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Opinioni

Perchè le banche sono destinate a rimanere sotto i riflettori in Italia e in Europa

In tutta Europa il risiko finanziario è in pieno svolgimento e l’Italia non fa eccezioni, con Unicredit che colloca un altro 20% di FinecoBank in borsa e si prepara a cedere Pioneer Asset Management. In arrivo anche tagli del personale…
A cura di Luca Spoldi
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La Brexit da una parte, la possibile fine dell’era del “denaro a costo zero” (o sotto zero) anche in Europa dall’altra e in mezzo le banche europee, alle prese chi più chi meno con la necessità di concludere (in alcuni casi avviare) quel processo di ristrutturazione e consolidamento che le banche statunitensi hanno affrontato negli anni immediatamente successivi alla crisi del 2008-2009. Sono queste le ragioni che continuano a tenere il settore finanziario europeo sotto i riflettori dei mercati finanziari, con un andamento fortemente volatile delle quotazioni e conseguenze sempre più pesanti anche sul fronte occupazionale.

Le grandi banche europee, come pure le grandi assicurazioni del vecchio continente, sono in cerca di mezzi freschi e stanno quindi procedendo a cedere asset ritenuti non più strategici. Lo stato olandese, che controlla Abn Amro, per ora avrebbe rifiutato le avences di Nordea Bank ma non è detto che non cambi idea. Deutsche Bank il mese scorso ha raggiunto un accordo per cedere la controllata Abbey Life a Phoenix Group per 1,1 miliardi di sterline.

La richiesta di pagamento di una maxipenale da 14 miliardi di dollari da parte del Dipartimento di Giustizia Usa ha poi fatto nuovamente aumentare la pressione col governo Merkel che sembra intenzionato a veder chiusa al più presto la vicenda, in modo che la principale banca tedesca possa poi tornare a concentrarsi sulla ristrutturazione di un modello di business, quello della banca universale, che si è rivelato troppo rischioso.

Nel frattempo, anche in vista di una Brexit che se “dura” potrebbe costare molto cara alla Gran Bretagna (ma non fare bene neppure all’Unione europea), anche Axa e Aegon hanno preferito cedere i propri asset nel settore delle assicurazioni Vita in Gran Bretagna, mentre Unicredit ha avviato la campagna di cessioni cedendo quote di minoranza delle proprie partecipate estere (Bank Pekao e Yapi Kredi) sin dall’estate e si prepara ora a lasciare Pioneer Asset Management in mano ai francesi di Amundi.

I francesi sarebbero pronti, si dice, a valutare Pioneer Asset Management 4 miliardi di euro, ma se prevalessero considerazioni “patriottiche” sulla strategicità del controllo di un gestore che ha “in pancia” alcune decine di miliardi di titoli di stato italiani in cui sono investiti parte dei circa 280 miliardi di euro di masse gestite potrebbe ancora prevalere la cordata Poste Italiane-Anima-CdP.

Una decisione è attesa a breve, nel frattempo Unicredit ha sciolto nodo sul destino di FinecoBank, la banca multicanale che pareva piacere al gruppo Generali (controllante di Banca Generali). Una nota ha infatti annunciato stasera che Unicredit ha avviato un accelerated bookbuilding sul 20% di FinecoBank (finora controllata al 55,5%) e che continuerà a controllare e consolidare il restante 35% circa (su cui è stato sottoscritto un impegno di lock-up di 360 giorni, che di fatto ne blocca ogni ulteriore cessione).

In teoria da domattina FinecoBank è una public company ed è pertanto scalabile da qualsiasi gruppo che voglia mettere le mani sulla sua rete di consulenti finanziari e sulla sua piattaforma online, in pratica Unicredit fa ancora cassa e si prende un anno di tempo per vedere se un’intesa potrà trovarsi con Generali o altri per il passaggio del controllo. Fin qui però si tratta solo di passaggi di società da un gruppo all’altro: ma per far quadrare i conti dei grandi gruppi finanziari europei il solo “risiko” non sembra bastare.

Così ecco che appaiono con sempre maggiore frequenza gli annunci di nuove riduzioni di filiali e di personale, come già segnalato. Il Credit Suisse ha già annunciato 2 mila tagli, Deutsche Bank tra quest’anno e il prossimo eliminerà 9 mila posti di lavoro e si prepara a ulteriori cessioni tra cui probabilmente PostBank (rilevata solo 5 anni or sono), Commerzbank si preparerebbe a tagliare fino a 5 mila posti di lavoro, fondere alcune delle attività di investment banking e ridurre il numero delle unità operative da quattro a tre.

Proprio oggi Lloyds Banking Group, dopo aver annunciato 3 mila licenziamenti in luglio, ha annunciato altre 1.230 riduzioni nette (contando che ci saranno anche 110 assunzioni i licenziamenti riguarderanno dunque 1.340 persone). Per ora in Italia nessuno sembra voler affrontare il tema, ma difficilmente le quattro “good bank” nate dalla risoluzione di Banca Marche, Banca Etruria, CariChieti e CariFerrara, sempre che trovino un acquirente, potranno evitare una cura dimagrante.

Cura dimagrante che potrebbe toccare anche a Banca popolare di Vicenza e Veneto Banca, entrambe salvate dall’intervento del fondo Atlante. Il punto interrogativo più grande continua a riguardare Mps, ma nessun istituto sembra al momento al sicuro da possibili riduzioni d’organico, da Banco Popolare-Bpm (che sabato mattina riuniscono le rispettive assemblee per varare una fusione preannunciata ormai da un anno) allo stesso Unicredit o Intesa Sanpaolo.

Poiché a pensar male si fa peccato ma spesso ci si becca, la sensazione è che la questione sia destinata ad esplodere agli inizi del prossimo anno, una volta che il referendum costituzionale del 4 dicembre sia alle spalle, qualunque sia il suo esito, e che la legge di stabilità sia stata varata, qualunque siano le ipotesi più o meno attendibili su cui la manovra di quest’anno si baserà. A quel punto si dovrebbe anche capire meglio verso che tipo di separazione andranno Gran Bretagna e Unione europea e se da questo evento, comunque traumatico, potranno anche nascere, o meno, opportunità per le banche e le imprese italiane.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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