrete certamente approfittare del cambio favorevole, contribuendo così a sostenere l’economia di Sua Maestà, nel caso vogliate comprare asset in sterline (siano immobili, bond o azioni) rischiate, se la svalutazione proseguirà, di ritrovarvi dopo qualche mese o anno con un patrimonio di valore inferiore, in euro, a quanto lo avete pagato.
A quel punto se aveste acceso, putacaso, un finanziamento a lungo termine (ossia un mutuo), in euro, rischiereste di finire “under water”, ossia di vedere il valore dell’immobile ipotecato a fronte del mutuo calare al di sotto del valore del mutuo stesso. In questo caso potrebbe diventa sempre più difficile rimborsare il mutuo.
Un’ipotesi non così peregrina, soprattutto se oltre al valore dell’immobile, in euro, a calare fosse l’intero mercato immobiliare (che dà già segni di rallentamento in alcune città come Londra e che potrebbe vedere un calo anche dei fitti), riducendo gli introiti che vi consentivano inizialmente il pagamento del mutuo. Insomma: approfittate pure della sterlina debole per fare acquisti se volete e se potete, ma state ben attenti prima di fare investimenti “importanti” e se li fate siate consapevoli dei rischi che correte.