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Pensioni, come saranno quelle di reversibilità nel 2020: le decurtazioni per vedove e vedovi

Come tutti gli anni dal 1996 ad oggi, anche nel 2020 le pensioni ai superstiti verranno tagliate per chi percepisce altri redditi superiori ad almeno tre volte il minimo del trattamento previdenziale minimo. Non si tratta di nuovi tagli, ma di una decurtazione prevista da una legge del 1995: vediamo come funziona.
A cura di Stefano Rizzuti
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La riduzione delle pensioni dei superstiti ci sarà anche nel 2020. Così come nel 2019 e in tutti gli anni precedenti, dal 1996. Un taglio che riguarda i percettori di queste pensioni che, allo stesso tempo, hanno redditi di altro genere. E che non è stato introdotto, quindi, dall’attuale governo. Negli ultimi giorni le polemiche si sono concentrate su un presunto taglio che in realtà è previsto da anni e che una circolare Inps, quella numero 147 dell’11 dicembre, ha solo ricordato, come fa alla fine di ogni anno. La norma che prevede queste riduzioni per le vedove e i vedovi, quindi, esiste dal 1995 ed è stata applicata – come ricorda Il Sole 24 Ore – da 13 diversi governi e da ogni schieramento politico. La riduzione delle pensioni di reversibilità è stata introdotta con una norma prevista dalla riforma Dini del 1995.

L’Inps ricorda poi ogni anno in che modo viene applicata la riduzione con una circolare che viene emanata a dicembre. In quella di quest’anno si ricorda che “la pensione ai superstiti a partire dal 1.9.1995 viene ridotta se il titolare possiede altri redditi”, come indicato in una tabella della circolare.

A quanto ammonta il taglio delle pensioni per i superstiti

La decurtazione viene quindi prevista per i superstiti con redditi almeno tre volte superiori rispetto al minimo: parliamo di cifre intorno ai 1.500 euro mensili. La decurtazione è del 25% dell’importo della pensione se il reddito è superiore a tre volte il trattamento minimo annuo pensionistico. Una percentuale che sale al 40% se il reddito è superiore a quattro volte il minimo e al 50% per i redditi almeno cinque volte superiori al minimo. Quindi maggiore è il reddito e maggiore è la riduzione della pensione.

Ma la cifra della pensione di reversibilità non cambia solo in base al reddito, ma anche per altre condizioni. La pensione ai superstiti corrisponde normalmente al 60% di quella del coniuge, ma può essere aumentata al 70% in caso di presenza di un figlio e dell’80% in caso di due figli. Gli assegni previdenziali, invece, si riducono se il “deceduto abbia contratto matrimonio ad un’età superiore a 70 anni; la differenza di età tra i coniugi sia superiore a 20 anni o il matrimonio sia stato contratto per un periodo di tempo inferiore ai dieci anni. La decurtazione della pensione ai superstiti non opera qualora vi siano figli minori, studenti o inabili”.

Pensioni alle vedove, il confronto con gli altri Paesi

È il Sole 24 Ore a effettuare un confronto tra il funzionamento delle pensioni di reversibilità italiane e quelle degli altri Paesi Ocse. L’Italia è uno dei Paesi in cui il peso delle pensioni di reversibilità è più alto sul totale delle pensioni: parliamo di circa 4,4 milioni di pensionati per una spesa da 41 miliardi di euro. Ma l’attenzione dell’Italia verso vedove e vedovi viene confermata anche da un altro dato: siamo tra i Paesi che spendono di più per la reversibilità rispetto al totale del Pil, tra gli stati Ocse.

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