Va bene, la memoria degli italiani è corta, cortissima. Ma Matteo Salvini e Luigi Di Maio stanno mettendo a dura prova pure l’italiano medio con questa polemica sul Meccanismo Europeo di Stabilità, per gli amici Mes, il super-fondo europeo con 650 miliardi di euro di capitale pronto all’uso, istituito nel 2012 per prestare soldi ai Paesi europei coi debiti pubblici troppo elevati e per evitare tempeste speculative nei loro confronti.
Riassunto delle puntate precedenti: il leader della Lega accusa il presidente Giuseppe Conte di aver firmato “un accordo per cambiare il fondo salva-Stati, di notte, di nascosto, un fondo ammazza-Stati”. Non pago, il leader leghista arriva a chiedere ai giornalisti di chiedere “A Conte e Tria, se, senza l’autorizzazione del Parlamento, hanno dato l’okay dell’Italia, perché in quel caso sarebbe alto tradimento”. Non passano ventiquattr’ore ed ecco la replica dei parlamentari del Movimento Cinque Stelle in commissione finanza che chiedono “di far convocare un vertice di maggioranza, perché sul Mes “noi non siamo d’accordo”.
Bene, bravi, bis. Ma la domanda è una sola: chi stava al governo quando Giuseppe Conte e Giovanni Tria “avevano raggiunto un ampio accordo sulla revisione del trattato del Meccanismo europeo di stabilità”, all’Eurogruppo del 13 giugno 2019 e nel successivo Vertice Euro del 21 giugno 2019, come peraltro risulta da comunicazione scritta fatta pervenire alle due Camere? Esatto: proprio Lega e Movimento Cinque Stelle, del cui governo Conte e Tria erano rispettivamente presidente del consiglio e ministro dell’economia.
Delle due una, quindi. O Salvini e i deputati pentastellati dormivano, o erano in giro a fare altro – comizi a spese del Viminale, nel caso del leader leghista -, o si sono fatti passare sotto il naso per qualche mese una riforma che oggi definiscono letale. In ogni caso, sarebbe piuttosto grave. Se davvero il Meccanismo Europeo di Stabilità si trasformasse nel mostro ammazza Stati che oggi raccontano – cosa tutta da dimostrare, ma tant’è – avrebbero dovuto scatenare l’inferno allora, non certo oggi.
A pensar male si fa peccato, lo sappiamo. Ma la sensazione forte è che quella riforma del Mes sia stata in qualche modo il prezzo politico da pagare per far passare la legge di bilancio 2018, quella del 2,04% di rapporto deficit/Pil necessario ad approvare Quota 100 e Reddito di Cittadinanza, misure bandiera di Lega e Cinque Stelle. Allora, evidentemente, non sarebbe stato conveniente mettere veti di alcun genere. Fosse accaduto, difficilmente la nostra manovra avrebbe avuto il via libera. E con ogni probabilità un veto avrebbe fatto schizzare il nostro spread verso l’alto. No, non conveniva per nulla.
A Salvini, da bravo apprendista stregone, conviene far saltare il banco ora. Se il Governo, ora passato sulle spalle della nuova alleanza Pd-Cinque Stelle, dovesse comunque ratificare la riforma del Mes, potrebbe soffiare sul fuoco del mai sopito anti-europeismo italiano, che si autoalimenta di immaginari complotti pluto-tecno-massonici anti-italiani. Se invece l’esecutivo e la maggioranza, per paura di concedergli l’ennesimo proscenio, decidessero di far saltare la riforma del Mes – come peraltro sembravano comunque intenzionati a fare – si giocherebbero tutta la credibilità internazionale accumulata in questi mesi, finendo per compromettere i rapporti con Berlino, Parigi, Bruxelles e con tutti quei Paesi che la riforma del Mes la vogliono eccome, finendo per legittimarsi come il vero premier ombra dell’Italia.
In ogni caso, scacco al re, a quel Giuseppe Conte che da quando l’ha ridicolizzato al Senato è diventato il bersaglio preferito degli strali del Capitano e a cui oggi è stato assegnata la nuova parte in commedia nell’eterna campagna elettorale di Salvini: quello del tecnocrate al soldo dei poteri forti, contro l’Italia. Mentre lui, Matteo-Nerone, suona la Lira godendosi l’incendio da lui stesso appiccato, alla faccia dello spread, dello Stato senza soldi, delle imprese moribonde, delle famiglie che faticano a tirare la fine del mese. Che tutto vorrebbero, tranne che un guitto che soffia sul fuoco delle loro miserie, aggravandole, per farne carne da cannone elettorale. Se ne accorgessero, allora sì che ci sarebbe da divertirsi.