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Saipem: l’aumento si trasforma in mattanza

Saipem si avvia all’ultimo giorno di trattazione dei diritti con ulteriori ribassi sia del titolo sia dei diritti stessi. Vittima di una vera mattanza di borsa oltre agli investitori retail sarà il Fondo strategico italiano…
A cura di Luca Spoldi
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Mancano meno di 24 ore alla conclusione della prima fase dell’aumento di capitale da 3,5 miliardi di euro lanciato da Saipem, ossia la fase in cui i diritti (che danno la possibilità di sottoscrivere 22 nuove azioni della controllata del’Eni al prezzo di 0,362 euro l’una) possono essere scambiati in borsa. Da domani sera i diritti stessi non saranno più quotati e dunque varranno zero, ma i loro detentori avranno tempo sino alle ore 12 dell’11 febbraio prossimo per comunicare la volontà di esercitarli.

Se non lo faranno avranno perso, rispetto al valore che aveva il titolo prima dello stacco del diritto, non meno del 87,6%, in base al prezzo di chiusura del titolo Saipem stasera (52,05 centesimi per azione) rispetto ai 4,202 euro corrispondenti al prezzo di chiusura del 22 gennaio scorso, ultima seduta prima dell’avvio dell’operazione. A giudicare dall’andamento dei diritti, crollati oggi di un ulteriore 50% abbondante (anch’essi a soli 52,05 centesimi l’uno, livello che porta all’85,83% la perdita di valore rispetto ai 3,674 euro del valore iniziale dei diritti stessi), l’aumento è destinato a fallire quasi completamente almeno per la parte retail.

E’ invece già garantita sia la sottoscrizione della quota del 30,42% di Eni sia il 12,5% rilevato dal Fondo strategico italiano controllato da Cassa Depositi e Prestiti, sui si sommerà probabilmente qualche altro punto percentuale vuoi da parte degli attuali soci finanziari (People’s Bank of China ha il 2%), sia di qualche banca “di sistema”. L’intera operazione è poi assistita da un consorzio formato da Goldman Sachs e Jp Morgan in qualità di global coordinator, oltre a UniCredit, Banca Imi, Mediobanca, Citigroup e Deutsche Bank nel ruolo di joint bookrunner, che ha garantito la sottoscrizione dell’inoptato.

Tutto questo ha dato vita ad una mattanza, apparentemente ingiustificata perché se è vero che il prezzo del petrolio resta debole, è altrettanto vero che il 22 gennaio scorso si trovava attorno ai 30 dollari al barile, mentre stasera oscilla sui 33 dollari, ossia un 10% sopra tali livelli. Si dirà: il diritto Saipem perde valore perché sta venendo meno la componente di prezzo rappresentata dal “time value” (il valore del tempo a disposizione degli azionisti per decidere il da farsi, tempo che sta per esaurirsi e dunque per azzerare il proprio valore).

E’ vero, ma sottoscrivendo i nuovi titoli a 36,2 centesimi l’uno un investitore avrebbe la possibilità, in teoria, di rivenderli immediatamente sul mercato e, se le quotazioni restassero quelle attuali, anche calcolando il costo residuo dei diritti, guadagnare circa il 35% dalla differenza. I mercati non amano le anomalie così vistose e dunque delle due l’una: o nell’ultimo giorno di contrattazione in borsa i diritti segneranno un vistoso aumento, o il prezzo dei titoli Saipem scenderà ulteriormente da domani all’11 febbraio.

Se pensate che l’operazione rappresenti quanto di peggio si poteva fare ai danni dei piccoli investitori, c’è chi sta peggio: il 12,5% rilevato dal Fondo strategico italiano è stato pagato 463 milioni (8,4 euro per titolo prima dello stacco dei diritti) e vale stasera circa 53 milioni, con una perdita secca di 410 milioni che da domani salirà a 435 milioni per il venir meno del valore dei diritti. Ulteriori 437 milioni circa dovranno essere pagati per sottoscrivere i nuovi titoli, così in tutto saranno usciti dalle casse del fondo che fa capo a CdP circa 900 milioni, per poter “vantare” una perdita di quasi il 50% su una partecipazione di minoranza.

A questo punto o Saipem tirerà fuori una sequenza di nuove commesse miliardarie, ma vista la situazione del comparto petrolifero è improbabile che le stesse si materializzino a breve, o accetterà una generosa offerta di qualche competitor internazionale, anche se finora tali ipotesi sono sempre state sdegnosamente respinte al mittente essendo Saipem un asset “strategico” per Eni e per l’Italia (ma forse proprio questa strategicità è venuta meno). Altrimenti dovranno emergere ulteriori spiacevoli sorprese che giustifichino il tracollo subito da titoli e diritti in un aumento che se non liscio come l’olio almeno avrebbe dovuto comunque andare in porto senza troppi patemi e si è invece trasformato in una mattanza.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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