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Opinioni

Rai Way brinda al debutto, ma per le privatizzazioni i conti non tornano

Rai Way brinda al debutto in borsa, ma sul fronte delle privatizzazioni il governo Renzi non può certo essere soddisfatto. I conti non tornano e non torneranno tanto facilmente, col rischio che si aprano nuovi buchi di bilancio…
A cura di Luca Spoldi
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Rai Way brinda al debutto a Milano (+4,68% al termine del primo giorno di contrattazioni) e il governo può tornare a suonare la grancassa delle privatizzazioni, ma i conti non tornano ancora. Undici miliardi e duecento milioni di euro era infatti la cifra che il governo Renzi prevedeva di incamerare con le privatizzazioni nel Documento di economia e finanze approvato dal Consiglio dei ministri dello scorso 8 aprile  secondo cui per centrare tale risultato si sarebbe proceduto “alla dismissione di alcune società sotto controllo statale e di parte del patrimonio immobiliare” al fine di ridurre il debito pubblico, recuperare la spesa improduttiva, ridurre i contributi statali e recuperare efficienza nelle imprese interessate. “La misura – precisava ancora Palazzo Chigi – è volta a produrre introiti attorno a 0,7 punti percentuali di Pil all’anno dal 2014 e per i tre anni successivi” in cui si sarebbero dovuti realizzare, dunque, non meno di 10-12 miliardi l’anno. Notate che i 12 miliardi apparivano già una cifra decisamente “gonfiata” (per far quadrare i conti pubblici) rispetto agli “8-9 miliardi” di cui il predecessore di Pier Carlo Padoan, l’allora ministro dell’Economia e Finanza Fabrizio Saccomanni, aveva parlato neppure due mesi prima, il 12 febbraio di quest’anno.

Finora però a Piazza Affari sono sbarcate Fincantieri a fine giugno (operazione rivelatasi un mezzo flop, con l’offerta tagliata da 704 a 450 milioni di azioni e prezzo di collocamento ai minimi della forchetta indicativa, 78 centesimi di euro, che hanno portato ad un incasso di 351 milioni) e appunto Rai Way oggi (che invece è piaciuta agli investitori, avendo collocate 95 milioni di azioni a 2,95 euro l’una per complessivi 280 milioni di euro di incasso, poco meno dei 300 milioni circa inizialmente preventivati). Sono invece state rinviate a data da destinarsi gli sbarchi sul listino di Enav e Poste Italiane, mentre una nota del Tesoro informa stasera che in una riunione interministeriale sulle procedure per la privatizzazione delle Ferrovie dello Stato Italiane, presenti i vertici di Ferrovie dello Stato, gli staff dei rispettivi ministri (Pier Carlo Padoan per l’Economia a Finanze e Maurizio Lupi per le Infrastrutture e Trasporti) e gli uffici competenti, è stato deciso di costituire un gruppo di lavoro congiunto con l’obiettivo di predisporre tutte le misure necessarie all’apertura del capitale delle stesse Ferrovie dello Stato e alla loro quotazione, che il ministro Padoan ha auspicato “avvenga in tempi rapidi”.

In un anno in cui, nonostante le parole dell’amministratore delegato di Borsa Italiana, Raffaele Jerusalmi (che oggi ha sostenuto che il 20114 sia stato “un anno molto positivo”), si sono viste appena 5 debutti sul listino principale di Piazza Affari (sia pure accanto a 19 piccole debuttanti sul mercato Aim), quella di Rai Way rappresenta “probabilmente l’ultima quotazione di quest’anno” come ha dichiarato lo stesso Jerusalmi. Difficile dunque sperare in un recupero in zona cesarini, salvo che si riescano a piazzare prima di Capodanno le quote detenute in Stmicroelectronics (il Tesoro possiede il 50% della joint venture che con il governo francese che controlla il 27% del capitale della società e vorrebbe girare la quota a Cassa depositi e prestiti, Cdp), ulteriori 500 milioni di immobili del Demanio civile e militare (anche questi da girare eventualmente a Cdp) e forse di un altro 5% di Enel (ai prezzi attuali potrebbe fruttare attorno a 1,60-1,75 miliardi di euro) nel cui capitale il Tesoro è tuttora socio al 31,24%, nonché del residuo 4,34% detenuto in Eni (di cui un ulteriore 25,76% è già in mano a Cdp), che potrebbe fruttare 2,5-2,6 miliardi.

Facciamo due conti: 630 milioni incassati dagli unici due “debutti dell’anno più 2,1 miliardi ottenuti cedendo il 35% di Cdp Reti (società cui fanno capo le partecipazioni di controllo in Terna e Snam) fanno meno di 2,75 miliardi. Dopo di che però se si tien conto di Cdp sul fronte degli incassi non si può non tenerne conto sul fronte degli esborsi e dunque i trasferimenti delle partecipazioni di Eni ed Enel non dovrebbero, secondo logica, essere conteggiate. Diversamente a non essere conteggiate sarebbero i proventi della cessione della partecipazione in Cdp Reti e il conto salirebbe, sempre che le quote di Enel ed Eni siano cedute a Cdp entro l’anno, a circa 4,7-4,8 miliardi. Anche aggiungendo 500 milioni di immobili (sempre volendo contare come “privatizzazione” quella che è una partita di giro dal Tesoro a Cdp che dallo stesso Tesoro è controllata all’80,1%) si resta ben lontani da 6 miliardi di euro che rappresentano la metà di quanto ancora sei mesi fa il governo prometteva di riuscire a raccogliere “virtuosamente” con le privatizzazioni. Ed anche contando (due volte) i proventi della cessione di Cdp Reti e dei trasferimenti delle quote di Enel ed Eni a Cdp non si supererebbero i 7,5 miliardi.

Delle due l’una: o i numeri son stati scritti con molta fantasia, senza tener conto della volatilità dei mercati che in queste settimane rischia di aumentare anziché ridursi, secondo la maggioranza degli analisti, non fosse altro per le incertezze circa l’andamento di un’economia che nel 2014 doveva crescere dell’1,1%, anzi no dello 0,8%, mentre ben che vada rimarrà invariato (ma probabilmente perderà ulteriore terreno visto che la scorsa settimana l’Istat ha certificato che la variazione acquisita nei primi nove mesi dell’anno è pari a -0,3%), ipotesi verosimile ma che richiederebbe uno slittamento al 2015-2016 degli obbiettivi “falliti” nel 2014 e dunque un incasso non di 10-12 miliardi l’anno ma di almeno 15 miliardi in entrambi gli anni per compensare i minori introiti del 2014; oppure semplicemente i numeri di cui sopra non sono mai stati realistici e al di là degli “auspici” dei ministri pro-tempore in carica, per far quadrare i conti pubblici non volendosi o sapendosi ridurre la spesa né a livello centrale né a livello regionale, si prospetta, indovinate un po’, l’ennesima manovra aggiuntiva (in aggiunta a quelle già in esame), per un importo che copra la differenza tra il “libro dei sogni” e la realtà.

Le privatizzazioni possono servire indubbiamente a rilanciare il paese, posto che sarebbe utile interrogarsi sull'opportunità di cedere quote di aziende (come Eni od Enel) che in realtà sono già ampiamente efficienti e che offrono rendimenti in termini di dividendi superiori al costo del debito pubblico (offrendo così già ora un contributo al contenimento della crescita del debito stesso), le mancate privatizzazioni rischiano però di risultare la classica “ultima goccia” che fa traboccare un vaso già troppo pieno (di tasse) nell'ipotesi in cui diano origine a nuovi prelievi fiscali a causa di un loro ritardo di attuazione (o di risultati largamente inferiori a quelli auspicati dal Governo, ossia dal venditore). Così è, se vi pare.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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