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Renault e Fiat Chrysler Automobiles nell’occhio del ciclone

Renault finisce al centro di un’indagine legata alle emissioni delle sue vetture il giorno stesso in cui su Fiat Chrysler Autromobiles piove l’accusa di aver truccato i dati di vendita negli Usa…
A cura di Luca Spoldi
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Giornata da dimenticare per il comparto auto europeo, complici i rischi di un allargamento dello scandalo emissioni, che finora aveva coinvolto solo Volkswagen, anche ad almeno un altro grande produttore (la francese Renault) e al le accuse mosse a Fiat Chrysler Automobiles da due dealer di Chicago, di aver spinto per truccare i dati di immatricolazioni Usa.

Morale: Renault, le cui sedi sono state ispezionate dalla polizia francese che ha sequestrato anche alcuni pc e server, ha chiuso la giornata a 77,75 euro per azione, in calo del 10,28%, Fiat Chrysler Automobiles è caduta a 6,84 euro (-7,94%), Peugeot ha fatto un salto all’indietro del 5,05% a 14,01 euro, Ferrari ha accusato un rosso del 4,62% a 38,20 euro per azione, Daimler ha chiuso a 65,81 euro (-3,56%), Bmw è tornata a 80,11 euro per azione (-3,35%), Porsche è terminata a 44,25 euro (-3,32%) e Volkswagen è scivolata a 126,10 euro (-2,96%).

Il più sano c’ha la rogna? Il gruppo italo-americano con una nota ufficiale ha precisato di aver appreso a sua volta della denuncia sporta da un concessionario americano nei confronti di Fiat Chrysler Automobiles Us Llc in una causa “nella quale sostiene che Fca Us gli avrebbe offerto incentivi finanziari affinché registrasse falsamente le vendite, riportando vendite al dettaglio in un determinato mese e cancellandole in quello successivo”, precisando che tuttavia l’atto di citazione (pubblicato peraltro in giornata dal Financial Times) non è ancora stato notificato.

Fiat Chrysler Automobiles sospetta che la causasia infondata” e possa essere stata “promossa dal legale interno del concessionario” in questione (Napleton) “proprio nel momento in cui Fca Us discuteva con il gruppo del concessionario della necessità che quest’ultimo rispettasse i propri impegni in base a taluni dei contratti di concessione”. Sarebbe dunque, par di capire, un modo per mettere le mani avanti accusando il gruppo italo-americano di aver voluto a tutti i costi “gonfiare” i dati di vendite attraverso un programma di “performance driven incentives”, ossia incentivi legati alle performance di vendita, o “volume growth programme” (o “vgp”), fatto che a sua volta, se non altro, confermerebbe quanto critica possa essere la costituzione di una rete di vendita adeguata al mercato americano per un gruppo europeo.

Il motivo del contendere si intuisce leggendo l’atto di citazione: i singoli dealer vengono accedono al vgp in base ad uno specifico numero di vetture vendute da ciascuno, vendite “che variano da dealer a dealer e sono incrementate annualmente da una percentuale di crescita arbitrariamente stabilita da Fca”. Una volta divenuti “vgp dealer” i rivenditori devono impegnarsi “a fornire sussidi su ogni nuova vendita di autoveicoli che un concessionario che non raggiunge lo stato di vgp dealer non effettua” rispetto agli impegni programmati.

Di fatto, secondo l’accusa, in questo modo Fca avrebbe incentivato i suoi concessionari a “riportare false vendite” così da poter distribuire incentivi ai dealer che accettavano tale accordo ai danni di chi non l’accettava. Se poi i dealer non riuscivano a raggiungere gli obiettivi fissati dal vgp, prosegue l’accusa, costoro non erano ammessi al “round bonus” attraverso cui “gli incentivi dei dealer crescono significativamente”.

A chi non riesciva a raggiungere l’obiettivo vgp corretto per la crescita annua, Fca avrebbe aumentato “il loro vgp per il mese consecutivo del 20% della diminuzione delle vendite per il mese precedente (cosiddetto “vgp di recupero”)”. Naturalmente, sostiene l’accusa, “Fca sa e capisce che se fossero state registrate false vendite come se fossero vere vendite, si sarebbe gonfiare i vgp dei concessionari al punto che il “vgp di recupero” sarebbe diventato così grande da essere completamente al di là della portata dei suoi rivenditori”.

Oltre a tirare il collo ai suoi concessionari, Fca avrebbe beneficiato di una simile pratica grazie a risultati in termini di volumi di vendita anno per anno inflazionati, “i quali creano l’apparenza che la performance di Fca sia migliore di quanto realmente non sia”, cosa che oltre a trarre in inganno gli investitori sarebbe molto poco d’aiuto “se venisse alla luce nello stesso momento in cui Fca fosse alla ricerca di una fusione o altre opportunità di business”.

Il che è una frase un poco sibillina, perché è noto a tutti che da tempo Sergio Marchionne sta provando a convincere Mary Barra, numero uno di General Motors, ad arrivare ad un matrimonio tra i due gruppi, ipotesi finora rimandata al mittente senza troppi giri di parole dalla stessa Barra. Resta da capire, cosa che spetterà ai giudici americani, se si tratti di un’accusa fondata o di una vendetta trasversale magari “armata” da qualche concorrente a cui l’eccessiva intraprendenza di Fca ha dato fastidio.

Nel primo caso sarebbe un nuovo scandalo destinato a travolgere probabilmente lintero settore auto in America (perché sembrerebbe strano che solo Fca abbia saputo ideare un simile schema di incentivi alla vendita), proprio mentre in Europa riprende vigore quello relativo ai controlli delle emissioni inquinanti. La sensazione a caldo è che l’opacità del settore vada di pari passo coi suoi problemi strutturali e che la necessaria chiarezza che dovrà essere fatta, non solo da Fca e Renault, potrebbe dare il via ad una profonda ristrutturazione, con conseguenze forse spiacevoli anche in termini di impianti e posti di lavoro, specie nei paesi a più elevata tassazione e minore produttività.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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