video suggerito
video suggerito
Conflitto Israele-Palestina e in Medio Oriente

Perché una guerra tra Iran e Israele rischia di far salire alle stelle il prezzo del petrolio

“Lo stretto di Hormuz – spiega Davide Tabarelli – potrebbe essere coinvolto in caso di escalation tra Iran e Israele. Ciò vorrebbe dire che le grandi petroliere – che transitano da lì per raggiungere i porti europei – sarebbero costantemente minacciate. In questo caso il prezzo del petrolio potrebbe schizzare a 130, o persino 200 dollari al barile”.
Intervista a Davide Tabarelli
Economista e presidente di Nomisma Energia
A cura di Davide Falcioni
12 CONDIVISIONI
Immagine
Attiva le notifiche per ricevere gli aggiornamenti su

Un allargamento della guerra in Medio Oriente rappresenterebbe una seria minaccia per l'economia globale e, nel concreto, per le tasche di decine di milioni di cittadini, anche in Europa. Diversamente da quanto accaduto con i conflitti in Ucraina e a Gaza, infatti, un'escalation tra Iran e Israele potrebbe determinare un netto aumento del prezzo del petrolio e di conseguenza anche dei suoi derivati, come carburanti, materie plastiche, prodotti chimici e fertilizzanti, innescando un effetto domino per tutti i comparti dell'economia. È questa – più che le conseguenze umanitarie sulle popolazioni civili coinvolte dai combattimenti – la principale ragione per cui le diplomazie sono al lavoro per cercare di scongiurare il peggio.

L'economista Davide Tabarelli
L'economista Davide Tabarelli

Secondo Davide Tabarelli, economista e presidente di Nomisma Energia, le ripercussioni delle guerre scoppiate negli ultimi anni sul prezzo del greggio sono state tutto sommato contenute. "Dovessi scrivere la storia dell'industria petrolifera globale – dice l'analista – direi che – nonostante le tre principali guerre in corso, ovvero quella in Ucraina, quella a Gaza e quella nel Mar Rosso – i prezzi del petrolio negli ultimi mesi si sono stabilizzati intorno ai 75/80 dollari al barile. Questo avviene perché c'è molta più offerta rispetto al passato. Negli ultimi 50 anni il prezzo del greggio si è via via affrancato dalle vicende geopolitiche, soprattutto grazie alla maggiore efficienza del mercato e a una produzione che si è diversificata in tutto il mondo e non è più concentrata nel solo Medio Oriente".

Rispetto al passato, dunque, l'andamento del prezzo del greggio risente molto meno dei conflitti armati ed è un dato di fatto che oggi una parte del Medio Oriente, a partire dall'Arabia Saudita, è molto più vicina all'Occidente rispetto ai decenni scorsi, garantendo un costante afflusso di "oro nero" anche alle economie più ricche del globo. Ciononostante i rischi di uno shock sono sempre dietro l'angolo. "Lo stretto di Hormuz – spiega ancora Tabarelli – potrebbe essere coinvolto in caso di escalation tra Iran e Israele. Ciò vorrebbe dire che le grandi petroliere – che transitano da lì per raggiungere i porti europei – sarebbero costantemente minacciate. In questo caso il prezzo del petrolio potrebbe schizzare a 130, o persino 200 dollari al barile".

Lo stretto di Hormuz
Lo stretto di Hormuz

Se venissero a mancare le importazioni di greggio dal Golfo Persico, e parliamo di 15 milioni di barili al giorno su una domanda totale di 102 milioni, i guai sarebbero seri. Nonostante la transizione energetica, infatti, la relazione tra economia globale e petrolio è sempre molto forte. "Noi più anziani ci ricordiamo bene cosa accadde con lo shock degli anni '70. Prezzi della benzina triplicati e inflazione alle stelle. Anche in questo caso le conseguenze sarebbero simili – mette in guardia Tabarelli -. Raddoppierebbe il prezzo dei carburanti, ci sarebbe un aumento dell'inflazione, poi finiremmo in recessione e la disoccupazione salirebbe alle stelle. Nel concreto, per le famiglie significherebbe ricevere bollette altissime e un forte incremento dei prezzi dei beni di consumo più comuni".

"In Europa – conclude il presidente di Nomisma – siamo ancora dipendenti dalle importazioni di petrolio dall'estero. Il 95% della domanda di energia nel settore dei trasporti è coperta da derivati del petrolio. Questo significa che non abbiamo alternative, al momento. Anche per questo è necessario accelerare la transizione energetica e diversificare le fonti di approvvigionamento".

12 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views