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Pensioni

Pensione anticipata, taglio dell’assegno fino al 6% per chi vuole uscire prima dal lavoro

Una volta superata la quota 100 il governo dovrà mettere in campo una nuova forma di anticipo pensionistico. Quando sembra ormai scartata l’ipotesi di un ricalcolo interamente contributivo, prende invece piede l’idea di una penalizzazione per ogni anno di anticipo sulla pensione, con un taglio dell’assegno fino al 6%.
A cura di Stefano Rizzuti
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La pensione anticipata si fa più complicata e meno conveniente. Il governo sta studiando, incontrando anche i sindacati, le nuove modalità per uscire prima dal mondo del lavoro. L’accordo, in realtà, sembra essere ancora lontano, ma iniziano intanto ad affacciarsi le prime ipotesi: si allontana quella di un ricalcolo completamente contributivo (osteggiata dai sindacati), mentre sembra più credibile l’ipotesi di una penalizzazione per ogni anno di uscita anticipata, con un taglio dell'assegno che va ad aumentare di pari passo con il maggior anticipo. A spiegare il piano dell’esecutivo sulle pensioni è Repubblica, partendo da un dato: la pensione anticipata con il ricalcolo contributivo porterebbe a un taglio di un terzo dell’assegno lordo e di un quinto di quello netto. Un pensionato, in pratica, perderebbe da 50mila a 80mila euro netti, considerando un’aspettativa di vita media di 82 anni. Si rischierebbe, quindi, di andare sotto i 780 euro mensili previsti dalla pensione di cittadinanza.

Come funzionerebbe il taglio sulla pensione anticipata

I sindacati si oppongono al ricalcolo contributivo, ritenendolo inaccettabile. E già oggi incontreranno nuovamente il governo sulla questione della flessibilità in uscita e sul superamento della quota 100. Per questo motivo il governo sta pensando a una controproposta: sostituire il ricalcolo contributivo con una penalizzazione per ogni anno di anticipo sull’uscita. Non è stato ancora deciso in quanto consisterà questo taglio: Cesare Damiano, ex deputato del Pd, ipotizzava un 2% annuo. Sicuramente il governo non ha comunque intenzione di andare a spendere più di quanto prevede la quota 100, ovvero 28 miliardi in dieci anni.

La conferma di questa ipotesi arriva anche dal sottosegretario all’Economia, Pier Paolo Baretta: “Se vuoi andare via prima, ad esempio a 64 anni con 36 o 38 di contributi, hai una penalità”. Che, però, è sempre meglio del ricalcolo per i pensionati. Con tre anni di anticipo, per esempio, si perde il 6%; con il ricalcolo si arriva al 30%.

I calcoli dei sindacati in caso di pensione anticipata

Torniamo però sui sindacati con i calcoli dell’Osservatorio previdenza della Fondazione Di Vittorio della Cgil. Stime effettuate basandosi sui cedolini di alcuni lavoratori misti, ovvero coloro i quali hanno fino a 18 anni di contribuzione prima del gennaio 1996, la data in cui si è passati al sistema contributivo. La simulazione permette, quindi, di capire cosa potrebbe accadere se il governo permettesse il ritiro dal lavoro a 64 anni invece che a 67, ma con un ricalcolo sulla base dei criteri attualmente utilizzati per Opzione donna per la parte retributiva che verrebbe quindi trasformata in contributivo.

L’esempio lo fa Ezio Cigna, responsabile della previdenza pubblica della Cgil: “Un metalmeccanico di terzo livello, con 23mila euro di retribuzione a 64 anni e una carriera lavorativa piatta, senza cioè salti di stipendio, passerebbe da 1.145 a 801 euro di pensione lorda con un taglio del 30%”. “La pensione netta scenderebbe da 952 a 732 euro al mese, meno di quella di cittadinanza e dopo 36 anni di lavoro. In totale rinuncerebbe a 51.480 euro netti dai 64 anni fino agli 82”, spiega ancora.

Più sono gli anni da ricalcolare col metodo contributivo e maggiore è il taglio. E i più penalizzati saranno i lavoratori part-time. I sindacati, quindi, rimangono fermi sulle loro posizioni, quasi certamente inattuabili in quanto troppo costose. “Noi continuiamo a proporre un’uscita per tutti dai 62 anni e senza ricalcolo, prevedendo aiuti per donne, lavoratori discontinui, precoci, gravosi e usuranti”, afferma Roberto Ghiselli, segretario confederale Cgil. Un’ipotesi che al momento sembra impossibile anche solo da prendere in considerazione.

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