Mps concede il “bis”: dopo aver trascorso l’intera giornata di lunedì sospesa per eccesso di rialzo e aver fissato un prezzo solo in asta di chiusura a 1,848 euro per azione, in crescita del 20,02% rispetto al prezzo del titolo rettificato per lo stacco dei diritti di venerdì sera (1,54 euro per azione rispetto ai 23,1 euro di valore dei diritti staccati venerdì a mercato chiuso), anche oggi, martedì 10 giugno, secondo giorno in cui è possibile sottoscrivere l’aumento di capitale da 5 miliardi partito ieri e che si concluderà il prossimo venerdì 27 giugno prossimo (ma i diritti saranno scambiabili in borsa solo fino al 20 giugno), il titolo non riesce a fare prezzo e viene indicato in crescita di un altro 20% “teorico” a 2,216 euro. Un successo clamoroso per quella che sembrava la più delicata tra operazioni di ricapitalizzazione che entro i primi di luglio vedranno richiesti in tutto circa 9,5 miliardi di mezzi freschi (importo curiosamente pari alle risorse che il governo deve reperire per garantire la copertura del bonus Irpef da “80 euro al mese per 10 milioni di lavoratori”)?
Soltanto in parte: è evidente infatti che, dato che venerdì scorso il titolo ha chiuso a 25,13 euro (prezzo che è stato poi rettificato in 24,64 euro complessivi da cui è stato scorporato il valore dei diritti fissato inizialmente pari a 23,1 euro per azione), chi avesse avuto in portafoglio il titolo e non l’avesse venduto ha perso un’opportunità di guadagno o meglio ha perso l’opportunità di evitarsi una perdita. Infatti la sproporzione tra valore residuo del titolo (che peraltro alcuni analisti come quelli di Exane Bnp Paribas vedono destinato a ridursi ulteriormente a 1,35 euro per azione, tanto che confermano un giudizio di “underperform” sul titolo) e il valore dei diritti (in calo anche oggi di un 1,86% a 21,10 euro e destinato ad azzerarsi se non saranno esercitati) fa sì che l’operazione risulti al tempo stesso molto onerosa e legata quasi esclusivamente all’andamento dei diritti stessi. In soldoni: se volete partecipare all’operazione vi troverete a dover spendere 105,5 euro (5 diritti a 21,10 euro l’uno) per sottoscrivere 214 nuovi titoli a un euro l’uno, per complessivi 319,5 euro, pari a 1,4929 euro circa per azione.
Un valore allettante viste le quotazioni a cui tratta il titolo in queste ore, come detto, sempre che da qui al 27 giugno le quotazioni di Mps non calino, cosa che è difficile, visto che sul titolo esisteva un forte scoperto e che buona parte degli acquisti di queste ore sembrano legate a ricoperture di intermediari che hanno venduto opzioni “call” (che danno la possibilità a chi le sottoscrive di acquistare entro una data scadenza i titoli a un prezzo predefinito, pagando inizialmente solo una frazione del valore del titolo stesso). E tuttavia l’impegno per partecipare all’operazione è elevato, visto che fino a venerdì scorso 5 azioni Mps (prima dello scorporo dei relativi diritti) costavano in tutto 125,65 euro. Inoltre aumentando il capitale di 5 miliardi Mps arriverà a capitalizzare circa 8 miliardi di euro (circa 2,7 volte rispetto ai meno di 3 miliardi di capitalizzazione ante aumento) e questo obbligherà molti fondi a rivedere il peso del titolo in portafoglio.
Aggiungete che già nelle ultime settimane alcuni fondi hedge erano parsi interessati all’operazione cui hanno deciso di aderire sia il “nocciolino duro” formato da Fondazione Mps, Fintech e Btg Pactual, sia Axa e due cooperative socie, il tutto per circa il 14,5% di capitale (ma Fintech e Btg Pactual hanno anche deciso di garantire un’ulteriore quota pari fino al 6,5% del capitale post aumento in caso di inoptato) ed è chiaro che l’operazione in sé non potrà che concludersi con un successo (come del resto già capitato a Bpm), ma a beneficiarne non è detto siano tutti gli azionisti e i soggetti coinvolti.
Se il nutrito pool di banche che ha garantito l’integrale sottoscrizione dell’operazione ha ottenuto per i propri servizi 260 milioni di euro di commissioni, pari a circa il 5% del capitale che verrà raccolto come ha stigmatizzato su Twitter Davide Serra, gestore del fondo Algebris, e se delle operazioni di pulizia dei conti che l’istituto continua a portare avanti potranno avvantaggiarsi operatori specializzati come Fortress Investment Group (a cui oggi è stata annunciata la cessione di un portafoglio di crediti in sofferenza, assistiti e non assistiti da garanzia, iscritti in bilancio al valore lordo di 500 milioni di euro, per una cifra “non significativa” a livello di impatto sul conto economico), per capire se anche ai soci attuali e futuri di Mps convenga sottoscrivere (e mantenere i titoli in portafoglio) sarà necessario vedere se la “cura” portata avanti dal top management guidato da Alessandro Profumo e Fabrizio Viola avrà successo.
Il che è certamente auspicabile, ma non ancora certo, visto che sul presente gravano ancora numerose pesanti “eredità” del passato (come i crediti fatti ad Alitalia o a Sorgenia) mentre sul futuro molto se non tutto dipenderà dal recupero di efficienza che sarà possibile registrare al termine della “cura dimagrante” intrapresa in questi mesi e dalla ripresa di una domanda di credito che inevitabilmente, per Mps come per tutte le banche italiane, dipenderà a sua volta dall’andamento dell’economia italiana, europea e mondiale.