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Opinioni

Salvataggi bancari tra interventi umanitari e cadute di borsa

Dopo l’azzeramento di azioni e obbligazioni junior delle quattro banche risolte (Banca Marche, Banca Etruria, Carife e CariChieti), gli stessi titoli delle banche italiane percepite come più “a rischio” cadono in borsa. Intanto il governo valuta un intervento “umanitario” che però rischia di non passare l’esame della Ue…
A cura di Luca Spoldi
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Mentre a Piazza Affari azioni e obbligazioni delle banche italiane percepite come più “traballanti” continuano a perdere terreno, a Palazzo Chigi si prova a mettere una curiosa “pezza a colori” alla vicenda delle quattro banche “risolte” (Carife, Carichieti, Banca Marche e Banca Etruria) vagheggiando un rimborso attorno ad un terzo dei risparmi dei piccoli obbligazionisti andati in fumo, ossia circa 100 dei 300-350 milioni persi sui 700 complessivi evaporati.

La mossa ha un sapore prettamente elettorale in un paese dove l’ignoranza in campo economico-finanziario non dovrebbe più trovare scuse e invece continua a trovarne ogni giorno di nuove. Come già ricordato i costi del salvataggio secondo norme pre “bail in” (destinate a entrare in vigore del prossimo primo gennaio) sono stati in parte accollati al sistema bancario, che ha dovuto anticipare i versamenti di quest’anno e dei prossimi 3 previsti a favore del fondo interbancario di tutela dei depositi, in parte ad azionisti e obbligazionisti “junior” (titoli subordinati, ossia privi delle garanzie previste per i bond “senior”) che si sono visti azzerare il valore delle proprie azioni e obbligazioni.

Apriti cielo: in un paese in cui i piccoli risparmiatori sanno distinguere un titolo azionario da un’obbligazione e un bond subordinato da uno senior con la stessa competenza che mediamente si ha al ristorante quando il sommelier ci chiede di scegliere dalla carta dei vini con cosa accompagnare la portata che abbiamo ordinato, di colpo tutti si sono resi conto che per decenni le banche italiane hanno riempito i portafogli dei propri clienti di titoli che a fronte di rendimenti superiori a quelli di mercato offrivano molto minori garanzie, ossia un rischio superiore, generalmente sottaciuto.

Rischio che in questo caso si è concretizzato con la volatilizzazione dei risparmi degli incauti che si sono fidati della “loro” banca e di chi definiva tali strumenti finanziari più sicuri dei titoli di stato (ipotesi che sa di eresia per chiunque capisca un minimo di finanza, potendo lo stato disporre anche prelievi forzosi per evitare il fallimento, cosa che un singolo istituto non può fare). Tutto bene? Ma anche no: le stesse forze politiche (Lega Nord, Forza Italia, M5S, PD) i cui rappresentanti hanno votato in Europa a favore delle nuove norme sulla risoluzione bancaria, si sono ora scoperti contrari a imporre un onere così pesante ai piccoli risparmiatori.

Così secondo voci circolate in questi giorni e avvalorate anche dal ministro dell’Economia e finanze, Pier Carlo Padoan, si starebbe pensando a una misura di sostegno “delle fasce più deboli dei risparmiatori” che non avrebbe natura di rimborso ma “umanitaria” (sic) così da aggirare le norme europee sugli aiuti di stato contro cui sarebbe destinata (e probabilmente è comunque destinata) a schiantarsi il “rimborsino” per il quale il Tesoro stanzierebbe una cinquantina di milioni di euro, pronto a farsi carico di un terzo dell’ammontare complessivo, i due terzi venendo ulteriormente addossati al sistema bancario (che ovviamente non è affatto contento dell’idea, tanto che starebbe già facendo pressioni perché la ripartizione sia al 50%).

Silenzio assoluto, ovviamente, da parte di chi per il momento l’ha “sfangata”, diversamente che nell’ipotesi in cui fossero state subito applicate le norme europee sui “bail in”, ossia gli obbligazionisti “senior”, sostanzialmente i grandi investitori istituzionali (fondi comuni, assicurazioni, banche) e i correntisti oltre la soglia dei 100 mila euro (al di sotto della quale entrerebbe comunque in funzione il fondo di tutela dei depositi, finché capiente).

Nell'attesa di vedere se la misura “umanitaria allo studio dal governo abbia qualche possibilità di ricevere il via libera della Commissione Ue, come avvenuto per la “mini bad bank” (solo previa svalutazione a valori di mercato dei crediti che le banche in crisi le hanno girato), per i bond junior e per qualche emissione senior degli istituti percepiti come più a rischio dal mercato, come Banca Popolare di Vicenza, Veneto Banca, Banca Carige e Mps, da venerdì scorso a oggi sul mercato si sono accumulati cali tra il 3% e il 10% a seconda dell’emissione.

Il problema, a monte, è che sia le obbligazioni junior sia le azioni delle banche italiane minori, quando anche quotate, sono sostanzialmente illiquide, con pochissimi scambi nell’arco della giornata. Il che non è un problema quando si voglia comprare o vendere una piccola somma senza troppa fretta, mentre diventa un ulteriore e rilevante problema se si vuole disinvestire rapidamente una somma cospicua. E’ evidente che a quel punto il rischio di aver investito nel bond (o nell’azione) della “propria” banca emerge con tutta la sua drammatica e dolorosa evidenza.

La vera colpa che andrebbe mossa alle autorità competenti è di non aver mai spinto veramente l’acceleratore sulla necessità di acculturare gli investitori italiani e di aver sempre interpretato in termini burocratici (compilazione di moduli in merito all’adeguatezza degli investimenti al proprio profilo di rischio) la tutela del pubblico risparmio. Chiedere ora un rimborso “umanitario” è lecito, offrirlo sarebbe però solo l’ennesima mancia politica per ridurre il danno subito dagli investitori coinvolti, ma che non impedirebbe che la stessa situazione si ripeta in futuro. L’unico modo è tenere sempre a mente: a rendimenti maggiori corrispondono sempre rischi maggiori, anche (o soprattutto) quando vi dicono il contrario.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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