Standard & Poor’s taglia il rating dell’Italia, bocciati perchè fragili
A sorpresa, Standard & Poor's ha declassato l'Italia per il suo debito pubblico. Era già accaduto agli Usa nel mese di agosto, adesso tocca a noi passare da A+ ad A. E il declassamento, il taglio del rating, viene accompagnato da un giudizio che fa spavento, che rende bene l'idea della grave situazione in cui il Paese versa attualmente.
"Le prospettive di crescita economica dell'Italia si stanno indebolendo e ci aspettiamo che la fragile coalizione di governo e le differenze politiche all'interno del Parlamento continueranno a limitare la capacità del governo di rispondere in maniera decisa alle sfide macroeconomiche interne ed esterne". Eccolo il giudizio che si legge nel rapporto ufficiale di S&P. Arriva come un macigno e ci fa rendere conto che, al di la delle Alpi, poco importa del Caso Tarantini, del Caso Ruby, della Manuela Arcuri, dei faccendieri, degli stallieri, degli editoriali dei giornalisti. Anzi importa così poco che viene tutto valutato come un peso che distoglie dal problema reale.
FIDUCIA ZERO – Eppure era più ipotizzabile che arrivasse il declassamento da parte dell'altra agenzia internazionale, Moody's, che proprio nella giornata di ieri ha sbottato duro sul rating di Regioni, Province e Comuni. Non c'è fiducia sulle prospettive di crescita economica dell'Italia anche perchè siamo in outlook negativo: il rating può essere ancora abbassato alla soglia di classe media B++. Sarebbe una sconfitta enorme per il Paese che si prepara al peggio visto che, secondo gli analisti della S&P, il picco raggiungerà livelli imprevisti ed altissimi. Colpa degli obiettivi di bilancio fissati nell'ultima manovra finanziaria del Governo, tra cui i 60 miliardi di risparmi, che per S&P sono "difficili da raggiungere".
Ora il Governo dovrà continuare a lavorare sodo mentre il ministero dell'Economia ritocca verso il basso le stime del Pil, aggiornando il prossimo Documento di economia e finanza, che sarebbe dovuto essere presentato oggi ma che slitterà almeno di un altro paio di giorni. Il Pil dovrebbe scendere, dall'attuale 1,1% allo 0,7%. Ad ogni modo, c'è da lavorare e non c'è tempo da perdere per guardare alle misure già realizzate, che restano comunque da monitorare con attenzione. Bisogna affrontare la delega su fisco e assistenza, evitare misure sulle pensioni di invalidità e provare, forse è l'unica strada, una nuova manovrina sull'Iva. La crescita resta debole, la paralisi è alle porte con il nostro Paese di fronte ad un gigantesco problema di aggiustamento fiscale che blocca, di fatto, il superamento della crisi.