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Opinioni

Profondo rosso in borsa per Rcs MediaGroup

Nuovo bagno di sangue in borsa per il titolo Rcs Mediagroup e per i relativi diritti, mentre sembrano restare distanti le posizioni tra John Elkann e Diego Della Valle sulla partecipazione all’aumento di capitale…
A cura di Luca Spoldi
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Ve ne parlavo giusto ieri: il tradizionale “sistema Mediobanca” è in crisi, una crisi profonda che affonda le sue radici nelle trasformazioni in atto nel panorama finanziario ed economico mondiale, nei mutamenti tecnologici non sempre compresi fino in fondo e raramente dominati dalle aziende tricolori, nella carenza di capitali che un modello del credito ormai da cambiare, che ha favorito negli anni pochi grandi “amici” scaricando i costi dei loro numerosi problemi (o anche dei loro fallimenti) sulla moltitudine impotente dei medi e piccoli clienti (aziende e famiglie tutte), non riesce a garantire in misura sufficiente alle necessità di trasformazione che ogni azienda “normale” ha a questo mondo. La controprova è arrivata puntuale: in una nota diramata nella tarda serata di ieri il Cda di Rcs Mediagroup (i cui titoli e diritti crollano anche oggi a Piazza Affari rispettivamente del 14% e del 50%), con Generali “storica” controllata di Mediobanca, ha annunciato di aver accettato l’offerta avanzata dalla Prs di Alfredo Bernardini de Pace per le testate Astra, Novella2000, Visto, OK – La Salute prima di tutto e del cosiddetto “sistema enigmistica”, ossia del polo comprendente le testate Domenica Quiz, Domenica Quiz Mese, Sudoku Top, Piramide Enigmistica, Quizissimo, Cruciverba Top, Corriere Enigmistica, Corriere Enigmistica Junior, Hobby Puzzle, Quiz Ermetici.

Cadute nel vuoto, dunque, le proposte alternative di Andrea Mastagni (imprenditore e manager spezzino impegnato da un paio d’anni nella ristrutturazione del gruppo Seregni-Fingraf), di News 3.0 (società editrice del sito Lettera43 di Paolo Madron, partecipata dalla stesso Madron e dal fondo Sator di Matteo Arpe, ex “golden boy” della finanza italiana fuoriuscito dalla stessa Mediobanca anni or sono) e di Visibilia, concessionaria pubblicitaria controllata dalla deputata Pdl Daniela Santanché, che solo fino a ieri veniva data per vincitrice. Tuttora da decidere (e bisognerà farlo entro fine mese, altrimenti si procederà alla chiusura) il futuro di altre quattro testate ossia A, Max, l’Europeo e Yatch&Sails, così come non è stato precisato se la cessione annunciata comporti o meno la concessione di una “dote” all’acquirente come già aveva dovuto fare Telecom Italia per riuscire a disfarsi di La7, ceduta a Urbano Cairo (nelle scorse settimane si era parlato della richiesta di 10-20 milioni di “dote” in caso di cessione in blocco di tutte e nove le testate più il polo dell’enigmistica).

La cose non sembra comunque avere molta importanza: gli analisti giudicano l’operazione poco influente sul destino del principale gruppo editoriale italiano, alle prese con un impegnativo aumento di capitale da  421 milioni di euro. Gli esperti di Intermonte rinnavo ad esempio il proprio giudizio di "underperform" (il titolo farà peggio del mercato, il che detto di questi tempi è tutto dire) con un target price di 3,67 euro per azione dal quale il titolo si sta peraltro allontanando rapidamente, mentre da Websim ribadiscono di ritenere lo scenario macro del settore editoriale “fortemente negativo” e notano come “eventuali ipotesi speculative sono rinviate successivamente alla conclusione dell’aumento di capitale”, al pari di una ridefinizione del target price, aumento per il quale sembrano rimanere molto distanti le posizioni di Diego Della Valle (socio all’8,695% ma che potrebbe rilevare le quote del “re” delle cliniche milanesi Giuseppe Rotelli, al momento forte di un 16,3% di capitale, dopo la rinuncia di quest’ultimo a sottoscrivere l’aumento) e di John Elkann, il “nipote dell’Avvocato” Agnelli che sembra voler cercare di mantenere salda la presa sui “giocattoli di carta” tanto cari al nonno, La Stampa e Il Corriere della Sera, e che però non vorrebbe dover sborsare più del dovuto. Nel caso che nessuna intesa sia trovata tra i soci il consorzio di banche organizzato da Mediobanca per garantire l’operazione rischia di ritrovarsi sul groppone fino al 30% del capitale, senza peraltro contare nulla visto che il patto di controllo tra i “grandi soci” di Rcs (oggi al 58% del capitale) non dovrebbe scendere sotto il 51% al termine dell’aumento, male che vada.

E qui, cari “lettori”, il vostro analista finanziario vede ancora una volta prevalere vecchie logiche di mantenimento del potere anche quando questo potere si esercita in forme e con strumenti che sono ormai desueti e solo in un paese arretrato e dal sistema economico/politico/sociale ingessato come l’Italia sembrano avere ancora un senso, non si sa peraltro fino a quando. Nel momento in cui l’intero settore editoriale soffre di una crisi “disruptive” legata all’implosione della raccolta pubblicitaria e al calo di vendite (ma non di lettori in senso lato, che invece continuano a crescere grazie al progressivo diffondersi della lettura delle edizioni online, anche attraverso dispositivi mobili), è quanto meno bizzarro che ai grandi “capitalisti familiari” italiani importi più conservare la maggioranza e quindi le leve del potere che non mettere in sicurezza i conti o ristrutturare le attività controllate così da garantire un futuro se non ai propri dipendenti almeno al proprio portafoglio.

O forse non è così bizzarro, visto che è esattamente l’approccio utilizzato per decenni scaricando i conti vuoi sulle banche (e da queste, come detto sopra, sulla clientela di minori dimensioni) vuoi sui contribuenti, con la richiesta di agevolazioni e sussidi a pioggia di varia natura. Ma proprio le difficoltà che ora incontrano Rcs Mediagroup e i suoi azionisti a procedere sia ad una ricapitalizzazione (che ha già visto in parallelo un accordo tra l’editore e le banche creditrici sul rifinanziamento di 600 milioni dei 902,4 milioni di euro di indebitamento netto segnato a fine marzo) sia ad una ridefinizione del business attraverso la cessione di attività ritenute non più strategiche e l’investimento in quelle che dovrebbero essere le nuove frontiere dell’editoria multimediale dimostra che il “modello Mediobanca” ha davvero il fiato corto. E che la crisi sta imponendo anche al capitalismo italiano di voltare pagina, volente o nolente.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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