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Perché la Germania può spendere 200 miliardi per combattere il caro bollette e noi no

La decisione del governo tedesco di stanziare 200 miliardi per combattere l’aumento dei prezzi dell’energia è stato molto criticato dall’Italia. Il vero motivo? Perché noi non ce lo possiamo permettere.
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I fatti, prima di tutto. Nei giorni scorsi, il governo tedesco ha deciso di stanziare 200 miliardi di euro per aiutare imprese e famiglie a far fronte all’aumento dei prezzi dell’energia, in seguito allo stop alle forniture di gas provenienti dalla Russia, principale mercato di fornitura per l’economia della Germania. È stata una mossa, questa, molto criticata in Italia, sia dall’attuale presidente del Consiglio Mario Draghi, sia da Giorgia Meloni, che con ogni probabilità gli succederà a breve. Il motivo di tale critica, da parte di entrambi, è che tale mossa allontana la possibilità di una “soluzione europea”, ossia l’adozione di una misura che metta un tetto al prezzo del gas.

Si tratta di una soluzione, quest’ultima, figlia di un compromesso non impossibile, – il consiglio d'Europa ha dichiarato di aver trovato un accordo per una risposta comune sul caro bollette e che sta discutendo ancora di price cap –  ma che sicuramente molto difficile da raggiungere – serve l’unanimità per prendere una decisione che valga per tutti – a causa della contrarietà di molti Paesi dell’Unione Europea, in primis l’Ungheria di Viktor Orban, che con Putin continua a mantenere un rapporto quantomeno ambiguo e l’Olanda, Paese in cui si trova la Borsa di Amsterdam, quella in cui si forma e viene stabilito il prezzo del gas. Non solo: anche la Germania è apparsa molto critica rispetto alla soluzione del “price cap”, temendo che un tetto al prezzo faccia finire il gas altrove, lasciando senza energia il suo gigantesco – ed energivoro – apparato industriale.

Per l’Italia, invece, la soluzione del “price cap” è l’unica via per evitare di dover intervenire di tasca propria per coprire gli aumenti dei prezzi per famiglie e imprese, manovra possibile solo con un poderoso scostamento di bilancio, ossia una richiesta di deviazione rispetto agli obiettivi di medio termine fissati dai documenti di economia e finanza predisposti dal governo.

Si tratta, questa, di una scelta che il governo Draghi ha finora evitato di intraprendere per due ordini di ragioni. Il primo: perché s’è fatto finora ampio ricorso agli scostamenti di bilancio per combattere il crollo del prodotto interno lordo causati dalle restrizioni per arginare la pandemia di Covid-19 – circa 100 miliardi nel solo 2020, cui sono seguite ulteriori richieste di scostamento pluriennali nel corso del 2021. Il secondo: perché queste spese hanno fatto impennare il nostro debito pubblico di oltre 20% percentuali nel giro di due anni, debito che attualmente è pari a circa il 151% del prodotto interno lordo.

Ed è proprio in ragione dello stato dei conti pubblici italiani rispetto a quelli tedeschi che noi non possiamo permetterci una manovra come quella tedesca. Basta un rapido confronto tra i conti pubblici dei due Paesi per rendersene conto.

La Germania ha un debito pubblico che in valore assoluto è poco inferiore a quello italiano – 2300 miliardi circa contro il 2700 italiani -, ma un prodotto interno lordo più che doppio rispetto al nostro. Il risultato è che il loro rapporto debito/Pil è pari al 69%, mentre il nostro è al 151%. Questo è il motivo per cui i titoli di stato tedeschi, i cosiddetti bund, sono considerati più sicuri dai mercati e vengono quindi venduti con un tasso d’interesse molto più basso rispetto ai Btp italiani.

La differenza dei due tassi d’interesse, il cosiddetto “spread” è oggi pari a 250 punti base, ed è il secondo motivo per cui è motivo per cui per l’Italia non può permettersi una manovra come quella tedesca. Per noi indebitarci è molto più costoso, e ogni euro di debito in più aumenta la spesa per interessi che dobbiamo sostenere per ripagare il nostro debito. A sua volta, più aumenta il debito e la nostra spesa per interessi, più aumenta lo spread e il costo per l’indebitamento, come un cane che si morde la coda.

Il terzo motivo per cui l’Italia non può e non vuole indebitarsi per pagare le bollette a imprese e famiglie è legato proprio all’andamento dei prezzi. Una fase di iper inflazione come quella attuale, pur con tutti i suoi problemi, rappresenta infatti un vantaggio per chi è sovra-indebitato come lo Stato italiano. Più una moneta si deprezza, più scende anche il costo del debito da ripagare. Per un Paese come l’Italia questo è il momento migliore per ridurre il debito, in altre parole. Per un Paese come la Germania, invece, che sovra indebitato non è, questo è il momento migliore per indebitarsi.

Piccolo inciso: quella in cui ognuno va per sé è esattamente quell’Europa delle nazioni che vorrebbero i partiti e i leader “sovranisti” come Giorgia Meloni e Matteo Salvini. Quelli che, quando gli altri vanno per sé, si lamentano della scarsa solidarietà europea. E in fondo, il grande problema del sonvranismo italico è tutto qua: che noi, a differenza degli altri, non ce lo possiamo permettere.

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Francesco Cancellato è direttore responsabile del giornale online Fanpage.it e membro del board of directors dell'European Journalism Centre. Dal dicembre 2014 al settembre 2019 è stato direttore del quotidiano online Linkiesta.it. È autore di “Fattore G. Perché i tedeschi hanno ragione” (UBE, 2016), “Né sfruttati né bamboccioni. Risolvere la questione generazionale per salvare l’Italia” (Egea, 2018) e “Il Muro.15 storie dalla fine della guerra fredda” (Egea, 2019). Il suo ultimo libro è "Nel continente nero, la destra alla conquista dell'Europa" (Rizzoli, 2024).
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