Il vuoto che non vuole andare via non ce l’ha fatta, il vuoto che avanza non sembra in grado di farcela: la crisi politica italiana continua ad avvitarsi su se stessa tra tatticismi, “meline”, tentazioni di “inciucissimi” all’italiana, sberleffi e velleitarismi neomillenaristici di ogni sorta. Nel frattempo i mercati hanno già mandato un primo avviso, con lo spread tra Btp e Bund tornato a sfiorare il 3,6% annuo prima di ridiscendere leggermente sotto il 3,5% con un rendimento del titolo decennale italiano del 4,74% che resta per fortuna distante dal 6,6% toccato nel luglio dello scorso anno (e ancor più al 7,365% raggiunto il 25 novembre 2011), evitando per ora che il governo in carica (che secondo il premier Mario Monti “non vede l’ora di venire sollevato dall’incarico”) vari manovre aggiuntive oltre a quelle già in itinere come, da luglio, l’aumento dell’Iva di un ulteriore punto percentuale e l’introduzione della Tares (con relativi aumenti programmati dell’imposizione fiscale fino al 20% rispetto alle vecchie Tarsu e Tia).
Il guru del vuoto che avanza sostiene che in realtà la colpa non è del suo movimento che continua a rifiutarsi di appoggiare un governo a guida PD o PDL (o peggio che mai un inciucissimo), ma dei due maggiori partiti italiani che non accettano di farsi da parte (rovesciando il risultato delle urne che hanno visto PD e PDL prendere nel complesso circa il doppio dei voti di M5S in cambio del bene comune) e, cosa più importante, che è tutto un teatrino visto che autonomamente il Parlamento potrebbe votare pochi provvedimenti realmente “innovativi”, dall’ineleggibilità di Silvio Berlusconi ad una legge sul conflitto d’interessi, dalle misure urgenti per le Pmi ai tagli delle Province, per poi trovare un accordo su una nuova legge elettorale e tornare a votare nel giro, si presume, di un annetto. Il discorso non manca di un suo fascino, ma conferma come non sarà da M5S, almeno non adesso e non così, che potranno giungere risposte concrete e fattive alla crisi economica che attanaglia l’Italia e gran parte dell’Europa.
Una crisi che la politica europea ha aggravato, come nota Alessandro Fugnoli di Kairos Partners, non solo sbagliando “ricetta” (si è puntato sulla repressione fiscale e contemporaneamente su una stretta creditizia per mettere in sicurezza, riducendoli, sia l’indebitamento pubblico sia quello privato, due percorsi in astratto corretti e da seguire che però non possono avvenire in contemporanea e su tempi brevi, pena come è poi successo lo sprofondamento delle economie più deboli e indebitate in una recessione che rischia di trasformarsi in una vera e propria depressione economica), ma soprattutto di aver ripetutamente violato una serie di regole, finendo col dimostrare che il continente più burocratico e amante delle regole del mondo è privo di norme cogenti (e stabili) che regolino il potere politico e quello finanziario, con le conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti da quasi tre anni (e di cui la crisi di Cipro e le sue continue giravolte non sono che l’ennesima tragica conferma).
Secondo Fugnoli “probabilmente ce la caveremo in qualche modo stando al traino della crescita di Asia, America e Africa e grazie all’allentamento della disciplina fiscale. Nel breve, un accordo per un governo in Italia potrebbe allentare parecchio la tensione in tutta Europa”, ma non essendo possibile “escludere a priori altri incidenti di percorso nei prossimi anni”, l’invito dell’analista è di “diversificare strategicamente il portafoglio e renderlo gradualmente meno eurocentrico”. Invito che sottoscrivo e rilancio, ma resta un punto: che fare per rilanciare l’economia “reale”, al di là degli opportuni aggiustamenti dei portafogli finanziari? Chi rischia di più è purtroppo la generazione “perduta”, chi oggi ha tra i 15-20 anni e i 35-40 anni: troppo vecchi per attendere fiduciosi che la crisi passi dopo uno o due altri “decenni alla giapponese”, troppo giovani per aver qualcosa da difendere con le unghie e coi denti, questi milioni di europei (ed italiani) si stanno non a caso buttando in massa verso posizioni populiste (M5S in Italia, Syriza in Grecia).
Si sfogava stamane un’amica, trentenne, per nulla choosy e madre di un bimbo di due anni: “Visto che quello che c'è ora fa talmente schifo, non mi rimane che la speranza per un domani migliore. Mi rimane la speranza che la mia generazione di “trentenni indolenti figli degli anni 90, del calcio e di Berlusconi” ne abbia piene le scatole come me e sia pronta a lottare. Ho un figlio di 2 anni e vivamente spero che per lui si riaprano delle possibilità di crescita e di successo che io purtroppo non ho avuto e non sto tutt’ora avendo”. Ecco: l’Italia, dove la produttività e il Pil continuano a calare anziché risalire (ma va’?) dopo la “cura Merkel” somministrata, per adesione intellettuale o perché non era possibile fare diversamente in quel frangente, da Mario Monti, è ad un bivio e ne è consapevole, anche più della sua classe “digerente”. Speriamo solo che il vuoto che avanza si riempia presto di contenuti e strategie razionali e fattive, perché, purtroppo, con 2 mila miliardi di debito (di cui oltre 142 miliardi andranno rinnovati solo tra aprile e agosto prossimi) lo spazio per ogni incertezza, “melina” o tatticismo di sorta non è minimo, è inesistente.