Lo scontro fra Renzi e la Germania? Ne parlano solo i giornali italiani
In Germania non c'è traccia dello scontro tra Matteo Renzi, la Bundesbank e l'intero establishment economico tedesco. Tanto da far pensare che le rotative, o i router, si siano fermati a qualche giorno fa. Sulle prime pagine dei quotidiani, così come su siti e televisioni tedesche la notizia non ha acquisito il clamore tributato dal versante meridionale della Alpi, solo nelle testate economiche specializzate è riportata brevemente la replica – piccata – dell'ex primo cittadino gigliato a Jens Weidmann, numero uno della banca centrale tedesca. Nella versione italiana dei fatti, invece, si riporta una guerra economica e politica tra Germania ed Italia che prosegue a suon di tweet e dichiarazioni al vetriolo. Da una parte i tedeschi del rigore, della fermezza e dell'inflessibilità, dall'altra il neo San Giorgio della situazione, il premier italiano Matteo Renzi, che forte della presidenza di turno italiana dell'Ue combatte impavidamente contro il Drago teutonico con la spada della flessibilità, della crescita e dell'innovazione.
Di questo scontro, tuttavia non c'è traccia né sui giornali tedeschi né tanto meno su quelli europei. C'è sì un dibattito, innegabile, sul presente e soprattutto sul futuro dell'Unione, su cosa sia meglio (o peggio) fare per rimettere in moto una macchina che appare ancora troppo lenta, burocratica e farraginosa. Ma, ad occhio, davvero pochi – tranne le penne del Belpaese –, sembrano dare particolare peso alle parole, per quanto autorevoli s'intende, espresse dal premier Italiano in risposta alle perplessità espresse dalla Bundesbank nelle scorse ore e relative alle posizioni espresse da Renzi in merito alle riforme da attuare a breve in ambito comunitario. “Renzi è un convinto europeista – scrive Katharina Kort, corrispondente dall'Italia per il quotidiano economico tedesco Handelsblatt –. In questo momento se c'è qualcuno che può cambiare il Belpaese, questo è Renzi. Se c'è qualcuno che può portare una ventata di aria fresca in Europa, questo è sempre il premier italiano. Un volto nuovo con idee e slanci. Ma prima di tutto vengono i fatti. L'ex sindaco di Firenze deve iniziare ad imporre le riforme in Italia, così che successivamente possa imporsi anche in Europa. Solo così può creare un'Europa smart, che sembri meno stanca”.
Un dato che sembra essere sfuggito – inspiegabilmente – ai commentatori italiani riguarda le recenti nomine dei vertici di Bruxelles. Da una parte è stato eletto, come noto, l'ex premier lussemburghese Jean Claud Juncker alla presidenza della Commissione europea, candidato fortissimo della Merkel che non solo lo ha sostenuto durante le consultazioni post elettorali, ma che lo ha imposto all'intero consesso europeo come candidato unico dei popolari-conservatori, di cui la cancelliera tedesca è il fulcro. Dall'altra parte, e nonostante la netta affermazione in Italia del Pd di Renzi, è stato eletto presidente del Parlamento europeo il tedesco Martin Schulz, con cui di sicuro la Merkel non ha rapporti idilliaci, ma che comunque rappresenta la Germania in un altro posto chiave dell'Ue (per la cronaca vice presidente vicario del Parlamento è l'italiano Antonio Tajani). Ma non è solo questo, anche quando il premier italiano si è presentato a Berlino per illustrare il suo piano di governo, l'accoglienza è stata sì molto cordiale ma, come al solito (vista anche la tendenza italiana degli ultimi anni a cambiare premier ogni anno o giù di lì), piuttosto interlocutoria. Tra i commenti apparsi sulla stampa tedesca il refrain che si ripete è sempre lo stesso: Renzi realizzi le riforme che ha spiegato, concretizzi le sue idee e poi valuteremo, dati alla mano, il loro impatto sia sull'Italia sia la loro estensibilità al modello europeo (che per inciso è composto da un caleidoscopio di esperienze tutt'altro semplici da inserire in un sistema coerente e coordinato).
L'impressione è che in Germania, così come nel Regno Unito, non ci sia – a differenza che in Italia, per essere chiari –, l'attesa di un messia, di un salvatore, l'ennesimo, che migliori le sorti del Paese e dell'Unione. Tutt'altro. Quello che serve, e che viene chiesto a gran voce, è maggiore concretezza. “Il ritornello è sempre lo stesso – scrive Tobias Piller, storico corrispondente da Roma della Frankfurter Allgemeine Zeitung –. L'Italia riceve concrete ed immediate prestazioni a fronte di vaghe promesse per il futuro. Poi sostiene i governi. E poi i vari premier che si sono susseguiti non possono o non vogliono più ricordarsi delle rassicurazioni, delle affermazioni e delle parole d'onore date nell'immediato passato. […] Sarebbe ancora una volta sconveniente se ora il premier italiano Matteo Renzi volesse tentare anche nell'Unione Europea di cambiare le immediate assicurazioni di cambiamento con vaghe promesse di riforma. L'Italia deve presentare dei risultati concreti”.
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Cosa pensano i tedeschi del governo di Matteo Renzi?
Che ci siano molte cose da cambiare, è chiaro, così come che siano stati fatti errori in termini politici e dunque economici nella gestione della crisi è opinione che lentamente si sta diffondendo. Ma è altrettanto chiaro che la prova della concretezza interna, dei risultati sul campo risulta essere esiziale per l'acquisizione dell'autorevolezza cui l'Italia, così come gli altri paesi dell'Europa meridionale, ambisce. E purtroppo i primi rallentamenti in termini programmatici, le indecisioni relative alle riforme contribuiscono unicamente a rafforzare i dubbi e giudizi poco lusinghieri (spesso anche solo pregiudizi) verso l'alleato Italiano. E, forse, l'assenza delle opinioni espresse dal premier Renzi dalle pagine dei giornali e siti tedeschi ed europei, dalle elezioni europee ad oggi (il successo dell'ex sindaco di Firenze non ha avuto particolare eco in Europa all'indomani della recente tornata elettorale), potrebbe suggerire che sia necessario focalizzare l'attenzione più sulla politica del “fare” che su quella del “dire”.

La guerra economica e politica tra Germania ed Italia prosegue a spron battuto. Da una parte i tedeschi del rigore, della fermezza e dell'inflessibilità, dall'altra il neo San Giorgio della situazione, il premier italiano Matteo Renzi, che forte della presidenza di turno italiana dell'Ue combatte impavidamente contro il Drago teutonico con la spada della flessibilità, della crescita e dell'innovazione. Dello scontro, che nel Belpaese appare durissimo e in campo aperto tanto da conquistarsi le prime pagine dei principali quotidiani nazionali, tuttavia non c'è alcuna traccia né sui giornali tedeschi né tanto meno su quelli europei. C'è sì un dibattito, innegabile, sul presente e soprattutto sul futuro dell'Unione, su cosa sia meglio (o peggio) fare per rimettere in moto una macchina che appare ancora troppo lenta, burocratica e farraginosa. Ma, ad occhio, davvero pochi – tranne le penne del Belpaese –, sembrano dare particolare peso alle parole, per quanto autorevoli s'intende, espresse dal premier Italiano in risposta alle perplessità espresse dalla Bundesbank nelle scorse ore e relative alle posizioni espresse da Renzi in merito alle riforme da attuare a breve in ambito comunitario.
L'Europa e il governo Renzi
“Renzi è un convinto europeista – scrive Katharina Kort, corrispondente dall'Italia per il quotidiano economico tedesco Handelsblatt –. In questo momento se c'è qualcuno che può cambiare il Belpaese, questo è Renzi. Se c'è qualcuno che può portare una ventata di aria fresca in Europa, questo è sempre il premier italiano. Un volto nuovo con idee e slanci. Ma prima di tutto vengono i fatti. L'ex sindaco di Firenze deve iniziare ad imporre le riforme in Italia, così che successivamente possa imporsi anche in Europa. Solo così può creare un'Europa smart, che sembri meno stanca”. Un dato che sembra essere sfuggito – inspiegabilmente – ai commentatori italiani riguarda le recenti nomine dei vertici di Bruxelles. Da una parte è stato eletto, come noto, l'ex premier lussemburghese Jean Claud Juncker alla presidenza della Commissione europea, candidato fortissimo della Merkel che non solo lo ha sostenuto durante le consultazioni post elettorali, ma che lo ha imposto all'intero consesso europeo come candidato unico dei popolari-conservatori, di cui la cancelliera tedesca è il fulcro.
Dall'altra parte, e nonostante la netta affermazione in Italia del Pd di Renzi, è stato eletto presidente del Parlamento europeo il tedesco Martin Schulz, con cui di sicuro la Merkel non ha rapporti idilliaci, ma che comunque rappresenta la Germania in un altro posto chiave dell'Ue (per la cronaca vice presidente vicario del Parlamento è l'italiano Antonio Tajani). Ma non è solo questo, anche quando il premier italiano si è presentato a Berlino per illustrare il suo piano di governo, l'accoglienza è stata sì molto cordiale ma, come al solito (vista anche la tendenza italiana degli ultimi anni a cambiare premier ogni anno o giù di lì), piuttosto interlocutoria. Tra i commenti apparsi sulla stampa tedesca il refrain che si ripete è sempre lo stesso: Renzi realizzi le riforme che ha spiegato, concretizzi le sue idee e poi valuteremo, dati alla mano, il loro impatto sia sull'Italia sia la loro estensibilità al modello europeo (che per inciso è composto da un caleidoscopio di esperienze tutt'altro semplici da inserire in un sistema coerente e coordinato).
L'impressione è che in Germania, così come nel Regno Unito, non ci sia – a differenza che in Italia, per essere chiari –, l'attesa di un messia salvatore, l'ennesimo, che migliori le sorti del paese e dell'Unione. Tutt'altro. Quello che serve, e che viene chiesto a gran voce, è maggiore concretezza. “Il ritornello è sempre lo stesso – scrive Tobias Piller, storico corrispondente da Roma della Frankfurter Allgemeine Zeitung –. L'Italia riceve concrete ed immediate prestazioni supportate da vaghe promesse per il futuro. Poi sostiene i governi. E poi i vari premier che si sono susseguiti non possono o non vogliono più ricordarsi delle rassicurazioni, delle affermazioni e delle parole d'onore date nell'immediato passato. […] Sarebbe ancora una volta sconveniente se ora il premier italiano Matteo Renzi volesse tentare anche nell'Unione Europea di cambiare le immediate assicurazioni di cambiamento con vaghe promesse di riforma. L'Italia deve presentare dei risultati concreti”.
Che ci siano molte cose da cambiare, è chiaro, così come che siano stati fatti errori in termini politici e dunque economici nella gestione della crisi è opinione che lentamente si sta diffondendo. Ma è altrettanto chiaro che la prova della concretezza interna, dei risultati sul campo risulta essere esiziale per l'acquisizione dell'autorevolezza cui l'Italia, così come gli altri paesi dell'Europa meridionale, ambisce. E purtroppo i primi rallentamenti in termini programmatici, le indecisioni relative alle riforme contribuiscono unicamente a rafforzare i dubbi e giudizi poco lusinghieri (spesso anche solo pregiudizi) verso l'alleato Italiano. E, forse, l'assenza delle opinioni espresse dal premier Renzi dalle pagine dei giornali e siti tedeschi ed europei, dalle elezioni europee ad oggi (il successo dell'ex sindaco di Firenze non ha avuto particolare eco in Europa all'indomani della recente tornata elettorale), potrebbe suggerire che sia necessario focalizzare l'attenzione più sulla politica del “fare” che su quella del “dire”.