La riforma costituzionale italiana non supera l’esame del referendum popolare, che anzi vede una larga vittoria del “no” ottenuta con una elevata partecipazione al voto. Scontate le dimissioni del premier Matteo Renzi, che i mercati sembravano aver scaricato preventivamente la scorsa settimana, quando gli indici avevano iniziato a recuperare terreno grazie all’indiscrezione, mai smentita, di possibili interventi sui mercati aperti da parte della Bce nel caso di eccessivo rialzo dei rendimenti o dello spread tra rendimenti dei Btp italiani e dei Bund tedeschi, resta da capire come la vicenda potrà evolvere.
Per ora, è la sensazione tra gli altri degli analisti di Credit Suisse, il mercato non sconta appieno l’ipotesi che la crisi di governo che si apre oggi possa portare ad elezioni anticipate in tempi brevi (6-7 mesi) dopo il varo della Legge di Stabilità (approvata per ora solo da un ramo del Parlamento) e di ritocchi alla legge elettorale, così da evitare il rischio del ripetersi dello stallo del 2013, con ciascun ramo del parlamento controllato da una diversa maggioranza.
Se questa ipotesi, e la possibilità che il partito populista anti-europeo guidato da Beppe Grillo ottenga un successo elettorale tale da consentirgli di dar vita ad un primo governo pentastellato, dovesse materializzarsi secondo gli esperti rossocrociati i mercati potrebbero reagire male. Il fatto che non lo facciano non vuol dire che siano felici del risultato, semmai che per oggi prevale il sollievo dato dalla dichiarazione di Standard & Poor’s secondo cui per ora l’incertezza politica non è tale da comportare una modifica (peggiorativa) del rating sovrano italiano, che dunque resta stabile a “BBB-”/ “A-3”).
Aiutano poi le dichiarazioni in arrivo dall’Europa, improntate a minimizzare la portata della novità italiana: “non penso ci siano ragioni di preoccuparsi”, liquida l’argomento il ministro tedesco Wolfgang Schaeuble prima della riunione coi colleghi ministri delle finanze dell’Eurozona, aggiungendo “gli italiani hanno una lunga esperienza con questo tipo di situazioni e non vedo motivo per allarmarsi”. Il fatto poi che la Bce appaia pronta ad agire acquistando Btp sul mercato così da temperare eventuali movimenti troppo accentuati di rendimenti e spread consente per il momento di “anestetizzare” la reazione dei mercati.
Qualcosa di simile era del resto già avvenuto a Londra, dove grazie alle misure prese preventivamente dalla Bank of England hanno consentito, la borsa ha recuperato rapidamente lo scivolone iniziale n attesa che la Brexit diventi realtà (ossia di una revisione dei trattati tra Gran Bretagna e partecipanti al mercato unico europeo). Tornando alla realtà del listino italiano, una mano a contenere la reazione la danno anche le prime ipotesi sul successore di Renzi: il nome di Pier Carlo Padoan, in particolare, sembra mettere d’accordo tutti o quasi i commentatori di Piazza Affari.
In un report di Mediobanca definisce ad esempio un governo Padoan già la prossima settimana “lo scenario più probabile”, mentre il Ceo di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, commenta: “abbiamo bisogno di una persona con una significativa reputazione con gli investitori, la Commissione, la comunità”, aggiungendo “Padoan è assolutamente la persona giusta a mio avviso” perché “la reputazione è il punto chiave si successo se vuoi guidare un paese nel quale stai accelerando sulle riforme”. Sempre, ovviamente, che in Parlamento i numeri per fare le riforme vi siano e che la sconfitta al referendum possa ascriversi più a una sconfitta personale di Renzi che non a una crescente ostilità nei confronti delle riforme e dell’Europa (e verrebbe da aggiungere della realtà stessa, che continua a non piegarsi ai desideri della classe politica e del corpo elettorale italiano).
Finirà realmente così? Anche Goldman Sachs sembra crederlo e parla di un rimpasto di governo, con Padoan al posto di Renzi, sostenuto sostanzialmente dalla maggioranza che finora aveva spalleggiato il premier fiorentino, ma che quanto accaduto alzi dal 20% al 25% le probabilità di elezioni anticipate prima della scadenza naturale della legislatura (2018). Tutto ha un costo, peraltro, e come sottolineano gli uomini della banca d’affari americana la vittoria ampia del “no” e le dimissioni di Renzi aumentano l’incertezza e quindi la volatilità dei mercati, e dunque in ultima analisi il rischio che la ristrutturazione e pulizia dei bilanci delle banche italiane possa risentirne, riducendo la possibilità che le soluzioni di mercato (aumenti di capitale destinati ad essere in tutto o in parte sottoscritti dagli investitori retail) abbiano successo ed incrementando per contro la possibilità di un intervento straordinario dello stato, a partire da Mps. Quale possa essere questo intervento, però, Goldman Sachs non lo dice.