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Quali sono le accise su benzina e gasolio nel 2023 e perché le paghiamo: l’elenco completo

Nelle ultime settimane l’aumento dei prezzi della benzina è stato costante, e si è tornato a parlare del peso delle accise e della possibilità di tagliarle: ma quali sono e perché le paghiamo ancora?
A cura di Luca Pons
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Il dibattito sul prezzo della benzina e sul taglio delle accise è tornato vivo, nei mesi estivi, a causa di un nuovo aumento delle tariffe, legato in buona parte alla crescita del prezzo del petrolio greggio. Il prezzo medio in autostrada ha superato da settimane la soglia dei 2 euro al litro per la benzina, e in tutte le Regioni la media oscilla tra 1,92 e 1,98 euro al litro.

Il governo Meloni finora ha cercato di limitare le preoccupazioni, sottolineando che se non si considerano le accise il prezzo dei carburanti in Italia è piuttosto basso, paragonato ad altri Paesi europei. Proprio la questione delle accise è al centro dello scontro: molte associazioni di consumatori e alcuni esponenti dell'opposizione hanno chiesto che il governo intervenga tagliandole, come era avvenuto lo scorso anno durante il governo Draghi.

In generale, le accise sono imposte che si pagano sulla fabbricazione e sulla vendita di prodotti di consumo. Nello specifico le accise sui carburanti si applicano una volta sola e si calcolano sulla quantità di prodotto, mentre ad esempio l'Iva (che non è un'accisa) si applica ogni volta che un bene viene venduto e si calcola sul valore. In Italia, la prima imposta sul carburante fu introdotta nel 1921, con un decreto del re Vittorio Emanuele II. Nel giro di meno di vent'anni (fino al 1939) l'accisa passò da 60 lire al quintale a 530 lire al quintale.

Oggi, in Italia, senza accise e senza Iva la benzina costerebbe 86 centesimi al litro, mentre il prezzo finale è vicino agli 1,95 euro al litro. Considerando solamente le accise, queste pesano per quasi 73 centesimi sul costo della benzina: circa il 37% del prezzo, quindi, è legato alle accise e non al costo in sé della benzina come materia prima. L'Iva aggiunge altri 35 centesimi. Nel 2022, a marzo il governo Draghi aveva stabilito un taglio delle accise che portava a risparmiare 30,5 centesimi al litro (25 centesimi di accise più 5,5 di Iva). Questo taglio era stato poi prorogato fino a dicembre, quando il governo Meloni l'aveva ridotto a 18,5 centesimi. Infine, da gennaio 2023 il taglio delle accise non è più stato rinnovato.

Cosa sono le accise sui carburanti e quando sono state introdotte

Le accise sui carburanti sono imposte che si pagano per la fabbricazione e la vendita dei carburanti. A differenza dell'Iva, anche questa da pagare su benzina e diesel, le accise si applicano una volta sola e non a ogni passaggio della produzione. In Italia, le imposte sulla benzina sono partite già prima della nascita della Repubblica: la prima risale al 1921, ed era di 60 lire al quintale. Negli anni successivi, con 13 decreti in 18 anni, il livello delle accise fu alzato fino a 530 lire al quintale.

In passato, le accise venivano aggiunte progressivamente – come è successo anche in epoca repubblicana – a seconda di emergenze specifiche che richiedevano uno sforzo particolare per lo Stato. Avvenne nel 1956 con la crisi di Suez, nel 1963 per il disastro del Vajont, nel 1966 per l'alluvione di Firenze e così via. Dal 1995, invece, l'accisa sul carburante è una tassa unica (anche se è stata alzata negli anni, e in alcuni casi questo rialzo è stato giustificato con un evento particolare, ad esempio i terremoti in Emilia Romagna del 2012). E sempre dal 1995 le entrate derivanti dalle accise non sono più destinate a scopi specifici.

Quali sono le accise sui carburanti e cosa finanziano: l'elenco completo 2023

Come detto, è da quasi trent'anni (da 1995) che esiste una unica accisa sulla benzina, che non è più composta da molte accise diverse e accumulate negli anni. Resta il fatto che, dal 1956 al 1995, più volte furono aggiunte accise che erano collegate a scopi precisi. In particolare:

  • crisi di Suez (1956) – 0,0723 centesimi;
  • disastro del Vajont (1963) – 0,516 centesimi;
  • alluvione di Firenze (1966) – 0,516 centesimi;
  • terremoto del Belice (1968) – 0,516 centesimi;
  • terremoto del Friuli (1976) – 0,511 centesimi;
  • terremoto dell’Irpinia (1980) – 3,87 centesimi;
  • missione Onu in Libano (1983) – 10,6 centesimi;

Dal 1995 in poi, l'accisa è un'imposta unica. Negli anni successivi ci sono stati aumenti a questa imposta, che sono stati giustificati facendo riferimento a specifici avvenimenti. Anche se, come detto, non si trattava di accise aggiuntive, ma di incrementi a un'unica accisa già esistente:

  • missione Onu in Bosnia (1996) – 1,14 centesimi;
  • rinnovo contratto autoferrotranvieri (2004) – 2 centesimi;
  • acquisto autobus ecologici (2005) – 0,5 centesimi;
  • terremoto de L’Aquila (2009) – 0,51 centesimi;
  • finanziamento alla cultura (2011) – 0,71 centesimi
  • crisi migratoria libica (2011) – 4 centesimi;
  • alluvione in Toscana e Liguria (2011) – 0,89 centesimi;
  • decreto “Salva Italia” (2011) – 8,20 centesimi;
  • terremoto dell’Emilia (2012) – 2,40 centesimi;
  • finanziamento del “Bonus gestori” (2014) – 0,5 centesimi;
  • finanziamento del “Decreto fare” (2014, aumento scaduto a fine anno) – 0,24 centesimi

Oggi le accise comunque non si calcolano con aumenti incrementali, ma come un'imposta unica che, secondo l'aggiornamento più recente dell'Agenzia delle accise, dogane e monopoli, è fissata a 728,40 euro per ogni mille litri di benzina. Dal 2013 poi sono tasse definite "strutturali", e non più di carattere eccezionale. Le entrate che lo Stato riceve da questa imposta non vengono dedicate ad attività specifiche, ma al bilancio generale.

Quanto pesano le accise sui prezzi di benzina, gasolio, gpl e metano

Oggi in Italia le accise hanno un peso diverso a seconda del tipo di carburante di cui si parla. La più discussa è quella sulla benzina, ma esiste un'accisa separata anche per gasolio, gpl e metano.

  • l'accisa sulla benzina vale oggi 728,40 euro ogni mille litri, come già detto;
  • per il gasolio usato come carburante, l'aliquota è fissata a 617,40 euro ogni mille litri (quindi circa 62 centesimi al litro);
  • per il gpl la cifra è di 267,77 euro ogni mille chili;
  • sul metano l'imposta si calcola al metro cubo: 0,00331 euro al metro cubo.

Come si determina il prezzo finale alla pompa

Al distributore, il prezzo che si paga per il carburante è composto da tre elementi: le accise, l'Iva e il prezzo al netto delle imposte. Come detto, oggi la benzina costa:

  • 0,728 euro al litro per l'accisa,
  • 0,350 euro al litro per l'Iva
  • 0,866 euro al litro per il prezzo al netto delle imposte.

Quest'ultima categoria è la tariffa fissata da chi vende la benzina. Nel prezzo quindi c'è il costo della materia prima, della produzione e del trasporto, e anche il margine di guadagno di chi gestisce la pompa in questione. Le differenze tra un distributore e l'altro, quindi, sono dovute alla decisione di variare il prezzo al netto delle imposte.

Perché lo Stato non taglia le accise e quanto ci perderebbe

Il governo Meloni ha già chiarito che, nella situazione attuale, non intende effettuare un nuovo taglio delle accise. D'altra parte, le accise sui carburanti portano entrate significative allo Stato. Ad esempio, nel primi sei mesi del 2023 il gettito per le casse dello Stato ha registrato un aumento di 1,856 miliardi di euro rispetto all'anno prima, secondo quanto riportato dalla Ragioneria dello Stato.

Questo salto è stato dovuto soprattutto al fatto che nel 2022 era attivo un taglio delle accise: il taglio dell'anno scorso, solo per il periodo da marzo a giugno, è costato quindi quasi 2 miliardi di euro. Nel 2021, senza tagli in vigore, le accise sui prodotti energetici avevano portato entrate per poco meno di 24 miliardi di euro.

Come funziona l'accisa mobile nel decreto Carburanti

Nell'ultimo decreto Carburanti, a gennaio, il governo Meloni ha inserito un meccanismo chiamato accisa mobile. Questo fa sì che, in casi di prezzo del petrolio estremamente alto per molto tempo, le accise vengano ridotte automaticamente.

Più nel dettaglio, la norma prevede che se il prezzo del petrolio supera in media i 90 dollari (una soglia fissata dal governo stesso) per un periodo di due mesi, allora lo Stato usa le maggiori entrate che ha avuto in quel periodo dall'Iva per ridurre le accise, e così tenere il prezzo più basso. Dall'inizio del 2023, il prezzo del petrolio si è avvicinato poche volte alla soglia dei 90 dollari, e non l'ha mai superato.

Il decreto ha stabilito che in un caso del genere – cioè se il costo del petrolio in media resta, per almeno quattro mesi, più basso di quello fissato dal governo – allora la soglia di attivazione dell'accisa mobile si abbassa a sua volta. In ogni caso, per il momento è escluso che l'accisa mobile entri in funzione: il prezzo del petrolio dovrebbe restare decisamente alto ancora per diverse settimane.

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