Pensioni, il piano per superare quota 100: requisiti più stringenti e penalizzazioni su assegno
Il governo continua a mettere a punto il piano per la riforma delle pensioni in vista del primo gennaio 2022 e sta predisponendo i piani da mettere in campo con l’uscita di scena della quota 100. Per superare l’anticipo pensionistico previsto attualmente per chi ha almeno 62 anni d’età e 38 di contributi versati, il governo sta pensando a una nuova forma di flessibilità più restrittiva, con almeno 64 anni d’età e 38 di contributi, quindi una sorta di quota 102. Ma con penalizzazioni, come spiega il Sole 24 Ore. L’obiettivo è quello di una spesa da 5 miliardi di euro nel primo anno, da far scendere a 3 o 4 miliardi negli anni successivi. Ben al di sotto della quota 100, per cui servono 8 miliardi di euro l’anno quando la misura è a regime. La proposta che il governo dovrebbe presentare ai sindacati prevede un anticipo per chi ha 64 anni e 38 di contributi, ma con l’adozione integrale del metodo di calcolo contributivo, almeno per gli anni mancanti al raggiungimento della soglia di vecchiaia, attualmente fissata a 67 anni. Il che vorrebbe dire avere una penalizzazione intorno al 3% per ogni anno d’anticipo.
La penalizzazione per la pensione anticipata
Per la quota 100 non è prevista alcuna penalizzazione. Invece con questo piano, se il governo dovesse realmente metterlo in campo, chi sceglierebbe l’anticipo pensionistico potrebbe avere un ricalcolo basato completamente sul metodo contributivo, almeno per gli anni che mancano al raggiungimento dei 67, età in cui si matura la pensione di vecchiaia. Si andrebbe incontro a un taglio dell’assegno tra il 2,8% e il 3% per ogni anno d’anticipo. Il che vuol dire che l’assegno alla fine potrà essere più basso anche del 12%, per chi sceglie il ritiro già a 64 anni.
Pensioni, ipotesi no penalizzazioni per lavori gravosi
Potrebbero esserci agevolazioni per i lavoratori gravosi, che potrebbero non avere le penalizzazioni in caso di anticipo pensionistico. Altra ipotesi è quella di ridurre il requisito anagrafico a 62 anni, che vorrebbe dire – in caso di decisione combinata dei due elementi – una quota 100 per i lavori gravosi. Intanto il governo ragiona anche sul ripristino parziale del meccanismo di adeguamento all’aspettativa di vita, bloccato fino al 2026. I sindacati restano però fermi sulla loro linea, puntando a una flessibilità maggiore, già a 62 anni. Sostanzialmente quello che avviene oggi con la quota 100. L’alternativa è quella della quota 41, ovvero l’uscita dal lavoro con 41 anni di contributi versati, indipendentemente dall’età, come avviene per i precoci. Servirebbero, però, circa 20 miliardi. Troppi, perché vorrebbe dire rinunciare a tutte le altre voci della riforma delle pensioni, a partire dalla cancellazione della pensione di garanzia per i giovani e della rivalutazione degli assegni di cui si discute in questi giorni.