Perché è crollato il Bitcoin e cosa può succedere adesso
Negli ultimi anni, il Bitcoin e le altre criptovalute come Ethereum, Ripple ed Eos, hanno goduto di una notevole crescita sia nelle quotazioni, sia in termini di popolarità: un recente sondaggio effettuato da Greyscale Investments ha rivelato infatti che il 26% degli investitori intervistati possiede già Bitcoin e il 59% sarebbe interessato ad investire in Criptovalute. Tuttavia, dalla fine del 2021 a oggi il prezzo del Bitcoin è crollato, seguendo l’andamento dei mercati finanziari tradizionali, i quali hanno subito pesanti rivalutazioni a causa delle pressioni inflazionistiche.
La scorsa settimana, i mercati finanziari hanno vissuto la peggiore settimana dal Marzo 2020 nei giorni in cui il mondo intero andava in lockdown. Ciò è successo a causa dell’attività delle tre maggiori Banche Centrali al mondo (Fed, Bce, Boe) che, guidate dalla Federal Reserve hanno alzato i tassi di interesse nel tentativo di abbattere l’inflazione, arrivata ormai a livelli record. Nella stessa settimana, per la precisione il 18 giugno, il prezzo del Bitcoin ha rotto la soglia dei 20000 dollari per la prima volta dal Novembre 2020 cancellando 3 anni di guadagni a tutti coloro che avevano acquistato la principale Criptovaluta come un investimento di lungo termine.
Perché è crollato il valore del Bitcoin
In quelle che sono le tradizionali dinamiche di mercato, il valore delle azioni (considerate un asset ad alto rischio) diminuisce all’aumentare dei rendimenti dei Titoli di Stato (considerati invece investimenti a basso rischio); questo perché un investitore razionale aumenta la propria propensione al rischio nel momento in cui varrà la pena correre tale rischio per ottenere un rendimento più elevato. Sono stati quindi i bassi rendimenti dei titoli a basso rischio a portare in alto le quotazioni di asset considerati più rischiosi come azioni di aziende giovanissime o le stesse Criptovalute negli ultimi anni?
In uno scenario macroeconomico a bassa inflazione (come quello che abbiamo vissuto nell’ultimo decennio) i rendimenti dei titoli a reddito fisso sono ovviamente molto bassi e questo porta gli investitori a spostarsi su asset più rischiosi per ottenere rendimenti più elevati, valutando gli stessi sulla base di ciò che questi varranno in futuro. Il boom delle aziende tecnologiche cui si è assistito si basa sugli utili che le stesse aziende genereranno in futuro. Se a ciò si aggiunge l’incredibile massa di liquidità che le stesse Banche Centrali hanno immesso nel sistema attraverso gli stimoli monetari negli ultimi anni diventa semplice concludere come mai abbiamo assistito a tali apprezzamenti. In uno scenario inflazionistico invece la promessa di utili futuri non è più sufficiente a convincere l’investitore, poiché il denaro sta perdendo valore nel tempo.
Cosa succede adesso: le previsioni sul futuro
Le criptovalute si stanno comportando in modo correlato a quello che è l’andamento delle azioni tecnologiche: si sono apprezzate a causa di previsioni future molto ottimistiche (date in questo caso dalla promessa di applicazioni future della tecnologia Blockchain sottostante le stesse) e stanno ora subendo una violenta correzione, a causa della rampante inflazione che ha reso tali aspettative molto più remote.
In questo contesto di mercato quindi, le criptovalute perdono valore più velocemente di quanto aumenti l’inflazione, mostrandoci che la tesi secondo cui sarebbero un’ottima copertura dalla stessa perché “monete” scollegate dalla Politica Monetaria sia fallace: il cosiddetto oro digitale si comporta come fa la sua controparte fisica, ovvero perde valore al crescere dei rendimenti reali offerti dal mercato (rendimenti al netto dell’inflazione). Ciò avviene poiché tale aumento è finalizzato a frenare l’attività economica: distruggere la domanda frena l’inflazione, ed è per questo che la presenza dell’oro nei portafogli degli investitori diviene sempre meno necessaria all’aumentare di tali rendimenti.
Come le aziende tecnologiche e l’oro però, le criptovalute non sono prive di valore. È molto più probabile che sia in atto un processo di “pulizia” dagli asset fin troppo speculativi figli dell’eccesso di liquidità di cui si parlava sopra. La preoccupazione più grande rimane però quale sarà l’effetto sugli investitori amatoriali che hanno fatto il pieno di Criptovalute negli ultimi due anni. Il 55% di chi detiene Bitcoin ha infatti iniziato a investire negli ultimi 12 mesi e il 94% hanno tra i 18 e i 40 anni, ovvero le fasce demografiche meno ricche.