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Reddito di cittadinanza, le ultime notizie

Reddito di cittadinanza-quota 100, pensioni e sussidi costeranno allo Stato 133 mld in tre anni

Ben 133 miliardi nel triennio: il costo di reddito di cittadinanza, pensioni e ammortizzatori sociali previsti dalla legge di Bilancio graverà sulle casse dello Stato (fino al 2021) per molto più di 100 miliardi. A certificarlo è il Def varato dal governo e il problema, ora, è quello di trovare le risorse per ammortizzare queste spese.
A cura di Stefano Rizzuti
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Reddito di cittadinanza e quota 100 costeranno caro alle casse dello Stato: un impatto, in tre anni, da 133 miliardi di euro. Maggiori spese che andranno dal 2019 al 2021 e che, a esser precisi, riguarderanno per ben 94 miliardi tre voci: pensioni, reddito di cittadinanza e ammortizzatori sociali. Come ricorda anche La Stampa, sulla base della versione definitiva del Def, il Documento di economia e finanza approvato dal Consiglio dei ministri. Sono questi i primi conti sull’impatto di spesa che avrà la legge di Bilancio varata dal governo e poi approvata dal Parlamento a fine 2018. In sostanza, la spesa per sussidi di vario tipo crescerà in tre anni di quasi cento miliardi, grazie a quanto previsto dalla manovra. Il vero problema, però, è che questi costi vengono coperti solo in parte – e a partire dal 2020 – con l’aumento dell’Iva. Che il governo vuole invece evitare a tutti i costi, almeno stando alle dichiarazioni dei suoi principali esponenti.

Trovare le risorse non sarà facile. Lo ha detto anche il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, secondo cui servono “coperture di notevole entità”. Le strade percorribili, secondo il quotidiano torinese, ora sono tre: la prima è, appunto, aumentare l’Iva, almeno per alcuni prodotti; la seconda è abolire il bonus degli 80 euro introdotto da Matteo Renzi; la terza è fare più deficit, ma in questo caso lo scontro con la Commissione europea sarà inevitabile.

Andando a guardare le singole voci, per quest’anno lavoro e pensioni richiederanno una spesa aggiuntiva di 24 miliardi, che saliranno a 35 nel 2020 e nel 2021. E non basta puntare tutto sulla revisione di spesa per rientrare di questi costi. Basti pensare che il governo stima di recuperare dai tagli solo 2 miliardi quest’anno, 5 nel 2020 e 8 nel 2021. Tra l’altro va sottolineato che sulla base dell’accordo con la Commissione europea i primi due miliardi andrebbero trovati già entro luglio. E per farlo le ipotesi sono quelle di tagliare gli incentivi alle imprese, i fondi per la mobilità o le spese relative alla Difesa, all’università e alla cooperazione.

La riduzione della spesa è ancora più complicata se si pensa che un primo tentativo è già fallito: l’idea di risparmiare un miliardo tra il ministero del Lavoro, quello dell’Agricoltura, la Corte dei conti e i carabinieri è già naufragata. E altro problema non di poco conto riguarda il piano di dismissioni da 18 miliardi: siamo ad aprile e ancora non c’è nulla di concreto in programma. I tempi stringono. Infine, c’è un altro fattore che allarma il ministero dell’Economia: la crescita. La stima riportata nel Def, nella migliore delle ipotesi, è allo 0,2%. Ma nello stesso documento si dice, in sostanza, che questa cifra è esposta a rischi e i fattori che potrebbero farla scendere sono parecchi.

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