Reddito di cittadinanza, Fmi lo boccia: “Disincentiva il lavoro e penalizza i più poveri”
Il reddito di cittadinanza non piace al Fondo monetario internazionale, che chiede una revisione di una misura considerata penalizzante per i più poveri e per le famiglie numerose e che disincentiva i beneficiari a cercare un lavoro. L’analisi sull’Italia del Fmi è critica anche in tema di pensioni: nonostante l’Italia abbia fatto con la legge Fornero “più di molti altri Paesi”, rimane un grosso problema per il bilancio pubblico. Motivo per cui bisognerebbe disincentivare le forme di uscita anticipata riducendo l’assegno in proporzione ai mancati contributi versati. Inoltre, il nostro Paese resta tra quelli più esposti a eventuali rischi di shock finanziari internazionali.
Il Fondo monetario internazionale sottolinea come la crescita italiana sia ferma, con un Pil che dovrebbe crescere solo dello 0,5% nel 2020. Il deficit previsto, inoltre, è del 2,4% e non del 2,2%, come stimato dal governo. Ancora, il debito è destinato a rimanere intorno al 135%, esponendo maggiormente l’Italia al rischio di una crisi finanziaria. Tornando al Pil, le previsioni italiane sono quelle “più basse dell’Ue” e si accompagnano ad altri dati catastrofici, come la partecipazione femminile al lavoro più bassa d’Europa. Per tutti questi motivi il Fmi chiede un piano di riforme strutturali, dalla liberalizzazione dei servizi locali alla giustizia civile.
Fmi boccia il reddito di cittadinanza
Per il Fondo monetario internazionale il reddito di cittadinanza è un “passo avanti” rispetto al quadro precedente, ma i risultati sono “molto al di sotto dei benchmark internazionali”. La misura ha due difetti. Il primo è che l’aiuto si riduce notevolmente per le famiglie numerose. Il secondo è il fatto che accettando le offerte di lavoro, anche quelle con bassi salari, i beneficiari escono dal reddito, il che disincentiva l’ingresso nel mercato del lavoro.
I benefici del reddito di cittadinanza rimangono comunque “superiori ai livelli internazionali”, ma “calano troppo rapidamente rispetto alla dimensione delle famiglie, penalizzando quelle più povere e più numerose”. Gli stessi benefici, inoltre, “si riducono nettamente in caso venga accettato un lavoro, soprattutto in caso di basse retribuzioni”.
Le critiche del Fmi sulla pensione anticipata
L’addio alla quota 100, previsto a fine 2021, viene ritenuto una buona notizia per i conti pubblici italiani. Ma non basta, perché serviranno decenni prima di mettere in sicurezza i conti pubblici italiani sulla base della legge Fornero in tema di pensioni. Nel frattempo, quindi, il Fondo invita l’Italia a pensare a nuovi meccanismi di flessibilità in uscita, di cui peraltro il governo sta già discutendo con i sindacati. C’è però una condizione da seguire secondo il Fmi: l’uscita anticipata deve comportare un assegno previdenziale più basso, che tenga conto del mancato versamento dei contributi per alcuni anni.