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Scerra (M5s) a Fanpage.it: “Il Patto di stabilità si può cambiare entro la fine del 2022”

Il deputato del Movimento 5 stelle è il primo firmatario di una mozione che punta a cambiare radicalmente il Patto di Stabilità, tramite l’azione di Draghi in Europa.
A cura di Giacomo Andreoli
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"Nei prossimi mesi ci sarà un'accelerazione sulla riforma del Patto di stabilità: entro fine anno si può cambiare". Il deputato Filippo Scerra, intervenuto ai microfoni di Fanpage.it, ne è convinto. È sua la prima firma di una mozione del Movimento 5 stelle, presentata ieri assieme al presidente Giuseppe Conte alla Camera, che vuole impegnare il governo Draghi a modificare profondamente le regole europee su debito e sviluppo. Con un nuovo Patto per la crescita, ma non solo. L'obiettivo è affrontare la crisi energetica in atto e gli strascichi di quella dovuta al Covid.

Il vostro leader Conte ha detto che è necessario "invertire i termini di stabilità e crescita", cosa significa?

Dal nostro punto di vista la crescita è fondamentale e deve andare di passo con la sostenibilità e la solidarietà tra gli Stati. Il Patto attuale per quelli Stati con condizioni strutturali carenti o debiti pubblici elevati, costringendoli a stretti margini fiscali, determina la necessità di politiche restrittive. Invece in momenti di crisi avrebbero avuto bisogno di politiche espansive ed anticicliche, rilanciando l'economia. Quelle regole per loro si sono trasformate in un boomerang. Quindi invertire il senso del Patto significa garantire uno sviluppo distribuito fra le nazioni e i cittadini come fine prioritario rispetto alla rigidità dei conti. Ripetere gli errori del passato, d'altronde, sarebbe un grande errore. Noi combattiamo questa battaglia da anni e con questa mozione siamo i primi a portare questi argomenti così specifici di fronte al governo e al Parlamento. Sulla maggior parte dei punti siamo convinti di trovare la convergenza di tutti.

Intanto, però, chiedete la sospensione del Patto di stabilità fino alla fine del 2023?

Sì, ma se si dovesse arrivare a una modifica sostanziale del Patto entro il 2022 le cose sarebbero ben diverse. Io credo che si possa fare e penso che ci sarà un'accelerazione nei prossimi mesi. Con la nostra soluzione proponiamo un Patto per gli investimenti produttivi: non vogliamo una spesa indiscriminata, ma obiettivi di sostenibilità a medio-lungo termine per la crescita. Sicuramente se non ci fosse stata la crisi in Ucraina questo sarebbe stato l'argomento cruciale dell'anno. Ma dato che ora non è detto che si arrivi a una modifica, intanto una sospensione del Patto attuale sarebbe prudente.

Sicuramente non vi piacciono i parametri del rapporto deficit/Pil al 3% e debito/Pil al 60%. Vanno aboliti, come sembra suggerire anche il premier Draghi?

Io penso che ci siano i presupposti per farlo e il presidente si è mostrato aperto a questo cambiamento. Ad oggi i debiti pubblici degli Stati membri sono molto distanti da questi vincoli e un rapido rientro, vista la crisi del Covid e quella energetica per la guerra in Ucraina, è irrealizzabile. Per questo chi come Draghi di economia ne capisce sa che quelle regole sono anacronistiche ed antiscientifiche. I parametri sono nati in ambito franco-tedesco a inizio anni '90: già a suo tempo non erano adeguati per tutti gli Stati europei. Poi è stata introdotta la velocità di convergenza a quei parametri, ad esempio il vincolo di 1/20 all'anno. Anche questo non può funzionare ad oggi.

Nella mozione chiedete poi di scorporare il debito dovuto all'emergenza legata al Covid-19. Non vi sembra irrealizzabile?

Si tratta in effetti di qualcosa di complicato, ma che ha un suo senso. Questo debito è stato creato per una situazione eccezionale, che ha colpito tutti. Noi pensiamo che ci possano essere delle modalità tecniche per trattare a parte questo tipo di debito: con un'agenzia, con acquisti speciali della Bce o una perennizzazione (cioè la restituzione del debito in un arco temporale molto lungo).

Poi c'è la questione del Next Generation Ue, lo volete permanente.

Chiamiamolo "strutturale". Il Next Generation lo dobbiamo tanto al lavoro del governo del presidente Giuseppe Conte, che ha convinto diversi colleghi europei. Con questa operazione c'è stata una svolta epocale: abbiamo condiviso i rischi tra i vari Stati, con fondi comuni soprattutto per le nazioni più in difficoltà. Il meccanismo propone degli investimenti straordinari per raggiungere degli obiettivi. Sicuramente introdurlo è stato complicato, ma se se si rendesse strutturale potremmo affrontare diversi momenti di difficoltà, come quello che stiamo vivendo per la crisi energetica.

A proposito di questo, come Movimento chiedete anche un Energy Recovery Fund. Quanto dovrebbe valere?

Siamo preoccupati per quello che sta avvenendo sui costi delle materie prime e in particolare su energia e gas, con la guerra in Ucraina che ha peggiorato la situazione. Se al livello europeo creiamo un fondo straordinario con l'emissione di debito comune, diversifichiamo assieme gli approvvigionamenti energetici, creiamo delle riserve uniche e ottimizziamo gli stoccaggi di gas, le cose possono cambiare. In questo modo, e anche investendo maggiormente sulle fonti rinnovabili, riusciremmo davvero a calmierare i prezzi e renderci indipendenti da altri Paesi come la Russia. I conti di quest'anno parlano di circa 40/50 miliardi di costi in più che gravano su famiglie e imprese italiane per il caro-energia. Se dobbiamo sostenere tutta l'Europa l'ordine di grandezza dell'aiuto dovrà essere elevato, forse non come il Next Generation, ma comunque importante.

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