Quanto interessa ancora a Fiat il mercato europeo? Si sarebbe tentati di rispondere “non molto” visto il numero e la qualità dalle “novità” presentate al Salone di Ginevra che apre ufficialmente i battenti il 4 marzo e che certo non è lo stesso salone di un anno fa, complici anche i venti di guerra che arrivano dall’Ucraina e che rischiano di incrinare la fragile ripresa che si iniziava a intravedere qua e là anche nel Sud Europa negli ultimi mesi. Ma una casa per molti versi simile a Fiat come Psa lancia a Ginevra la nuova generazione di C1 (assieme alle “gemelle” Peugeot 108 e Toyota Aygo), mentre Volkswagen presenta la nuova Polo, Honda lancia la Vezel, piccolo crossover da città nato dal pianale della Jazz, la Mercedes prova a incantare con la Classe S Coupè e con la Cla Shooting Brake e Lamborghini alza il sipario sulla Huracan, destinata a prendere il posto della Gallardo, solo per citare alcune delle molte novità presenti.
Decisamente in tono minore la presenza del gruppo di Torino: Fiat porta il “model year” 2014 di Fiat 500, la Fiat Panda Cross la Fiat Freemont Cross e la Lancia Ypsilon Elefantino “model year” 2014. Un po’ poco per sperare di far risalire le vendite in un mercato sempre più concorrenziale e dove i margini sono sempre più modesti nella parte bassa dell’offerta. Certo, ci sono anche l’Alfa Romeo 4C Targa e le versioni “Quadrifoglio Verde” di Giulietta e MiTo, la Ferrari California T con la novità del motore turbo benzina e qualche ritocco alla carrozzeria, la Maserati Quattroporte Ermenegildo Zegna Limited Edition e soprattutto la versione europea di Jeep Cherokee (che negli Usa già da un anno ha preso il posto della Liberty, che nel 2002 aveva a sua volta rimpiazzato la precedente Cherokee), con una motorizzazione più adatta al regime fiscale di casa nostra (un motore turbodiesel da 2 litri di cilindrata da 140 o 170 cavalli).
In realtà una novità “importante” è attesa nelle prossime ore, nell’imminenza dell’apertura della manifestazione, ossia la presentazione della nuova Jeep Renegade, modello che nasce sulla piattaforma della Fiat 500 L dalla quale nei prossimi mesi dovrebbe nascere il “piccolo Suv” a marchio Fiat (dovrebbe chiamarsi 500X) destinato ad essere prodotto a Melfi. Se le indiscrezioni ampiamente presenti in rete troveranno conferma sarà un primo segnale importante della volontà di Sergio Marchionne di non abbandonare del tutto al suo destino il mercato italiano ed europeo che certo non ha brillato in questi anni ma che in gennaio ha visto a gennaio una ripresa delle immatricolazioni nel vecchio continente del 5,5% rispetto al gennaio 2013 (anche se con 935.640 vetture vendute si è trattato del secondo peggior mese di gennaio, dopo quello dello scorso anno appunto, da quando l’Acea ha iniziato a tener traccia di questa statistica nel 2003) ovvero del 3,2% per il solo mercato italiano (ma anche qui con 117.802 vetture si è ancora di 20 mila unità sotto i livelli del 2012).
Complice la decisione di Marchionne di limitare il più possibile le perdite nel vecchio continente (che ha generato 520 milioni di perdite per Fiat nel 2013) anche a costo di veder ridotto il giro d’affari e la quota di mercato (scesa al 6,2% dall'8,1% del 2007), nel mese di gennaio il gruppo italiano ha venduto nel complesso 60.050 vetture (-1,8%), continuando a soffrire coi marchi Fiat (45.725 auto vendute, 1.300 circa in meno di un anno prima) e Alfa Romeo (scesa da 5.651 a 4.506 vetture immatricolate). Del resto, come ho più volte segnalato, è irrealistico pensare che Marchionne possa cambiare strategia a breve, con buona pace di politici e sindacalisti italiani che vorrebbero maggiori certezze circa l’utilizzo degli impianti italiani. Anche a febbraio, infatti, le vendite di Chrysler negli Stati Uniti sono andate benissimo con 154.866 unità immatricolate (+11% su base annua), il miglior risultato di febbraio dal 2007.
Guardando ai marchi si scopre tuttavia che il merito è praticamente solo di Jeep (+47% con quasi 46 mila vetture vendute), che ha saputo trarre più di altri vantaggio dall’ondata di maltempo che sta imperversando da dicembre sugli Usa. La Fiat con la 500 ha segnato un +5% con 3.465 vetture vendute contro le 3.302 di un anno prima grazie alla crescita della versione 500L (da poco sbarcata sul mercato e di cui sono stati venduti 801 esemplari, portando il totale da inizio anno a 1.530 esemplari) il marchio Chrysler (25.230 immatricolazioni) si è dovuto accontentare di un modesto +1% e il marchio Dodge (poco meno di 19.800 vetture vendute) ha segnato un calo analogo. Come dire che anche negli Usa non tutto va a gonfie vele e che il rischio che la situazione possa tornare ad avvitarsi su se stessa non è da escludere, nel caso le vendite stentino ancora nel più redditizio alto di gamma e che riescano a tenere il passo dei concorrenti solo in segmenti di mercato a marginalità modesta, generando così flussi di cassa e profitti inferiori, coi quali difficilmente si potrà finanziare un’attività di ricerca e innovazione in grado di garantire l’indipendenza del gruppo a medio-lungo termine.