Mps e Banca Carige, al crollo segue un violento rimbalzo, ma cosa succede realmente? Ieri i titoli bancari erano crollati in borsa, con Mps terminato a 51 centesimi (minimo storico) in rosso del 29,82% e Banca Carige a 1,497 euro (altro minimo storico), in rosso del 17,8%, perché il giorno prima si era saputo che sei banche, tra cui questi stessi due istituti, avrebbero dovuto rispondere a un questionario supplementare inviato dalla Bce per capire non solo quanti crediti non performanti (npl, non performing loan), ossia a rischio più o meno alto di non essere restituiti, sono nei loro bilanci, dato che viene fornito al mercato ogni tre mesi, ma in base a quali criteri e seguendo quali procedure di governance tali cifre sono state determinate.
Nel marasma generale Davide Serra, finanziare a capo del fondo Algebris noto in passato per aver condotto battaglie per una maggiore trasparenza e flessibilità nella gestione di Generali (controllata di fatto da Mediobanca da anni, ma formalmente indipendente da Piazzetta Cuccia), aveva fatto “coming out” dichiarando di stare guardando e aver anzi iniziato a investire in bond senior e junior di Mps, lui che più volte in passato aveva segnalato di essere “corto” (ossia di operare allo scoperto sul titolo, prevedendo ulteriori ribassi delle quotazioni).
Piccolo dettaglio: Davide Serra è in ottimi rapporti con Matteo Renzi e il premier dopo neppure 24 ore in una intervista al quotidiano confindustriale Il Sole 24 Ore che il sistema bancario italiano “è solido” (ci sarebbero 201,028 miliardi lordi, ovvero 88,8 miliardi netti, di sofferenze complessive a fine novembre, pari a circa il 10% dei prestiti accordati, valore che sale al 17% per aziende e Pmi private, ma che volete che siano), che “c’è una manovra su alcune banche” (i soliti “speculatori”, anche se la Consob ha vietato le vendite allo scoperto?) ma che Mps a questi prezzi tratta a livelli “incredibili” e chiunque prenderà il controllo della banca, italiano o meno che sia, “farà un ottimo affare”.
Messaggio ricevuto forte e chiaro: se non fosse bastato fin da stamane è circolata in borsa la voce di un accordo domani, nell’incontro tecnico Italia-Ue, sulla “bad bank” con l’ultimo braccio di ferro che verterebbe, come prevedibile, sul prezzo a cui far comprare gli npl che le banche volessero cedere alla “bad bank” stessa (si prevede che alla fine il punto l’intesa indichi un valore tra il 20% e il 30% del valor nominale). A questo si aggiunga che la Bce non ha toccato i tassi, ma Mario Draghi ha ribadito che manterrà gli stessi “su bassi livelli, per un lungo periodo di tempo”, confermando che la Bce è pronta a varare ulteriori misure per far risalire prezzi che restano ben distanti dal 2% di incremento annuo desiderato, forse già a marzo.
Morale della storia: stasera il Mps ha chiuso in aumento del 42,84% tornando a 72,85 centesimi per azione, Banca Carige è terminata a +29,84% a 83,1 centesimi a titolo, mentre altri istituti come Bper (+10,84%), Banco Popolare (8,58%) e Unicredit (+7,83%) hanno rapidamente recuperato le perdite di ieri. In ultimo giungono anche le parole del presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, secondo cui sul problema del sistema bancario occorre “particolare attenzione del governo” e “uno sforzo veramente di tutti per venirne fuori”, anche perché il problema è “difficilmente risolvibile con la creazione della bad bank di cui tanti parlano” (e, aggiungo io, persino con ulteriori riduzioni dei tassi da parte della Bce).
Squinzi ha ragione: se il problema dei crediti non performanti fosse stato risolvibile “semplicemente” varando una bad bank, non staremo qui a commentare il terremoto che ha provocato sui titoli di borsa, ma soprattutto non vedremmo uno stato di perdurante congelamento del credito, che solo apparentemente è in ripresa da qualche mese grazie alla ripartenza dei mutui, ripartenza che è in gran parte legata al fenomeno delle surroghe e dunque non rappresenta realmente nuovi impieghi ma solo una rotazione tra diversi operatori delle stesse posizioni. Per chi avesse dei dubbi suggeriamo di leggere un post di Mario Seminerio che ricorda come “bad bank” e “prezzi di mercato” siano, se non un ossimoro, due termini che con molta fatica vanno a braccetto.
Cedere portafogli di npl al prezzo a cui sono iscritti in bilancio significherebbe voler chiudere gli occhi sul fatto che si tratta di posizioni in gran parte evaporate in questi anni di crisi e rappresenterebbe un aiuto di stato. Cederli al “prezzo di mercato” (che mediamente oscilla tra il 10% e il 15% del valore nominale) significherebbe far saltare come tappi di spumante una serie di istituti piccoli e medio-piccoli. Una via di mezzo si potrà sicuramente trovare, ma non potrà miracolosamente far ripartire il credito e se non riparte il credito è difficile riparte l’economia nel suo complesso.
Salvo non continuare a sperare in un “motore estero” in grado di alimentare la crescita, attraverso le esportazioni. Ma con le tensioni che vanno montando in Asia e nei principali mercati emergenti quel motore rischia di entrare in stallo a breve, per un periodo più o meno lungo. Che le quotazioni delle banche crollino un giorno e decollino il giorno dopo non dovrebbe inficiare troppo sulla loro attività, anche se lascia perplessi sulla correttezza del processo di formazione dei prezzi stessi (ed espone gli investitori a rischi non correttamente prezzati), che l’attività stessa delle banche italiane sia “solida” e priva di problemi è semplicemente un’illusione.