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Per la prima volta cala anche la spesa degli italiani per il gioco

Prima battuta d’arresto per il mercato dei giochi in Italia: cala il fatturato e diminuisce la spesa pro capite. Ma i costi sociali restano elevatissimi.
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Fine della corsa anche per il settore del gioco pubblico: dopo 8 anni di crescita ininterrotta, infatti, anche il fatturato complessivo del mercato dei giochi cala vistosamente. Rispetto allo scorso anno si registra un calo di quasi due punti e mezzo percentuali, con il fatturato che si ferma a quota 85,4 miliardi di euro ed indicatori in passivo per la quasi totalità dei "giochi". Si comincia dalle lotterie tradizionali e da quelle istantanee, in calo dell'1,2%, passando poi alle scommesse sportive (raccolta ferma a 5,5 miliardi e calo del 5%), fino ad arrivare alle scommesse ippiche, giù del 16,5%, e ai giochi numerici come il Superenalotto (meno 22 percento rispetto al 2012) e il bingo (che crolla del 15,5%). Tiene il settore del gioco online, con 550 milioni di euro di raccolta complessiva, mentre avanza solo il Lotto che guadagna due punti percentuali rispetto al 2012 ed una raccolta che sale ad oltre 6,3 miliardi.

A sorpresa giù anche il fatturato delle newslot, che comunque incassano circa 25 miliardi di euro, mentre le nuove videolottery registrano giocate per 21,5 miliardi di euro. È interessante constatare che da tale situazione derivano non solo minori entrate per i concessionari (il totale della spesa effettiva si ferma a 16,7 miliardi di euro) e minori "rientri" nelle tasche degli italiani (ovviamente a percentuale costante), ma anche una diminuzione delle entrate erariali, che si fermano a quota 7,8 miliardi. In sostanza lo Stato dovrà rinunciare a circa 200 milioni di euro di entrate, proprio mentre il Parlamento ha appena messo nero su bianco alcune modifiche ai meccanismi di tassazione / concessione / gestione del comparto e sempre nelle more di una ristrutturazione complessiva che, come vi abbiamo raccontato, continua ad essere necessaria (almeno se si vuole affrontare in maniera organica il "problema"). Basti solo pensare al fatto che "negli ultimi dieci anni i dati evidenziano un aumento di circa 60 miliardi di euro di raccolta complessiva, a fronte di soli 3,2 miliardi di nuove entrate erariali".

Solo per quel che riguarda le slot, oltre alla sanatoria (con sconto ulteriore) per i signori delle slot, dal prossimo anno avremo un aumento della tassazione sulle videolottery. Resta invece ancora in alto mare il "riordino" del settore del gioco online, con qualche ipotesi di inasprimento della tassazione sul poker online, mentre vanno rinnovate le concessioni per sale Bingo (e newslot).

In ogni caso la considerazione di fondo riguarda sempre il "costo sociale" del fenomeno, con la spesa media pro capite (al netto delle vincite, insomma quello che ogni italiano ci ha rimesso) che è di circa 288 euro l'anno per il 2013, mentre il dato complessivo dei soldi investiti supera i 1200 euro (ed è l'indicatore da considerare, dal momento che la redistribuzione è ovviamente disomogenea). Cifre che non rendono giustizia del grado di disagio (percepito e reale) di migliaia di giocatori patologici e che, se paragonate al "beneficio" concreto per le casse dello Stato, rendono non più rinviabile una riflessione di senso: a chi conviene in realtà alimentare questo meccanismo?

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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