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Poste Italiane e Cdp puntano su Pioneer Investments per crescere nel risparmio gestito

Mentre il tema delle privatizzazioni sembra essere stato messo in “stand by” dal governo, si fa strada l’idea di partecipare con Poste Italiane e Cassa depositi e prestiti alla campagna di cessioni che le banche, da Unicredit e Mps in giù, dovranno varare per rafforzare il capitale come richiesto dalla Bce…
A cura di Luca Spoldi
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A una settimana esatta dalle riunioni della Bank of Japan e della Federal Reserve del 21 settembre prossimo, al termine delle quali potrebbero emergere novità sia sul fronte del quantitative easing giapponese (con la BoJ che pare sempre più intenzionata a puntare su un calo dei tassi a breve tramite acquisti di titoli di stato di durata inferiore ai 10 anni più che su ulteriori titoli ultralunghi) e dei tassi statunitensi (il dibattito tra “falchi” e “colombe” sembra destinato a proseguire fino alla convocazione del Fomc la prossima settimana, anche se la maggior parte degli operatori punta ad uno slittamento del prossimo rialzo a dicembre), a Piazza Affari sono tornati a mettersi in luce i titoli del risparmio gestito.

Se FinecoBank è rimbalzata del 3,24% dopo che Kepler-Cheuvreux ha ribadito il proprio “buy” (acquistare), Anima ha chiuso a +3,37% complici le voci che danno Poste Italiane, il cui collocamento di un ulteriore 29,7% in mano al Tesoro pare definitivamente slittato all’anno prossimo per evitare la volatilità che sembra destinata a contraddistinguere i mercati con l’avvicinarsi della scadenza del referendum costituzionale italiano, interessata a rafforzarsi ulteriormente nel settore del risparmio gestito, magari rilevando da Unicredit il controllo di Pioneer Investments.

Poste Italiane è già oggi, con una partecipazione del 10,324%, il secondo maggior socio di Anima (dietro solo a Bpm, socia al 14,666%, ma davanti ai fondi Aviva e Wellington Management, entrambi appena sopra il 5%) e proprio una cordata Poste Italiane-Anima-Cassa depositi e prestiti potrebbe provare a rilevare il controllo di Pioneer Investments così da completare la “fabbrica prodotto” nel settore del risparmio gestito, integrando le competenze di Pioneer nella gestione a quelle di Anima. Questo almeno la versione “ufficiosa” pronta a diventare la motivazione ufficiale di un’eventuale offerta.

A scavare tra le dichiarazioni del sottosegretario allo Sviluppo Economico, Antonello Giacomelli, dichiaratosi “non entusiasta della prima tranche” di privatizzazione di Poste Italiane “e della seconda per niente”, si capisce che il tema delle privatizzazioni, fino a pochi mesi fa giudicato una carta spendibile per cercare di rientrare nei parametri Ue, è stato accantonato dal governo Renzi, che spera di incontrare minori resistenze in Europa per ottenere ulteriore “flessibilità”, ossia una dilazione dei tempi per raggiungere gli obiettivi prefissati in termini di deficit/Pil e debito/Pil (rapporto che nonostante tassi sotto zero, in emissione, per larghi tratti della curva, fatica a scendere stante la sostanziale staticità del Pil italiano).

Se si può procedere con minor fretta a riequilibrare i conti, sembra il ragionamento dell’esecutivo, meglio concentrarsi sulla messa in sicurezza delle maggiori banche italiane, trovando una strada alternativa alla bad bank sistemica, ad esempio partecipando con Poste Italiane e Cassa Depositi e Prestiti alla campagna di dismissioni di asset e di Npl che gli istituti tricolori si preparano a varare, a cominciare proprio da Unicredit. Se il caso Mps è serio, con un Texas Ratio (rapporto tra le sofferenze lorde e il patrimonio netto tangibile aumentato delle svalutazioni già effettuate sulle sofferenze stesse) pari al 295% e 47 miliardi di sofferenze lorde complessive, Unicredit con un Texas Ratio del 93% è apparentemente solido, ma resta esposto per 62 miliardi di euro in valor assoluto.

Fare cassa e contemporaneamente rafforzare il capitale è dunque imperativo e Pioneer Investments può essere un boccone appetibile, anche se non è detto che i potenziali acquirenti, tra cui colossi internazionali come Amundi ed Allianz, siano disposti a valutarlo i 3 miliardi che sembra volere Unicredit per il 100R%. Poste-Anima-CdP non avrebbero problemi ad affrontare un simile esborso (che avrebbe già fatto fare un passo indietro a gruppi come Banca Generali), magari dando vita ad un veicolo finanziario ad hoc su cui scaricare il debito necessario a pagare parte dell’operazione.

In questo modo Jean Pierre Mustier potrebbe limitare l’aumento di capitale da chiedere al mercato (in concorrenza con Mps), mantenendo probabilmente anche una piccola partecipazione (10%-20%) nel nuovo polo del risparmio gestito che vedrebbe la nascita, mentre Renzi e Pier Carlo Padoan dormirebbero sonni più tranquilli sapendo che il controllo di uno dei principali acquirenti di titoli di stato italiani resterebbe in Italia (ancor più dal momento che anche la possibile fusione di Generali in Axa pare a sua volta stoppata), per di più con un diretto legame col Tesoro, che a quel punto si troverebbe nel ruolo di emittente e al tempo stesso di acquirente di propri titoli di debito.

Quello che potrebbe non balzare subito all’occhio ai risparmiatori-contribuenti italiani, accusati in questi giorni anche dalla Consob (oltre che tempo fa dal governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco) di avere una scarsa cultura finanziaria e, in sostanza, di non saper valutare correttamente rischi e rendimenti, è che in questo modo il rischio di un futuro rialzo dei tassi resterebbe ancor più in mani italiane, ossia sulle spalle degli stessi contribuenti-investitori, per di più di quella parte di loro che finora si era rivolta al risparmio postale, non propriamente abituata ad investimenti a rischio. Cosa non farebbe il “palazzo” per tenere quel diavolo del mercato fuori dalla porta di casa: a nessuno viene da chiedersi perché e a vantaggio di chi?

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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