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Poste Italiane, entro l’autunno il Tesoro cederà sul mercato il residuo 29,7%

Il governo vara il decreto per superare il limite di una presenza minima del 60% del Tesoro nel capitale di Poste Italiane. Così il collocamento della residua quota del 29,7% (dopo che il 35% verrà girato a Cassa depositi e prestiti), potrà aver luogo dopo l’estate…
A cura di Luca Spoldi
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Nessuna nuova, buona nuova per Poste Italiane, dopo che ieri il Consiglio dei ministri ha varato il decreto per superare il limite del precedente decreto che impediva al ministero dell’Economia di scendere sotto il 60% e procederà così al collocamento sul mercato del residuo 29,7% rimasto in mano al Tesoro dopo l’annuncio, dato lo scorso 25 maggio, del conferimento del 35% a Cassa depositi e prestiti attraverso un aumento di capitale riservato che porterà il Tesoro a salire dall’80,1% all’85% del capitale di Cdp.

Lo scorso 27 ottobre il Tesoro aveva incassato 3 miliardi di euro collocando una prima quota pari al 35% di Poste Italiane in borsa a 6,75 euro per azione.  Da allora, con qualche alto e basso, il titolo ha retto toccando un minimo di 4,98 euro il 9 febbraio, per poi risalire sino a 6,915 euro (oggi in borsa il titolo oscilla attorno a 6,85 euro per azione). Così l’attesa, legittima, è di poter incassare dopo l’estate (il collocamento dovrebbe aver luogo tra settembre e novembre), anche da questa seconda tranche, tra 2,7 e 3 miliardi.

Un’operazione che consentirà dunque di avvicinarsi all’obiettivo di raccogliere 8 miliardi di euro attraverso le privatizzazioni, ricavi che andranno a ridurre il debito pubblico, mossa peraltro poco più che simbolica visto che il debito stesso era pari a fine marzo ad oltre 2.228 miliardi e anche solo il totale dei titoli di stato da rifinanziare nel corso del 2016 è pari a 184,5 miliardi di titoli a medio-lungo termine, oltre a 115 miliardi di Bot su cui peraltro lo stato paga interessi nominali negativi (quelli reali restando di poco superiori a zero essendo l’inflazione a sua volta negativa e pari a -0,3% a maggio).

Come lo scorso anno, il Tesoro potrà cedere la quota residua anche in più tranche in base all’andamento dei mercati, attraverso un’offerta pubblica di vendita rivolta al pubblico dei risparmiatori in Italia, inclusi i dipendenti del gruppo Poste Italiane, e/o a investitori istituzionali italiani e internazionali. Ancora una volta è previsto che, per favorire la partecipazione all’offerta del pubblico indistinto dei risparmiatori e dei dipendenti, siano attivate forme di incentivazione, come bonus share per chi deterrà i titoli per un predefinito periodo di tempo o anche un prezzo differenziato per pubblico indistinto e dipendenti.

Anche le banche del consorzio di collocamento (Banca Imi, Unicredit Mediobanca, Citigroup, Bofa Merrill Lynch, Goldman Sachs, Morgan Stanley, Credit Suisse, Jp Morgan e Ubs, con Rothschild advisor della società e Lazard advisor del Tesoro) dovrebbero essere confermate in blocco. Sarà un caso ma proprio Banca Imi (che sul titolo ha un rating “add”, incrementare, con un target price di 8,1 euro per azione) ha subito commentato la notizia positivamente, sottolineando come sia da giudicare “positivamente il fatto che lo Stato italiano possa ridurre la sua quota in Poste Italiane sotto la maggioranza”.

Sempre Banca Imi, peraltro, ammette che esisteun rischio di overhang” (ossia di un eccesso di offerta) legato alla cessione dell’intera quota in blocco sul mercato, ma aggiunge subito di ritenere “che il dividend yield (4,7% sulla base delle nostre stime 2016) possa fornire sostegno all’azione”. Positiva anche Icbpi (“buy”, acquistare, con target price di 8,3 euro) secondo cui Poste Italiane può vantare un profilo di rischio basso, da “quasi-utility”, progressi nella governance “connessi all’azionariato diffuso” (dato che dopo questo secondo collocamento sarà sul mercato il 65% del capitale) ed un “piano di incentivazione di lungo termine del management” che dovrebbe garantire un impegno che non sia finalizzato ai guadagni a breve termine del titolo in borsa.

Quanto agli obiettivi industriali e finanziari, il management ha di recente ribadito che proseguirà l’attuazione del piano industriale e strategico 2015-2020, piano che prevede un fatturato di 30 miliardi di euro al 2020 (nel 2015 il giro d’affari ha in effetti già superato questo obiettivo, toccando i 30,74 miliardi di euro rispetto ai 28,51 miliardi segnati nel 2014) e un’inversione di tendenza per i margini che consenta di invertire la flessione iniziata nel 2010. Il tutto attraverso 3 miliardi di investimenti in infrastrutture e piattaforme digitali nell’arco del piano (i primi 488 milioni sono già stati investiti lo scorso anno), di cui 500 milioni per la riqualificazione e la sicurezza degli uffici postali. Se tutto questo avverrà il risultato operativo (880 milioni a fine 2015) e l’utile netto (552 milioni l’anno passato) dovrebbero salire e il management conta di poter distribuire agli azionisti dividendi annui pari ad almeno l’80% dell’utile netto.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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