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Ricchezza italiana, così è se vi pare

Secondo la Banca d’Italia la ricchezza delle famiglie italiane è in calo. Colpa della crisi immobliare che deprime (e lo farà ancora a lungo) i prezzi delle abitazioni. Gli italiani restano però più ricchi di tedeschi o americani: come dire che rischiamo di essere cornuti e mazziati se non ci diamo una mossa…
A cura di Luca Spoldi
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Così è se vi pare, avrebbe detto Pirandello: la Banca d’Italia ha fatto sapere che a fine del 2012 la ricchezza netta delle famiglie italiane era pari a circa 8.542 miliardi di euro (-0,6% rispetto all’anno precedente), pari in media a 143 mila euro pro capite e a 357 mila euro per famiglia. Detta così sembra la quiete prima della tempesta e forse lo è: guardando a come è composta la “ricchezza” delle famiglie italiane si vede come le attività reali rappresentavano il 61,1% del totale delle attività, quelle finanziarie il restante 38,9% con le prime in calo del 3,5%  a causa in particolare di un calo medio del 5,2% dei prezzi delle abitazioni.

Nonostante gli scongiuri (e gli improperi indirizzati a chi come il sottoscritto lo aveva detto in tempi non sospetti) il mercato immobiliare sta iniziando a subire i contraccolpi di una crisi che sarà lunga, sia per le caratteristiche delle crisi immobiliari in genere (mediamente durano attorno ai 6-7 anni, il che significa almeno altri 3-4 anni di prezzi in calo, anche se questo non significa che alcune parti del mercato, gli immobili di lusso in località dove il tenore di vita è ancora elevato o in località turistiche in grado di attirare acquirenti esteri, non possano tornare a vedere prezzi in crescita molto prima), sia perché la ripresa che verrà, in Italia, sarà “senza sprint” come un po’ tutti gli analisti finanziari stanno scrivendo da tempo.

Non è finita qui: sempre secondo i dati contenuti nell’ultimo Supplemento al Bollettino Statistico della Banca d’Italia, a fine 2012 le passività (ossia i debiti) delle famiglie erano di poco inferiori a 900 miliardi di euro e sfioravano il 10% delle attività complessive. Secondo stime preliminari, prosegue il rapporto, nel primo semestre del 2013 la ricchezza netta della famiglie italiane è ulteriormente diminuita, dell’1% in termini nominali rispetto allo scorso dicembre. Alla fine del 2012, la sola ricchezza abitativa detenuta dalle famiglie italiane superava i 4.800 miliardi di euro, un valore in calo del 3,9% rispetto all’anno precedente in termini nominali, ossia del 6% in termini reali.

Cornuti e mazziati? Nonostante il calo degli ultimi anni, sempre secondo Banca d’Italia, le famiglie italiane mostrano nel confronto internazionale “un’elevata ricchezza netta”, pari nel 2011 a 7,9 volte il reddito lordo disponibile, un rapporto “comparabile con quelli di Francia, Regno Unito e Giappone e superiore a quelli di Stati Uniti, Germania e Canada”. Stiamoci attenti, insomma, che fra poco mentre in Italia i politici si scanneranno per addossarsi la colpa di questo deprecabile stato di debolezza economica (che dura da 15 anni, vi ricordo ogni volta), da Berlino qualcuno potrebbe iniziare a dire “nein” ai tentativi di Mario Draghi di evitare ulteriori penalizzazioni alle banche italiane (e spagnole) in vista dell’Asset quality review e degli stress test avviati sulle maggiori banche europee e che si concluderanno solo nell’ottobre dell’anno prossimo.

Prima che questo processo di revisione contabile sia terminato è difficile che le banche tornino a concedere prestiti anche, se come qualcuno inizia a non escludere, Draghi dovesse portare in territorio negativo i tassi sulle somme chiese a prestito ma poi lasciate in deposito presso la stessa Bce dalle banche (peraltro già ora chiedere a prestito costa fino all’1% annuo, a seconda della durata del prestito, lasciarle in deposito a Eurotower non rende nulla), o erogasse una terza Ltro o ancora rendesse più semplice ricorrere al credito della Bce allentando ulteriormente i criteri qualitativi dei titoli "collaterali" che le banche debbono offrire a garanzia dei prestiti ricevuti. In via di impoverimento ma ancora più “ricche” della media le famiglie (e le aziende) italiane potrebbero dunque esser costrette a subire (tardi e in fretta, dunque malamente) quelle riforme strutturali che si sarebbero potute fare anni or sono in modo ordinato ed efficiente ma che non sono state fatte per i troppi interessi contrastanti delle mille lobbies in cui è diviso da tempo il paese.

Siamo morti o ne usciremo, sia pure con le ossa acciaccate? In realtà di opportunità resta pieno il mondo, basti dire ad esempio che nel solo Golfo Persico da qui al 2020 sono in programma non meno di un centinaio di progetti immobiliari di dimensioni faraoniche (il controvalore complessivo stimato supera i mille miliardi di dollari, pari a oltre 730-740 miliardi di euro). Un autentico tesoro, e non è l’unico in giro per il mondo, che potrebbe almeno in parte finire in tasca alle nostre imprese e ai loro lavoratori. Ah, già, il problema è che come le banche italiane prestano poco denaro, anche le imprese italiane assumono poco quando non continuano a stringere il credito le prime e licenziare le seconde.

Che volete che vi dica, si sarebbero dovute fare per tempo e nell’ordine corretto una serie di riforme per incrementare la crescita potenziale (ed effettiva), come già detto sopra. In mancanza si faranno altre riforme (sulla pelle di aziende e famiglie italiane), l’unica cosa che non si potrà fare è ignorare il problema o continuare a gridare in piazza che la colpa è di qualcun altro, come stanno provando a fare in tanti. Perché la realtà, prima o poi, presenta il conto anche a pifferai magici, guru pentastellati e forconi tutti. Buon weekend.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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