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Parigi piglia tutto, EdF prova a chiudere su Edison

La tensione tra Italia e Francia rischia di crescere ulteriormente: oltre alla manovra sulle pensioni Parigi sembra voler mettere le mani anche su Edison, dopo Parmalat . Ci riuscirà?
A cura di Luca Spoldi
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Proglio - EdF

La tensione tra Roma e Parigi sale in questi come la temperatura di una pentola d’acqua per cuocere un piatto di spaghetti: non fosse bastato il diktat che la Francia, assieme alla Germania, ha posto all’Italia in occasione del vertice dei capi di governo della Ue nel fine settimana appena concluso (diktat relativo al varo delle più volte preannunciate ma mai realizzate riforme strutturali della spesa pubblica che passino anche per una nuova stretta sulle pensioni sulla quale il governo italiano, che stasera ha riunito il Consiglio dei ministri, rischia molto vista l’opposizione netta della Lega Nord ad affrontare nuovamente il tema della previdenza pubblica), una nota della società francese Electricite de France (EdF), socio di riferimento dell’italiana Edison attraverso una complessa catena di controllo, ha avanzato ai soci italiani una proposta che il presidente del Consiglio di sorveglianza di A2A, Graziano Tarantini, ha subito definito “irricevibile”.

Per capire cosa la proposta comporti e quale sia il rischio per l’economia italiana (nella sostanza di veder ammainare la bandiera italiana su un altro gruppo di spicco, come già accaduto a Parmalat finita sotto il controllo di Lactalis e come potrebbe capitare ad Alitalia, per molti in attesa di finire in pasto ad Air France-Klm) occorre fare un passo indietro e capire come siamo arrivati alla situazione attuale.

Edison nacque come società elettrica già nel 1884, per poi trasformarsi in un gruppo chimico industriale nel 1966 a seguito della fusione con la Montecatini che dette vita alla Montedison, società che dopo alterne vicende e l’alternarsi sul ponte di comando di personaggi come Eugenio Cefis (una delle figure imprenditoriali più controverse del dopoguerra italiano), Mario Schimberni (pioniere delle “public company” che finì con lo scontrarsi col suo mentore, Enrico Cuccia, numero uno di Mediobanca e “nume tutelare” delle grandi famiglie capitaliste italiane, a causa della scalata alla holding Bi-Invest della famiglia Bonomi prima e alla compagnia assicurativa La Fondiaria poi) e Raul Gardini (alfiere della famiglia Ferruzzi, morto suicida in piena Tangentopoli), finì nel 2001 sotto il controllo di Italenergia.

Italenergia era una “scatola finanziaria” creata da Fiat, EdF, Carlo Tassara (holding del gruppo Zaleski), Banca di Roma, Banca Intesa e San Paolo Imi. Nel 2002 l’incorporazione di Edison (in cui erano stati scorporati fin dalla fine degli anni Settanta gli impianti energetici di Montedison), Sondel e Fiat Energia in Montedison darà vita alla nuova Edison, il cui controllo cambia ancora una volta tre anni dopo con l’uscita del gruppo Fiat a seguito del lancio di un’Opa su Edison da parte di Transalpina di Energia, società controllata pariteticamente da EdF e Delmi (holding in cui A2A è socia di controllo col 51% e dove sono presenti Iren, nata dalla fusione delle municipalizzate di Torino, Genova e di una buona metà dell’Emilia Romagna, col 15%, Sel e Dolomiti Energia, rispettivamente municipalizzate delle province di Bolzano e di Trento, entrambe col 10%, Mediobanca col 6%, Cassa di Risparmio di Torino col 5% e Banca popolare di Milano col 3%) attualmente socia al 61,3% di Edison (mentre EdF stessa ha direttamente un ulteriore 19,4%  e Carlo Tassara un 10%).

Riuscire ad accontentare azionisti tanto eterogenei non è facile e infatti da tempo tra italiani e francesi sono in corso trattative per arrivare ad una soluzione che secondo molti analisti poteva prevedere la cessione di alcuni impianti produttivi (assieme ad un congruo conguaglio in denaro) agli italiani in cambio del passaggio definitivo della quota di controllo ad EdF. Se non vi siete persi ancora sappiate inoltre che Edison possiede il 50% di Edipower, società nata dall’acquisizione nel 2002 di Eurogen, la maggiore delle tre “genco” (società di generazione di energia) nate per scorporo da Enel, che possiede 6 centrali termoelettriche e 3 nuclei idroelettrici con una quota di produzione vicina al 5% del fabbisogno energetico italiano. Gli altri soci di Edipower sono ancora una volta A2A col 20%, la svizzera Alpiq con un altro 20% e Iren con l’ultimo 10%.

Dopo aver creato una simile ragnatela di interessi intrecciati, sciogliere i nodi non è mai facile e infatti EdF e italiani hanno provato per mesi inutilmente a trovare l’intesa sino alla nota odierna con cui il gruppo francese ha avanzato la sua ultima offerta: le azioni Edison detenute da Delmi verrebbero acquistate in tre anni a un prezzo basato sul multiplo Ebitda (margine operativo lordo) di un campione di società quotate comparabili, sempre che Consob conceda l’esenzione dall’obbligo di Opa (Offerta pubblica d’acquisto) sul restante capitale. Così secondo EdF i partner italiani che decidessero di vendere le loro azioni “potrebbero trarre beneficio dagli sforzi di ristrutturazione di Edison”. In più ad A2A e Iren i francesi propongono di cedere le loro quote in Edipower in cambio del 100% di Edens, quarto produttore italiano di energia elettrica da fonti rinnovabili al momento interamente controllato da Edison. Ciliegina sulla torta ad A2A e Iren sarebbe garantita un’opzione call per l’acquisto dell’impianto idroelettrico di Mese (in provincia di Sondrio, della capacità di 372 Mw) da esercitare sempre nei prossimi tre anni, così da creare un nuovo polo nel panorama dei produttori italiani da fonti rinnovabili.

Dove sta il problema, direte voi? Anzitutto che EdF in questo modo non ha fornito alcun prezzo per l’acquisto dei titoli Edison in mano agli italiani (ed anzi si è presa altri tre anni di tempo per procedere con l’operazione), in più senza Opa per la Carlo Tassara e i piccoli investitori privati cessa ogni speranza di strappare un prezzo superiore alle attuali (sacrificate secondo molti analisti) quotazioni di borsa. Morale: chi aveva sperato in un annuncio differente scarica il titolo, tra Roma e Parigi la tensione sale ulteriormente e la palla passa alla Consob, cui spetterà chiarire se effettivamente EdF possa evitare di lanciare l’Opa. Per riuscire a convincere la Commissione i francesi hanno già fatto sapere di voler rafforzare la posizione di Edison quale secondo produttore energetico in Italia alle spalle di Enel, di volerne fare la propria piattaforma di sviluppo nel segmento dell’upstream del mercato del gas, sviluppando al contempo la produzione di energia termo-elettrica di Edison nell’area del Mediterraneo, e preservarne “l’italianità”, mantenendo sede e quotazione a Milano e una “forte partecipazione azionaria italiana” (che per alcuni potrebbe voler dire un flottante del 20%-30%). Basterà?

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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