Quale futuro attende i gruppi editoriali italiani e Rcs in particolare? Facciamo due conti anzitutto: Rcs, che ha appena ceduto la divisione libri (un business sempre meno profittevole, che ha visto nel 2014 ricavi pari a 222,6 milioni di euro, l’11,4% in meno dell’anno precedente, e un margine lordo di soli 2 milioni, dai 3,8 del 2013) a Mondadori per 127,5 milioni (contro i 135 milioni inizialmente ipotizzati, perché Mondadori ha accettato di accollarsi i rischi di eventuali sanzioni da parte dell’Antitrust), con la possibilità di ulteriori aggiustamenti per massimi 7,5 milioni in base ai risultati di quest’anno e del prossimo, è ormai un gruppo con fatturato inferiore agli 1,1 miliardi di euro.
In compenso la perdita, dimezzatasi nel 2014 rispetto all’anno precedente (a poco più di 110 milioni di euro contro i 218,5 milioni di rosso del 2013), dovrebbe ulteriormente ridursi, tanto più che l’Ebtida, previsto dal Cda del gruppo attorno al 9% del fatturato, e l’Ebit, atteso positivo a livello consolidato, non dovrebbero risentire della cessione delle attività letterarie e potrebbero invece beneficiare di una sia pur moderata ripresa degli investimenti pubblicitari. Potrebbe sembrare che sia la luce alla fine di un lungo tunnel, ma non è detto che non siano in arrivo colpi di scena in grado di ridisegnare lo scenario.
A livello europeo Rcs al momento è infatti un editore marginale: Axel-Springer, che di recente ha rilevato Busines Insider per 343 milioni di dollari, fattura 3 miliardi di euro l’anno, Pearson, che ha ceduto al gruppo Nikkei il Financial Times per 844 milioni di sterline, ne ha fatturato il doppio l’anno passato e di questi solo mezzo miliardo era legato al quotidiano finanziario e all’Economist (il cui 50% è stato ugualmente girato alla Nikkei), Lagardère, colosso francese focalizzato su media e servizi, ha un giro d’affari di 7,2 miliardi, due dei quali con le attività di Lagardère Publishing.
Superato, salvo colpi di scena da parte delle banche creditrici, lo scoglio di un eventuale ulteriore aumento di capitale da 190 milioni di euro che sarebbe obbligatorio nel caso a fine anno l’indebitamento finanziario netto, pari a 482,5 milioni a fine 2014, non scendesse entro le 3,5 volte l’Ebitda e comunque non fosse inferiore a 440 milioni, l’amministratore delegato Scott Jovane, se supererà indenne il Cda di domani, potrebbe concentrarsi sulle attività spagnole del gruppo di Via Rizzoli.
Qui le ultime novità, almeno stando a quanto riporta Milano Finanza citando le dichiarazioni del direttore di El Mundo (testata del gruppo Rcs), David Jimenez , è che lo stesso El Mundo e Abc (testata di Vocento) potrebbero unirsi, rilanciando un’ipotesi circolata fin dallo scorso anno ma mai concretizzatasi. A giocare a favore di una fusione sarebbe sostanzialmente la crisi della stampa quotidiana spagnola, che vede sempre meno lettori e fin troppe testate contenderseli.
Se questa situazione vi ricorda quella di un altro paese che inizia per “I” non posso darvi torto, ma in Italia è difficile pensare si possano fondere grandi testate visto l’utilizzo delle stesse come strumento di potere e non solo come fonte di redditi da parte di gruppi proprietari che da decenni non sono più, salvo rarissimi casi, editori puri. Mai dire mai, però, visto che un’altra voce tornata a circolare in questi giorni è che Fiat Chrysler Automobiles (Fca), ossia Sergio Marchionne, sia pronta a ceder Italiana Editrice Spa, holding che dallo scorso anno controlla sia La Stampa sia il Secolo XIX.
L’ipotesi potrebbe causare un piccolo terremoto in casa Agnelli, visto che finora Fca, che col 16,7% è tuttora il primo azionista di Rcs, ma era in particolare il suo presidente, John Elkann, ad essere considerato il vero sponsor di Jovane. Che Elkann sia sensibile al fascino della stampa sembra confermato dalla decisione dello scorso agosto di far salire Exor (holding finanziaria degli eredi Agnelli cui fa capo anche il 30,81% di Fiat Chrysler Automobiles) dal 4,7% al 43,3% del gruppo The Economist, divenendone il principale azionista. Elkann dovrà probabilmente chiarirsi con Marchionne: l’editoria è un business che ha ancora senso nel portafoglio di Fca o è bene che si separi da essa?
Se così fosse la famiglia Agnelli è pronta a rilevarlo da Fca attraverso Exor e magari a rilanciare la sfida, non solo in Spagna ma anche in Italia, per non rimanere ai margini di un mercato editoriale europeo sempre più concentrato e dove le economie di scala contano almeno quanto la capacità di produrre contenuti multimediali? Dalla risposta a queste domande potrebbe dipendere buona parte del futuro più o meno prossimo di Rcs.