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Opinioni

Parata del 2 giugno da tagliare o no?

Come se non ci fossero problemi più gravi al momento, tra le forze politiche italiane scoppia la polemica attorno all’opportunità di tagliare o mantenere la parata del 2 giugno ai Fori Imperiali. Proviamo a ragionare sulle cifre…
A cura di Luca Spoldi
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Fa discutere in questi giorni la decisione di Giorgio Napolitano di annullare il consueto ricevimento al Quirinale il 2 giugno in occasione della Festa della Repubblica. Il rieletto presidente della Repubblica ha infatti fatto sapere che “per ragioni di sobrietà e di massima attenzione al momento di grave difficoltà che larghe fasce di popolazione attraversano” si limiterà a tenere il suo discorso in televisione agli italiani e a partecipare alla parata militare ai Fori imperiali. Apriti cielo, la notizia ha subito scatenato l’ennesima diatriba tra le forze politiche in merito proprio all’opportunità di tenere o meno quest’ultima manifestazione, nelle forme consuete o in una forma più “sobria”. Da una parte c’è chi vorrebbe abolire del tutto la parata (che anche quest’anno si svolgerà in forma ridotta come già lo scorso anno), dall’altra chi ritiene che non debba essere toccata. Ma come si regolano al riguardo altri stati?

Negli Usa, prima potenza militare mondiale, il Pentagono a causa del “sequester” del bilancio statale e dei connessi tagli automatici delle spese deve in questi mesi tagliare obbligatoriamente del 10% il proprio budget. La decisione è stata quella di tagliare molte manifestazioni, tra cui l’ormai tradizionale “Fleet Week” in calendario a New York dal 23 al 30 maggio prossimo. La decisione ha creato un certo malumore a livello locale, tanto che il sindaco di New York, Mike Bloomberg (proprietario dell’omonimo gruppo editoriale) ha detto di “capire le limitazioni della Navy” (la marina militare statunitense) ma di “sperare che la tradizione della Fleet Week possa continuare nel 2014”. La manifestazione costa dai 7 ai 10 milioni di dollari tenendo conto solo dei costi diretti, ma non tiene conto degli stipendi e benefit dei 3-4 mila uomini della marina che trascorrono uno o più giorni a New York per partecipare alla manifestazione, né dei costi relativi all’usura dei vascelli e altri mezzi impegnati nella Fleet Week.

Per inciso il budget del Pentagono nel 2012 è stato di 671 miliardi di dollari, tagliato del 9% quest’anno a circa 614 miliardi, di cui un terzo (181 miliardi) per personale e stipendi, assistenza sanitaria e previdenza pensionistica. La Fleet Week incide dunque, anche a essere molto generosi, per lo 0,001% del bilancio complessivo della Difesa Usa. In Italia la parata del 2 giugno ai Fori Imperiali lo scorso anno è costata circa 1,6 milioni di euro di costi diretti, ovvero attorno ai 3,5 milioni sommando anche i costi indiretti e l’usura dei mezzi impegnati nella manifestazione. Il bilancio del ministero della Difesa per il 2013 ha potuto contare su risorse per 20,93 miliardi di euro (in crescita dai 19,96 miliardi dell’anno precedente), di cui 9,68 miliardi relativi alla spesa per il personale (cui vanno però sommati altri 430,6 milioni per le “pensioni provvisorie” del personale in Ausiliaria e una parte almeno dei 5,76 miliardi relativi alla voce “Sicurezza interna”, ossia ai Carabinieri.

Rispetto agli Stati Uniti è evidente il peso molto maggiore delle spese per personale, pensioni e assistenza sanitaria o, se volete, il peso molto minore per gli investimenti in armamenti e attrezzature (per l’acquisto di nuovi macchinari sono stati stanziati quest’anno 3,4 miliardi in tutto). Nel complesso la parata del 2 giugno impegnerà circa lo 0,016% del bilancio della Difesa italiana. Come nel caso della Fleet Week o di altre manifestazioni, che pure hanno certamente un loro significato e una loro validità anche solo a livello promozionale o dimostrativo, la parata ai Fori Imperiali è dunque una spesa al tempo stesso minima ma non vitale, come e più della Fleet Week statunitense. Potremmo tranquillamente evitarla, perché non è così importante come le spese da sostenere per poter mantenere in efficienza le nostre forze armate o consentire loro di svolgere le missioni militari all’estero autorizzate dal Parlamento italiano e tuttavia il problema non è rappresentato da questo tipo di spese ma da come nel complesso è strutturato il bilancio del ministero, che per inciso rappresenta l’1,27% del Pil italiano, mentre negli Usa tali spese pesano per il 4% (ma calcolando alcune voci di costo indiretto legate alle spese per la Difesa il totale dei costi salirebbe a oltre 994 miliardi di dollari e il peso sul Pil al 6,5%).

Insomma: comprimere ulteriormente le spese è possibile ma avrebbe un effetto poco più che cosmetico e non sostanziale, tagliare ulteriormente gli investimenti sarebbe a dir poco deleterio se si vuole mantenere una forza militare dotata di una capacità d’azione credibile, redistribuire il peso tra le varie voci di costo (riducendo quelle per il personale e/o aumentando gli investimenti in mezzi e infrastrutture) è difficile. Servirebbe, indovinate un po’, un poco di crescita, così da dare spazio a un programma di ammodernamento ed efficientamento delle nostre forze armate. O al contrario definire meglio (restringendola, di fatto) l’azione delle nostre forze militari e/o di polizia. Altre ipotesi e polemiche, compresa quella sulla parata del 2 giugno ai Fori Imperiali, sono buone solo per animare salotti televisivi e dibattiti elettorali, ma lasciano e lasceranno anche in futuro il tempo che trovano, in Italia come negli Stati Uniti.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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