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Pensioni, per superamento quota 100 l’ipotesi quota 41: come funziona e quanto costa secondo l’Inps

In occasione della relazione annuale l’Inps fornisce alcune stime sui possibili costi della quota 41, ovvero una delle proposte in campo per sostituire la quota 100 con un nuovo anticipo pensionistico: questa misura, secondo il presidente dell’istituto di previdenza Pasquale Tridico, sarebbe la più costosa tra quelle proposte, arrivando a richiedere fino a 9,2 miliardi.
A cura di Stefano Rizzuti
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Con il superamento della quota 100 una delle opzioni in campo è quella della quota 41, ovvero la possibilità di andare in pensione per tutti i lavoratori che hanno versato almeno 41 anni di contributi indipendentemente dall’età. Un’ipotesi che sembra però possa essere scartata per una semplice motivazione: il suo costo. Come spiega il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, in occasione della relazione annuale dell’istituto di previdenza, la quota 41 sarebbe la proposta “più costosa” tra quelle al vaglio dell’Inps. Costerebbe, infatti, 4,3 miliardi nel 2022 fino ad arrivare a 9,2 a fine decennio, corrispondenti “allo 0,4% del prodotto interno lordo”. La relazione traccia anche un bilancio sulla quota 100 in questi anni: “Ha permesso il pensionamento anticipato di 180.000 uomini e 73.000 donne nel biennio 2019-20, mentre Opzione Donna ha portato circa 35.000 pensionamenti nello stesso periodo”.

L’anticipo pensionistico è stato utilizzato prevalentemente da uomini, da soggetti con reddito medio-alti e soprattutto da dipendenti pubblici. La sperimentazione della quota 100, però, non ha dato i suoi frutti dal punto di vista dell’impatto occupazionale, tanto che l’attesa sostituzione dei pensionati con i lavoratori giovani sembra non esserci stata: “Un'analisi condotta su dati di impresa non mostra evidenza chiara di uno stimolo a maggiori assunzioni derivante dall'anticipo pensionistico”, afferma Tridico.

Inps, per gli uomini pensioni molto più alte che per donne

L'istituto parla anche delle pensioni nel loro complesso: gli assegni medi mensili degli uomini sono pari a 1.897 e superano nettamente gli importi previste per le donne, la cui media si attesta solamente a 1.365 euro. Al Centro-Nord le pensioni medie superano i 1.700 euro, mentre al Sud e nelle Isole sono pari a 1.400. In Italia i pensionati al 31 dicembre 2020 erano circa 16 milioni, di cui 7,7 milioni di uomini e 8,3 milioni di donne.

Lavoro, il calo degli occupati e i licenziamenti con Covid

Altri dati forniti dalla relazione annuale sono quelli riguardanti gli occupati, che in Italia sono scesi tra l’ultimo trimestre del 2019 e il primo trimestre del 2021 del 2,8%, con un calo che durante la pandemia di Covid ha riguardato soprattutto gli indipendenti (-5,1%). Per i lavoratori dipendenti il calo è stato del 2,1%. I licenziamenti, invece, si sono dimezzati: da circa 560mila di media dei due anni precedenti a 230mila tra marzo 2020 e febbraio 2021. Secondo le stime dell’Inps i posti di lavoro preservati grazie al blocco dei licenziamenti potrebbero essere stimati in circa 330mila e riguardano soprattutto le imprese con meno di 15 dipendenti.

L’epidemia ha inciso anche sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, che si sono ridotte del 4,3%, ovvero circa mille euro, per effetto della flessione delle giornate retribuite dal datore di lavoro. Meno marcata la riduzione delle retribuzioni degli operai agricoli (-1,9%), mentre le retribuzioni dei domestici scendono del 7,5%, soprattutto a causa dell’aumento del ricorso agli orari parziali. Guardando al futuro Tridico suggerisce di introdurre un salario minimo per contrastare la precarizzazione del mercato del lavoro: “La soluzione non può realizzarsi attraverso una riduzione delle tutele dei soggetti attualmente protetti, ma aumentando quelle di chi è in posizioni svantaggiate”. Infine, gli ultimi dati sono quelli riguardanti le spese dell’Inps nel periodo della pandemia: l’istituto ha pagato 44,5 miliardi di euro per misure di sostegno al reddito, per un totale di 15,1 milioni di cittadini interessati.

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