Vi interessa poi così tanto sapere a che punto stanno gli spread tra Btp e Bund (sempre che vi importi di sapere cosa sono i Btp e i Bund, ovviamente) o le previsioni sull’andamento dei mercati finanziari o finanche i timori sulla tenuta di Eurolandia nel caso di una uscita della Grecia dall’euro o dei termini degli accordi sulla ristrutturazione del debito pubblico di Atene?
O vi interessa più semplicemente vivere al meglio la vostra vita, capendo dove comprare bene spendendo il giusto per la giusta qualità, cercando di ottenere un lavoro il più gratificante e stabile possibile, magari trovare il compagno o la compagna con cui trascorrere buona parte della vostra vita, allevare uno o più figli e magari avere il tempo per coltivare qualche hobbies e seguire le peripezie della vostra squadra del cuore (o del vostro cantante preferito, o attore che sia)?
Non c’è nulla di male (anzi) nel vivere una vita “ordinaria”, che non sia condita di “eccellenze” in tutti i campi quasi a scandire la nostra giornata e però è sempre il caso di tenere gli occhi ben aperti, anche senza voler essere dei “professori” veri o presunti. Pensate alla vostra spesa quotidiana: sapete cosa state realmente pagando? Nella maggior parte dei casi, specialmente se vi rivolgete alla grande distribuzione, pagate l’imballo di quello che acquistate e il marchio che c’è sopra. Non so a voi ma a me non sta bene. Sapete quanto costa il pepe nero al chilogrammo? Circa 10 euro, ossia un euro per ogni 100 grammi; questo se lo comprate sfuso (a Napoli e dintorni è ancora possibile farlo, come per qualsiasi spezia), perché se vi limitate a comprarlo in un supermercato pagherete attorno a 1,35 euro la confezione da 35 grammi (ossia circa 4 euro ogni 100 grammi, il quadruplo del pepe venduto sfuso). Ovviamente chi ve lo vende macinato a peso non sta perdendo i suoi soldi né il suo tempo (ma sopporta costi differenti da quelli della grande distribuzione).
I capi d’abbigliamento che vedete nelle maggiori catene in franchising vengono pagati dal gestore del negozio da pochi euro a qualche decina di euro al capo, anche se voi li pagate da qualche decina a diverse centinaia di euro; mediamente il ricarico va dal 100% al 300%. Potrei continuare con altri esempi e poco cambierebbe, se non l'urgenza più o meno accentuata di liberalizzare il più possibile l'economia (sia pure con giuste regole e senza invocare a sproposito il "Far West"). Oovviamente chi vi vende questi prodotti vuole vedere ripagato il capitale investito, il rischio corso, il tempo impiegato, dunque legittimamente prova a tutelarsi con ogni mezzo consentito, ma la cosa importante è che per ogni fascia di prezzo e/o per ogni fascia di qualità ci sono vari produttori e vari distributori che vi offriranno qualcosa, o se volete per ogni prodotto e canale distributivo ci sono acquirenti contraddistinti da differenti fasce di reddito. In un’economia che cresce tutto questo si sostiene bene, con lavoratori che sono al tempo stesso consumatori, produttori che sono al tempo stesso datori di lavoro e acquirenti di beni di lusso, risparmiatori che depositano i propri capitali su conti correnti, o titoli di stato o azioni o prodotti e servizi di risparmio gestito e ottengono capital gain o rendite (di entità più o meno ampia e incerta a seconda del rischio sottostante), in un'economia che non cresce il rischio è che a pagare siano sempre i più deboli.
Una rilevazione statistica diffusa oggi dalla Banca d'Italia ha evidenziato, ad esempio, come fine 2011 la crescita dei prestiti alle famiglie è passata dal +3,9% di novembre al +3,4% e quella alle società non finanziarie dal +4,4% al +2,6% (variazioni percentuali rispetto allo stesso mese dell’anno precedente). Sempre a fine dicembre, su base annua il tasso medio sul credito al consumo erogato alle famiglie è salito al 9,11% (dal 9,07% medio di novembre), quello sui mutui per l’acquisto di immobili al 4,26% dal 3,98%, mentre i prestiti alle società non finanziaria hanno registrato un tasso medio del 5,27% (dal 5,04%) per le anticipazioni in conto corrente, del 4,98% (dal 4,62%) per i finanziamenti fino a 1 milione di euro e del 3,80% (dal 3,44%) per quelli superiori a tale soglia. Come dire che pagano meno quei pochi attori economici“eccellenti” che riescono a ottenere cifre “importanti”, mentre pagano sempre di più i consumatori e le piccole imprese non così eccellenti, che non ottengono cifre esorbitanti.
Quello che a volte lascia perplesso delle tendenze più recenti dell’economia, almeno in Occidente, è proprio la progressiva polarizzazione verso la qualità “assoluta”, nel senso che da quando esiste la globalizzazione (di cui internet è al tempo stesso figlio prediletto e potente araldo) tutto è più veloce, ha un impatto maggiore, non esistono più barriere insormontabili, le idee ma anche le merci e i servizi circolano in modo molto più ampio e di conseguenza chi ha la capacità di governare questo gioco vince, ma sempre più spesso la vittoria è per uno solo o per un numero molto ristretto di attori “eccellenti”, con la nascita o la crescita di nuovi oligopolisti quando non di monopolisti.
Vince Google, ma quasi non esistono altri motori di ricerca, vince Facebook ma gli spazi per altri social network appaiono limitati se non per nicchie specifiche, nell’editoria ormai sempre più “condannata” a trasmigrare sull’online vincono (o vinceranno a breve), sosteneva su Twitter il giornalista Beppe Severgnini, le testate e i giornalisti in grado di capire che “il segreto sarà l’eccellenza e l’originalità”. Tutto inevitabile e in buona parte sottoscrivibile, il che mi ha già portato più volte a dire che tra il pressapochismo e la tendenza a negare i problemi o a sostenere che sono colpa di “altri” come fatto da gran parte della classe politica e imprenditoriale italiana fino all’altro ieri e il bacchettare gli italiani per i loro difetti pur commettendo gaffes e dimenticandosi che di quegli stessi difetti soffrono loro per primi come fanno oggi i “professori” del governo Monti (i cui figli peraltro spesso sembrano aver tratto beneficio dal ruolo di padri e madri e dalle relazioni che questi hanno saputo intrecciare), continuo a preferire i secondi. Perché almeno mettono a tutti noi una pulce nell’orecchio e ci ricordano che prima che guardare la pagliuzza (o anche la trave) nell’occhio altrui dovremmo curarci dei nostri difetti (e correggerli, nel nostro interesse).
Ma… est modus in rebus come dicevano gli antichi latini: ciascuno di noi farà bene a cercare di dare sempre il massimo, ma non penso che sarà mai possibile vivere solo di eccellenze e solo di originalità, perché al mondo siamo semplicemente troppi e non possiamo sperare di essere 10 o 15 miliardi di persone “eccellenti” e “originali” nei rispettivi campi d’azione. E spero che non sarà mai consentito a pochi oligopolisti o monopolisti sfruttare mercati di massa che di per sè hanno la sgradevole tendenza di drenare capitali dal basso verso l’alto, ma al tempo stesso finora hanno saputo restituire una parte consistente di tali flussi rimettendoli in circolo attraverso stipendi, salari, compensi, compravendite e rendite varie. Mi spaventa un mondo solo per “elite” di eccellenti e quindi penso che il grande tema dei prossimi anni sarà di cercare un nuovo equilibrio tra la necessità di elevare la qualità media dell’istruzione, del lavoro, dell’innovazione (non solo ma anche in Italia) e la necessità di garantire alla massa di individui “normali” la possibilità di vivere vite “ordinarie” con lavori “mediamente” soddisfacenti e interessi nazional-popolari. Per riuscirvi sarà opportuno tenere tutti quanti gli occhi ben aperti e magari cercare di capire ogni tanto qualcosa di più riguardo spread, Btp, Bund, euro, oligopoli e monopoli, sempre però ragionando con la nostra testa ed evitando di pagare solo marchi e imballi (anche nel campo dell’informazione), per non fare il gioco di pochi "eccellentissimi" soggetti e il danno di tutti gil altri, noi compresi. Non trovate?