Ripresa, l’idea di Confindustria: “Al nord stipendi più alti che al sud e legati alla produttività”
Come immagina la ripresa economica dalla crisi generata dalla pandemia Confindustria? Le ipotesi degli industriali sono certamente molte e una di queste è quella di parametrare la capacità di reddito al territorio, ripristinando di fatto le gabbie salariali e immaginando un paese spaccato in due o in tre, con stipendi più alti al nord e via via più bassi scendendo verso le zone meridionali del paese. A dirlo ieri durante un confronto avuto con il segretario nazionale della CGIL Maurizio Landini – nel corso dell'evento Futura 2020 – è stato Carlo Bonomi, presidente di Confindustria, convinto che sia indispensabile rispondere in modo diverso a realtà economiche diverse, perché "il Paese non è omogeneo nelle sue caratteristiche di produttività tra Nord e Sud".
Secondo il capo degli industriali l'esempio da seguire è quello con la Germania, dove il gap è tra Est ed Ovest del Paese: "Ho sempre detto che lo scambio deve essere salario-produttività. La differenza tra Nord e Sud dell’Italia sul salario nominale è di circa 4,2 punti. In Germania la differenza tra Ovest ed Est è di oltre 28 punti: hanno lasciato la possibilità di una contrattazione molto forte di secondo livello legata alla produttività territoriale. E questo ha permesso loro di avere capacità di reddito parametrata al territorio, una capacità di economia reale molto più forte della nostra".
Gabbie salariali, i sindacati: "Brutto esempio del passato". Furono abolite nel 1969
Le gabbie salariali furono introdotte nel 1946 e rimasero in vigore fino al 1969, quando vennero gradualmente smantellate grazie alla forte opposizione di sindacati e lavoratori, che le consideravano discriminatorie e poco eque. Anche per questo la proposta di Bonomi non ha incontrato il parere favorevole di Landini (CGIL), convinto che di ripristinarle farebbe fare all'Italia un salto indietro di 50 anni: "Insisto sui contratti nazionali non perché siano alternativi alla contrattazione aziendale ma perché nel nostro Paese siamo fatti anche di tante pmi e il contratto nazionale rimane lo strumento che è in grado di dare risposte a tutti, di alzare e unificare il livello di qualità in senso generale". Anche secondo Annamaria Furlan, leader della Cisl, “l’unica cosa di cui non abbiamo bisogno è prendere i brutti esempi del passato”. "IL Mezzogiorno è strategico – ha spiegato la sindacalista – e mal si conciliano gli interventi importanti per il Sud, fondamentali per il nostro Paese, con questa discussione con cui si diletta Confindustria”, cioè “con questi bizantinismi delle gabbie salariali”.