Il Fmi taglia le stime di crescita dell’Ue, la guerra in Ucraina colpisce di più Italia e Germania
La guerra in Ucraina riduce le stime di crescita del mondo. Secondo il Fondo monetario internazionale quest'anno il progresso del Pil medio mondiale crescerà quest'anno del 3,6%, ovvero 0,8 punti percentuali in meno rispetto alle stime di gennaio. La crescita dei Paesi dell'Eurozona dovrebbe essere invece circa del 2,8%. La previsione è in calo di 1,1 punti rispetto a gennaio (quando il nostro ministro Franco parlava addirittura di un progresso del 4%). Nell'area euro, in particolare, soffre la Germania, la cui crescita dovrebbe essere del 2,1%, ma soprattutto l'Italia.
Per quanto riguarda il nostro Paese il Fmi nel World Economic Outlook lo scrive chiaro e tondo: il calo sarà il più pesante, pari all'1,5%, con una crescita stimata che passa dal 3,8% al 2,3%. Considerando il dato finale sul Pil del 2021 e la mancata progressione, si tratta di 27 miliardi di euro "bruciati" per l'attuale crisi geopolitica ed economica. La ragione, spiega il Fondo, è che Roma, come Berlino, sono nazioni con grandi settori manifatturieri e con la più forte dipendenza dalle importazioni di energia dalla Russia.
Per il resto la Francia dovrebbe crescere del 2,9% e la Spagna del 4,8%. Fuori dall'Ue il Pil del Regno Unito dovrebbe invece salire del 3,7%, così come quello degli Stati Uniti. Entrambi questi Paesi, infatti, non dipendono fortemente dalle materie prime di Mosca, come nel caso dell'Italia. E ancora, l'impatto della guerra sul prodotto interno lordo dovrebbe essere limitato anche in Cina, che secondo l'Fmi crescerà del 4,4%.
Quanto alle nazioni direttamente coinvolte nel conflitto, l'Fmi stima un calo dell'8,5% del Pil russo, mentre quello ucraino potrebbe crollare del 35%. Tuttavia, sottolinea il Fondo, si tratta di una stima incerta, legata all'evoluzione del conflitto, perché al momento "è impossibile ottenere misure precise dei danno all'economia di Kiev". Le ricadute sulla Russia sono invece per lo più legate alle restrizioni al commercio e alle sanzioni internazionali, in particolare la limitazione dell'attività finanziaria delle banche. Tutto ciò porta a una riduzione significativa dei consumi e degli investimenti dei privati.
Inflazione, per l'Fmi "resterà elevata a lungo"
L'Fmi lancia poi l'allarme sull'inflazione, prevista in media al 5,7% per le economie avanzate: un "chiaro pericolo" per molti Paesi, visto che "resterà elevata più a lungo del previsto". A dirlo è il capo economista Pierre-Olivier Gourinchas, sottolineando che la guerra ha "aumentato il rischio di una più permanente frammentazione dell'economia in blocchi geopolitici" con standard, sistemi di pagamento e valute di riserve diverse. Questo aumento dei prezzi dovrebbe così "complicare l'azione delle banche centrali".
Il debito e le misure per i ceti più deboli
Secondo il Fondo, poi, il debito pubblico italiano nel 2022 si attesterà al 150,6% del Pil e al 148,7% nel 2023. Nel 2021 si era invece attestato al 150,9%. Il deficit, quindi, calerà al 6% dal 7,2% del 2021, mentre nel 2023 scenderà al 3,9% (fino a raggiungere il 2,5% nel 2027).
All'Italia e le altre nazioni con debiti ingenti, poi, l'Fmi consiglia di andare avanti con il risanamento dei loro bilanci, senza però perdere di vista il sostegno per i rifugiati della guerra in Ucraina, le famiglie schiacciate dal caro-prezzi e chi è stato colpito dalla pandemia. Il Fondo sottolinea poi che, dopo l'obiettivo di mettere fine alla guerra, le spese sociali e sanitarie devono continuare ad essere prioritarie.