Pensioni, le ipotesi per superamento quota 100: come potrebbe cambiare flessibilità in uscita
Il superamento della quota 100 è ormai una certezza. Così i sindacati si muovono in direzione di una riforma del sistema pensionistico, riaprendo la discussione sulle soluzioni da adottare dopo la fine della sperimentazione della quota 100. L’obiettivo è quello di non tornare alle condizioni precedenti, mantenendo un anticipo pensionistico. La proposta unitaria lanciata dai segretari generali di Cgil, Cisl e Uil Maurizio Landini, Luigi Sbarra e Pierpaolo Bombardieri, verrà portata al tavolo con il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, che apre al confronto con le parti sociali.
In una nota unitaria i sindacati chiedono innanzitutto maggiore flessibilità per poter andare in pensione o con almeno 62 anni di età o con almeno 41 di contributi versati. Ma non solo, perché altro obiettivo è quello di arrivare alla pensione di garanzia per i giovani, i lavoratori discontinui e quelli con basse retribuzioni. Ancora, tra le richieste – riassunte da Repubblica – c’è quella di una maggiore tutela delle lavoratrici e di chi si occupa dei lavori di cura, usuranti o gravosi. Infine si chiede di rilanciare la previdenza complementare.
Pensioni, il superamento della quota 100
I sindacati dicono no a una quota 102 che sostituisca la quota 100 in scadenza a fine anno. E non basta un allargamento dell’ape sociale: serve una vera riforma delle pensioni. Per quanto riguarda la flessibilità in uscita, i sindacati vogliono partire dai 62 anni di età o dai 41 anni di contributi indipendentemente dall’età, senza penalizzazioni per chi ha versato contributi da prima del 1996. Il problema della sostenibilità viene ‘risolto’ dai sindacati sostenendo che le future pensioni saranno sempre più sulla base del calcolo contributivo. Inoltre altra richiesta è quella di adeguare le condizioni pensionistiche alle speranze di vita.
Le pensioni per donne e giovani
Per Sbarra c’è un altro problema fondamentale da affrontare, quello delle donne lavoratrici, che hanno pensioni inferiori del 30% rispetto agli uomini. Quindi serve sì la conferma dell’opzione donna, ma non basta: si ipotizza, per esempio, l’anticipo di 12 mesi sulla pensione per ogni figlio e un anno di contribuzione in più ogni cinque dedicati al lavoro di cura di persone non autosufficienti nel nucleo familiare. Per i giovani, invece, la proposta è quella di istituire una pensione contributiva di garanzia, collegata al numero di anni di lavoro e di contributi versati considerando anche i periodi di disoccupazione, formazione e con basse retribuzioni.