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Per un’impresa su due il Pnrr non avrà alcun impatto nel primo semestre del 2022

Le aziende, secondo l’Istat, vedono distanti gli effetti dei fondi europei sulla crescita, mentre continuano a preoccupare bollette e caro-materiali.
A cura di Giacomo Andreoli
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Al di là della retorica, il mondo delle imprese non sembra credere alla spinta propulsiva del Pnrr. O almeno non nel breve periodo, cioè da qui ai prossimi cinque mesi. Lo certifica l'Istat, secondo cui moltissime delle misure che rientrano nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, per circa il 50% delle aziende non hanno nessuna «rilevanza» come fattore di sostegno nella produzione di beni e servizi nel primo semestre del 2022.

Il caro-bollette e l'aumento del prezzo delle materie prime continuano a preoccupare gli imprenditori, con i capitoli "digitalizzazione", "rivoluzione verde" e "infrastrutture e mobilità sostenibili" del Piano italiano che vengono ritenuti incapaci di trainare le loro attività. Vero fattore di sostegno è invece considerato quello della domanda interna, in netto aumento nell'ultimo anno. Il 61% delle unità produttive (con circa 11,7 milioni di addetti) le assegna un'importanza elevata, mentre solo il 16,9% ritiene che non abbia alcuna rilevanza (modesta per il 22,1%).

A portare in alto la ripresa dei consumi è il miglioramento della situazione pandemica. Proprio in tal senso, secondo l'Istituto di statistica, oltre l'80% delle imprese prevede una situazione di completa (41,3%) o quanto meno parziale (39,5%) solidità da qui a giugno 2022. Il 9,4% delle aziende ha poi assunto più persone nella seconda metà del 2021, mentre un altro 12,1% sta assumendo in questo momento. Ma tra chi aumenta il personale quasi due su tre segnala difficoltà a reperire le competenze necessarie. Nel corso del 2022, quindi, circa sei imprese su dieci prevedono una serie di investimenti in capitale umano e formazione, mentre la metà delle aziende spenderà per garantire la sostenibilità ambientale.

Migliora invece la percezione sull'utilizzo dello smart working, attorno al quale la politica continua a discutere animatamente. Se nel 2020 solo il 22,8% degli imprenditori la considerava una svolta positiva, ora il numero è salito al 42,5%. Questo anche se la metodologia di lavoro da casa nella seconda metà del 2021 è stata usata molto meno rispetto ai mesi precedenti. In particolare, tra luglio e dicembre dello scorso anno, la quota di imprese che ha dichiarato di aver usato il lavoro a distanza è del 6,6%, a fronte dell'11,3% registrato nello stesso periodo del 2020. Dichiarano di utilizzarlo il 4,4% delle micro-imprese e il 10,9% delle piccole, mentre la quota raggiunge il 31,4% per le medie e il 61,6% per le grandi.

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