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Opinioni

Sanità italiana obsoleta, il debito pregresso ha stoppato gli investimenti

La sanità pubblica italiana ha ormai una spesa sotto controllo ma il debito pregresso pesa come un macigno sugli investimenti, di fatto quasi azzerati. Così il sistema non è in grado di far fronte ai cambiamenti di una popolazione che continua a invecchiare…
A cura di Luca Spoldi
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Il 75% delle attrezzature del Sistema sanitario nazionale ha ormai esaurito non solo il proprio ciclo economico, trovandosi dunque in situazione di ammortamento concluso, ma anche tecnologico (sono dunque obsolete), ma non essendoci risorse disponibili per gli investimenti continua a essere utilizzato, o meglio sottoutilizzato come hanno spiegato gli autori del Rapporto Oasi 2015, presentato oggi all’Università Bocconi a Milano. Perché i macchinari, vecchi o nuovi che siano, sono sottoutilizzati? Perché sono troppo capillarmente distribuiti tra i presidi ospedalieri e finiscono per rimanere spenti troppo a lungo.

Il che ci porta al nocciolo del problema della sanità pubblica italiana: se la spesa corrente del sistema sanitario (formata dalle spese per stipendi, consumi intermedi di beni e servizi, pensioni e pagamento di interessi sul debito pregresso) equivale a 1.800 euro l’anno per ogni cittadino italiano, malato o sano che sia, quella per investimenti è di appena 60 euro. Così se il conto economico della sanità pubblica si chiude, per il terzo anno consecutivo, con un lieve avanzo, lo stato patrimoniale aggregato delle singole Asl segna 33,7 miliardi di euro di perdite accumulate a fine 2013.

Un debito di queste dimensioni”, ha sottolineato Francesco Longo (che ha curato la ricerca con Patrizio Armeni, Clara Carbone, Francesco Petracca, Alberto Ricci e Silvia Sommariva), “riesce ad annullare il beneficio del pareggio di bilancio, perché è foriero di ricorsi amministrativi e cause civili, oltre ad assorbire tempo e risorse”. Insomma, “finché non si troverà una soluzione” al macigno del debito pregresso “il sistema è condannato a continuare a gestire il passato anziché il futuro”, nonostante la spesa sanitaria pubblica sia ormai sotto controllo: nel quinquennio 2009 – 2014 è infatti cresciuta in media solo dello 0,7% annuo, dopo essere cresciuta, nel precedente quinquennio 2003 – 2008, mediamente del 6% l’anno.

Non solo: anche considerando un periodo più lungo (dal 1990, quando l’euro ancora non esisteva, al 2014) la crescita media della spesa sanitaria pubblica italiana, pari al 4,2% l’anno, risulta inferiore a quella di poste comparabili del bilancio pubblico, come la previdenza (la spesa per le pensioni è infatti aumentata mediamente del 5,2% l’anno nello stesso periodo). Illusorio anche pensare che vi siano ulteriori significativi spazi per la razionalizzazione della spesa, anzi secondo gli autori della ricerca (ed è difficile non essere d’accordo se conoscete il Sistema sanitario nazionale italiano) il sistema ricorre fin troppo spesso a tattiche di razionamento quali l’allungamento delle liste d’attesa o la riduzione dei budget per i privati accreditati, che vanno a discapito dell’efficienza (e tradiscono la missione della sanità stessa, perché far attendere sempre di più per una visita o un ricovero non contribuisce certo a migliorare la salute dei pazienti).

La vera sfida del sistema”, ha concluso Longo, “è una riorganizzazione” dello stesso “che gli consenta di fare fronte al cambiamento del quadro epidemiologico, il cui aspetto più dirompente è la crescita della cronicità”. A fine 2013, infatti, i pazienti cronici erano stimati pari a 18 milioni, di cui 8 milioni pluripatologici: tenendo presente che si andrà ad una inevitabile riduzione del numero di unità operative (ossia, in primis, a nuovi accorpamenti e chiusure di ospedali), che appare necessarie per liberare risorse, occorrerà riprogettare i servizi per garantirne la qualità e l’accessibilità.

Purtroppo, al momento, gli interventi messi in campo appaiono di tipo istituzionale e mirano a rivedere quasi unicamente i perimetri aziendali. Dal 2001 al 2015, segnalano i ricercatori della Bocconi, “un incessante processo di merger pubblico ha ridotto il numero delle Aziende da 330 a 244 (-26%) e altre importanti aggregazioni sono in vista, mentre la geografia dei servizi e i processi produttivi del settore si trasformano a un ritmo molto più lento”.

Le strutture ospedaliere che erogano prestazioni solo per acuti sono ancora 395, il 35% del totale Ssn, la metà di esse (198) ha meno di 100 posti letto, una soglia al di sotto della quale si rischia di non avere la dotazione strutturale (tecnologia e competenze) e la casistica sufficiente per rispondere in maniera adeguata a bisogni sanitari che stanno trasformandosi. Dal 2005 al 2013 la percentuale di pazienti che dichiara di soffrire di allergie è salita dal 10,7% al 13,7%, quella di chi dichiara di soffrire di diabete dal 4,5% al 5,6%, di ipertensione dal 13,6% al 17,3%, di osteoporosi dal 5,2% al 7,2%.

E’ un’altra faccia del progressivo invecchiamento della popolazione italiana, purtroppo, trend di cui non si vede alcuna inversione anche perché non esistono al momento politiche in funzione di un supporto alle famiglie con più figli, né prospettive di ripresa tale da indurre spontaneamente gli italiani a fare più figli e così compensare la naturale tendenza all’allungamento della vita, o ancora una politica di accoglienza e integrazione dei flussi di migranti che pure ormai sono entrati e sempre più entreranno nel tessuto economico e sociale italiano (contribuendo almeno in parte a sostenerli). Alla sanità non servono tagli e slogan, servono soluzioni che debbono essere progettate già oggi prima che sia troppo tardi.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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