“Cambiare le regole di bilancio europee? Vedo aspettative eccessive in giro”. Roberto Perotti, economista politico, professore dell’Università Bocconi e consulente economico del presidente del consiglio Renzi. E nel giorno in cui Giuseppe Conte, nel suo discorso alla Camera dei Deputati, chiede di “migliorare il patto di stabilità” – così come del resto aveva fatto anche il presidente Mattarella poche ore prima – è scettico che possa cambiare realmente qualcosa. Non c’è recessione tedesca, né populisti da arginare che tengano: “A Bruxelles si stanno ancora leccando i baffi per aver evitato un governo guidato da Salvini e dagli euroscettici – spiega a Fanpage -, e sicuramente nessuno ci metterà i bastoni tra le ruote. Ma da qui a riscrivere il patto di stabilità ce ne passa”.
Toccherà tenersi la regola del 3%, professor Perotti?
Facciamo chiarezza: la regola del 3%, quella che dice che un Paese non può avere un disavanzo di bilancio maggiore del 3% del suo prodotto interno lordo, è la regola più famosa ma non l’unica né la più importante.
In che senso, professore?
Il vero vincolo è sul disavanzo strutturale, un concetto fondamentale nel dibattito di Bruxelles. Il disavanzo, la differenza tra spese ed entrate dello stato, non si muove solo a causa di decisioni del governo: se c’è una recessione, il disavanzo aumenta automaticamente diminuiscono le entrate fiscali e aumentano le spese per i sussidi di disoccupazione, ad esempio. Ecco perché in Europa hanno costruito un’altra regola, secondo la quale il disavanzo da calcolare è quello corretto per il ciclo economico, o disavanzo strutturale.
Come funziona?
Se l’economia è in recessione, il Pil effettivo è sotto quello potenziale, e il disavanzo strutturale è più basso di quello effettivo. Il vincolo europeo più importante dice che è questo disavanzo strutturale che deve essere più o meno pari zero. Quindi in una recessione il disavanzo effettivo che ci viene permesso sale, e in un boom scende. Questo è il famoso pareggio di bilancio che abbiamo messo nella nostra costituzione, e che si riferisce al disavanzo strutturale, non a quello effettivo.
Ma non è finita…
Infatti. C’è pure la famosa regola sul debito, che nessuno applica, quella secondo cui chi ha un debito pubblico superiore al 60% del Pil dovrebbe rientrare di un ventesimo della differenza all’anno. E c’è dire pure un’altra regola, una matrice a tripla entrata in cui sul primo asse ci sono tutti i casi possibili di crescita economica, sul secondo il disavanzo e sul terzo il debito. Una regola talmente complessa che credo siano pochissimi i ministri che la conoscono.
D’accordo: quali sono le regole effettivamente sul tavolo, quando c’è una trattativa sul bilancio tra l’Italia e la Commissione Europea?
C’è la regola del 3% da non superare. E c’è un piano di rientro da negoziare, in funzione del ciclo economico.
Perché è da negoziare?
Per due motivi. Il primo è che noi osserviamo il Pil effettivo, ma nessuno sa dove sia il Pil potenziale. Tutti fanno stime, dal Fondo Monetario Internazionale alla Commissione Europea, ma come tutte le stime hanno molti elementi soggettivi. È una specie di scatola nera. E li ci sono gli elementi di negoziazione tecnica che diventa necessariamente anche politica.
E il secondo motivo ?
Poi c’è la negoziazione squisitamente politica. Se l’Europa vuole darci un po’ di flessibilità, un motivo lo trova, come è successo in passato.
Ma se le regole sono, alternativamente, troppo complicate o troppo poco rispettate non ha ragione chi dice che vanno cambiate?
Può essere, ma di idee concrete per cambiare il patto di stabilità ne ho viste poche, in questi anni.
Gli Eurobond?
Non scherziamo. Nella versione che viene pubblicizzata in Italia, sono solo una forma di mutualizzazione del debito. In parole povere, stiamo tentando di scaricare il nostro debito sugli altri Paesi e ci aspettiamo che gli altri Paesi se lo accollino. Follia pura. Qualche anno fa, Angela Merkel ha perso delle elezioni perché si stava parlando di Eurobond. Già i Paesi del Nord si sono accollati controvoglia la Grecia. Figurarsi l’Italia. E perché mai dovrebbero farlo?
C’è chi parla – e anche Conte stamattina l’ha fatto – di un bilancio europeo più ampio…
Più facile a dirsi che a farsi, anche in questo caso. Per farlo bisognerebbe uniformare il sistema pensionistico, ad esempio. Che facciamo? Accettiamo pensioni più basse noi, o scassiamo i bilanci statali altrui imponendo le nostre? Prendiamo la sanità, anziché le pensioni: ha senso un sistema sanitario che va da Stoccolma a Palermo, se non funziona nemmeno una sanità con le stesse regole da Milano a Palermo? Qualcuno parla di difesa unica, ma sappiamo tutti come sono andati i tentativi fatti in passato di un minimo coordinamento tra forze militari europee, ed è comunque una parte minima del bilancio. Qualcun altro parla di sussidi di disoccupazione europei , ma noi abbiamo disoccupazione alta e di lungo periodo, più alta di quella tedesca, ed è follia pensare che gli operai di Duisburg accettino di sussidiare i nostri disoccupati. Chi parla di bilancio unico europeo dovrebbe dire come vuole realizzarlo, pure.
Conte ha parlato anche della possibilità di scorporare gli investimenti pubblici dal calcolo del disavanzo…
È una proposta che circola da tempo, la cosiddetta Golden rule, la regola d’oro, che dice che dal disavanzo si possono escludere gli investimenti pubblici. Cosa che permetterebbe all’Italia di guadagnare immediatamente 1 o 2 punti di flessibilità per le spese correnti. E di fare tutti gli investimenti che vuole, anche finanziandoli a debito.
Impossibile pure questa?
No, non è impossibile perché la Germania ha qualcosa di simile in Costituzione. Però tutti i Paesi del Nord sono contro, perché temono che i Paesi del Sud Europa faranno a gara per far rientrare tutto negli investimenti pubblici. Non sarà facile.
E allora che legge di bilancio sarà, viste le premesse?
La traccia è chiara: il governo vuole abbassare l’Irpef e i contributi sociali sui redditi medio bassi ed evitare l’aumento dell’Iva. Credo possano riuscire a ottenere abbastanza flessibilità per farlo. Il problema è che hanno promesso anche altre cose, come azzerare i costi degli asili nidi. Non so dove troveranno i soldi per tutto..
Potrebbero riprovarci con la spending review…
Non faranno mai la spending review. Non l’ha fatta un governo che poteva chiedere ai suoi deputati di camminare a testa in giù, figurarsi se la faranno oggi: sarebbe un assist micidiale a Salvini.
E quindi?
Quindi ci si arrangerà, come sempre.