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Pensioni, non solo quota 100: tutti i sistemi per anticipare l’uscita dal lavoro

Dal 2022 la quota 100 potrebbe non esistere più, anche se già si ipotizza la sua sostituzione con la quota 102. Ma per anticipare la pensione i lavoratori italiani hanno anche altre opzioni oltre a quella introdotta dal governo Conte 1. Andiamo a vedere quali sono tutte le forme di pensione anticipata previste per i lavoratori.
A cura di Stefano Rizzuti
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L’addio alla quota 100 si avvicina: dalla fine del 2021 l’anticipo pensionistico potrebbe non esistere più. Anche se potrebbe essere sostituito da altre misure, come la quota 102 di cui si sta parlando in questi giorni. Ma l’addio a questo tipo di anticipo pensionistico non corrisponderà all’addio di ogni forma di pensione anticipata: non sarà sempre necessario, quindi, aspettare i 67 anni per ritirarsi dal lavoro. Per anticipare l’uscita dal lavoro non c’è solo la quota 100, ma le soluzioni per accorciare i tempi e ricevere l’assegno previdenziali prima del previsto esistono già ed è Il Sole 24 Ore a ricapitolarle.

Pensione di vecchiaia e quota 100

La pensione di vecchiaia prevede la possibilità di uscire dal mondo del lavoro a 67 anni d'età e con almeno 20 di contributi versati: il dato sull'età va agganciato alla speranza di vita, ma fino al 2022 la cifra rimarrà invariata. Il sistema di cui più si parla e ad oggi previsto è invece la quota 100: sarà possibile aderire fino al 31 dicembre 2021 per tutti quei lavoratori che hanno almeno 62 anni d'età e 38 di contributi versati.

La pensione anticipata e la pensione anticipata contributiva

La pensione anticipata dipende dagli anni di contributi versati: per gli uomini sono necessari almeno 42 anni e 10 mesi, per le donne almeno 41 anni e 10 mesi. Almeno 35 di questi anni devono essere di contributi effettivi, quindi non fanno parte del calcolo quelli figurativi riconosciuti per disoccupazione e malattia. In sostanza per chi ha iniziato presto a lavorare è possibile anticipare di qualche anno la pensione. C'è poi la pensione anticipata contributiva, che vale solamente per chi versa i contributi a partire dal 1996 ed è interamente soggetto al metodo di calcolo contributivo. In questo caso servono almeno 64 anni d'età per uscire dal lavoro, con 20 di contributi e un assegno previdenziale che sia pari almeno a 2,8 volte l'assegno sociale. Per ora questo sistema non è molto utilizzato perché per avere almeno 64 anni e 20 di contributi versati dopo il 1995 bisogna aver iniziato a lavorare tardi, intorno ai 40 anni.

I lavoratori precoci e le attività usuranti e notturne

Un'altra forma di pensione anticipata è quella che riguarda i lavoratori precoci, ovvero coloro i quali abbiano lavorato per almeno 12 mesi prima di compiere 19 anni. Queste persone, se ritenute in tutela, possono andare in pensione con 41 anni di contributi versati indipendentemente dall'età. Le categorie che rientrano in questa tutela sono: i disoccupai, chi ha in cura un parente con disabilità grave, chi ha una invalidità almeno del 74%, chi ha svolto una mansione gravosa per almeno sei anni negli ultimi sette o per sette negli ultimi dieci. Altro sistema per il pensionamento anticipato è quello per i lavoratori che svolgono attività usuranti o notturne: servono, in questo caso, almeno 35 anni di contributi e almeno 61 anni e sette mesi di età, purché la somma dei due valori non sia inferiore a 97,6. Questa pensione si applica per quei lavoratori che abbiano svolto almeno metà della loro vita lavorativa o almeno sette degli ultimi anni attività faticose e pesanti, come nei casi dei minatori o, anche, degli autisti dei bus del servizio pubblico. Per i lavoratori autonomi il limite di età sale di un anno. Lo stesso criterio si applica anche per chi ha lavorato di notte per almeno 78 giornate all'anno.

L'isopensione e il contratto di espansione

Per alcuni lavoratori esiste poi un'altra possibilità, che non può prescindere dalla volontà dell'azienda per cui si lavora. L'isopensione vale per chi ha almeno 60 anni di età e 36 anni e 4 mesi di contributi versati (un anno in meno per le donne): si tratta di uno scivolo che garantisce un assegno ponte da quando si concorda l'uscita dall'azienda fino alla maturazione dei requisiti previdenziali di vecchiaia o per il trattamento anticipato. L'operazione è a carico del datore di lavoro, che continua a versare i contributi. In parte simile è il meccanismo del contratto di espansione, che si può applicare solo per le imprese con più di mille lavoratori. Queste aziende possono accompagnare alla pensione i propri dipendenti a cui mancano meno di cinque anni al trattamento di vecchiaia o a quello anticipato. L'assegno è pari alla pensione maturata al momento in cui smettono di lavorare. Rispetto all'isopensione gli oneri per le aziende sono minori, così come i benefici per i lavoratori.

L'opzione donna e l'ape sociale

L'opzione donna vale per le lavoratrici dipendenti con almeno 58 anni d'età e per quelle autonome di almeno 59 anni: in entrambi i casi è necessario aver versato almeno 35 anni di contributi. Le donne che aderiscono a questa forma di pensione anticipata (dovendo inoltre aspettare almeno 12 mesi per poter effettivamente lasciare il lavoro dopo la richiesta) si vedranno ridurre l'assegno, avendo accumulato meno contributi e venendo applicato integralmente il calcolo contributivo. Un'ultima forma di pensione anticipata è quella prevista dall'ape sociale: non è, in realtà, una vera e propria pensione, ma si prevede un reddito mensile senza lavorare. Possono aderire le persone con almeno 63 anni d'età, fino al raggiungimento della vera e propria pensione. L'importo dell'assegno sarà poi uguale a quello della pensione maturata quando si chiede l'ape sociale. Vale, però, solo per alcune categorie: i disoccupati con almeno 30 anni di contributi versati, chi da almeno sei mesi (sempre con 30 anni di contributi minimi) si occupa di un parente con disabilità grave, gli invalidi almeno al 74% e chi rientra tra le mansioni gravose avendo versato almeno 36 anni di contributi.

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