Perché il pagamento del gas in rubli è un autogol per la Russia di Putin
"Alla fine Mosca cederà e non ci farà pagare il gas in rubli". Nicola Borri, professore di Asset Pricing all'Università Luiss, ne è convinto. Intervistato ai microfoni di Fanpage.it ci chiarisce cosa vuol dire la mossa del presidente Putin, quali effetti ha avuto sull'economia russa e quali conseguenze può portare per il nostro approvvigionamento di gas. Al contrario di quanto si dice di solito il professore è convinto che sia l'Europa, alla fine, ad avere il coltello dalla parte del manico. Per questo il caro-energia non dovrebbe finire per strozzare del tutto le nostre economie.
Che succede se l'Italia e l'Europa continuano a rifiutarsi di pagare il gas in rubli?
In una situazione normale questo problema non esisterebbe: cambieremmo gli euri in rubli e pagheremmo. Certo in una situazione come questa in cui ci sono le sanzioni, per soggetti privati russi è meglio ricevere rubli, che non sono soggetti al tracciamento. La principale ragione di questa mossa di Putin è in un certo modo aggirare le sanzioni. La seconda ragione è legata alla provocazione politica. Comunque alla fine conviene più alla Russia vendere il gas a noi che viceversa e quindi alla fine il coltello dalla parte del manico lo abbiamo noi. Per loro le materie prime vendute sono la prima fonte di entrata pubblica e noi europei compriamo la gran parte del loro gas. Quindi alla fine se noi diciamo: noi paghiamo in euro e basta, credo che alla fine cederanno e accetteranno questo pagamento.
Anche perché si tratta di una violazione contrattuale, come ribadito dai governi europei.
In questo momento con un Paese come la Russia è difficile utilizzare vie legali, quindi è più una questione di soft power. Si tratta assolutamente di una violazione contrattuale, ma ora ciò su cui dobbiamo concentrarci come Italia ed Europa è diversificare le fonti energetiche, limitando l'import dalla Russia.
Se si fermano le forniture dalla Russia, però, il prezzo del gas vola?
Il prezzo dipenderà in generale dall'evoluzione della guerra e in tal senso negli ultimi giorni sembra che ci siano degli spiragli positivi, anche se è tutto ancora da verificare. Se i governi europei decidessero di interrompere le importazioni dalla Russia il prezzo nell'immediato aumenterebbe ulteriormente. Però non è detto che sia una cosa negativa solo per l'Europa: indebolirebbe notevolmente anche Mosca.
Secondo il presidente di Nomisma Davide Tabarelli, con uno stop delle importazioni di gas e benzina l'inflazione schizzerebbe al 14% e il carburante oltre i 3 euro al litro.
La questione è che nel brevissimo periodo saremo ancora molto dipendenti dal gas russo: quindi se all'improvviso decidessimo di non importarlo più dovremmo comprarlo da altri soggetti. A quel punto la domanda aumenterebbe di molto, così il prezzo. Ma dobbiamo pensare anche un po' al medio termine, ai prossimi due anni: potremmo iniziare sul serio a interrompere le forniture dalla Russia con una prospettiva un pochino spalmata nel tempo. In questo caso non avremmo il prezzo che schizza verso l'alto, indeboliremmo la Russia e avremmo anche tecnologie alternative. Ci vuole tempo, ma nella Storia si è visto che proprio quando ci sono queste situazioni che un Paese come l'Italia si ingegna.
Intanto la scelta di Putin ha fatto salire il valore del rublo: un palliativo per un'economia ancora a rischio default o un vero cambio di passo?
Il valore del rublo ora è molto dubbio: il mercato di riferimento è molto liquido, quindi cambia rapidamente. Per la maggior parte degli investitori, poi, è molto difficile comprare i rubli, quindi il prezzo non è informativo. L'effetto sull'economia russa di questa mossa è nullo, rimane il rischio default come prima. Dipenderà anche molto dalle decisioni che prenderanno il governo e le aziende russe. Ci sono obbligazioni governative e anche molte obbligazioni corporate aziendali che sono in mano ad investitori internazionali. Si tratta di un fattore di rischio enorme per Mosca ora.