Se state rientrando o siete appena rientrati da una breve vacanza all’estero (e potete dunque dirvi “fortunati”, visto che in questo disgraziato paese quest’anno solo il 32% degli italiani secondo le statistiche diffuse è partito per le vacanze estive), appena varcati i patrii confini vi sarete ritrovati nella “solita Italia”. Quella in cui le autostrade sono mediamente peggio tenute ma più care che nel resto d’Europa (certamente a causa di differenti costi di realizzazione e del diverso peso fiscale, ma c’entrerà qualcosa anche il modo in cui vennero “privatizzate”? Chissà), in cui gli automobilisti ignorano i limiti di velocità sistematicamente salvo ai “tutor” che apposite “app” vi segnalano se sono attivi o meno (perché si sa, siamo un paese di piloti di Formula Uno abili ad evitare multe per eccesso di velocità), in cui gli spazi di sosta gratuita sono più rari dei panda e generalmente situati in periferia, mica come in Francia o Spagna distribuiti nei pressi delle aree di sosta a pagamento. Soprattutto avrete già notato che nei pochi giorni o anche nelle poche settimane che avete lasciato il paese nulla è cambiato: il governo è in bilico, lo spread oscilla, i mercati ci tengono d’occhio. Ma nessuna decisione (non sia mai iddio che si possa trattare di una qualche riforma strutturale), è stata presa o sembra poterlo essere nell’arco dei prossimi mesi.
Il diavolo, si dice, si nasconde nei dettagli, così più che il confronto tra grandi numeri macroeconomici, che segnalano, ad esempio, come il Pil italiano continui a presentare un gap vistoso in termini di crescita con i principali partner dell’Eurozona, essendo calato nel secondo trimestre dello 0,2% (-2% annuo) contro il +0,3% della Francia, il +0,5% della Germania, il +0,1% del Belgio o il -0,1% della Spagna, i costi dell’immobilismo italiano si notano nel fatto che in Spagna, se volete, potete pagare i vostri giornali all’edicola tramite bancomat, visto che ogni edicola dispone (ed espone) di un Pos. Segno, evidentemente, che le commissioni che le banche spagnole (non certo floride, anzi) caricano su questo servizio sono meno elevate o diversamente ripartite rispetto a quelle applicate dagli istituti italiani, che per bocca dei propri rappresentanti continuano a dire che fosse per loro farebbero volentieri credito a tutti ma non si può, perché c’è crisi, ci sono rischi, ci sono rendimenti dei titoli di stato più elevati che nel resto d’Europa (ma si scordano di far notare che da inizio anno i titoli italiani hanno visto il rendimento calare di 12 punti base sui titoli dai 2 ai 5 anni e di 17 punti base sui titoli a 10 anni, con un aumento di un solo punto base sui titoli a 30 anni, mentre i “sicurissimi” titoli tedeschi hanno registrato parimenti incrementi di 30 punti base sui 2 anni, di 60 punti base sui 5 anni, di 62 punti base sui 10 anni e di 51 punti base sui trent’anni).
Quanto poi alla indeterminatezza che regna nel settore più propriamente industriale e dei servizi basterebbe il caso di Telecom Italia, bloccata da mesi dall’incertezza più totale in merito al suo futuro in attesa che Generali (30,58% di Telco, che controlla il 22,4% di Telecom Italia stessa) e Mediobanca (11,62% di Telco) escano dal patto che le unisce a Telefonica (46,18% di Telco) e Intesa Sanpaolo (11,62% di Telco). Dubbi tali che in una recente analisi gli uomini di Societe Generale sostengono che “da inizio anno si fa fatica a trovare un’equity story nelle telecomunicazioni europee che abbia destato più domande di Telecom Italia” e che riguardano il possibile downgrade del merito di credito del gruppo (e l’eventuale ricapitalizzazione che potrebbe essere a quel punto necessaria), la tempistica dell’eventuale scorporo della rete fissa, piuttosto che la ripresa o meno delle trattative per un’incorporazione di 3 Italia e perfino il lancio di un futuribile take over sul titolo, take over che dovrebbe prima ricevere un via libera politico che al momento è difficile ipotizzare dato che non è dato sapere neppure se il governo Letta arriverà a fine settimana o se il Pdl di Silvio Berlusconi “staccherà la spina” per evitare che il suo leader, condannato definitivamente per reati fiscali, venga espulso come logica vorrebbe dal Parlamento per poter poi scontare la sua condanna.
Nel frattempo Telefonica si muove in Germania, preparandosi a rilevare per le attività (E-Plus) di Kpn per 11 miliardi di dollari per dare vita (nonostante sia già gravata di 49,8 miliardi di euro di debiti e voglia ridurli entro fine anno a non più di 47 miliardi), col marchio O2, al principale gestore mobile tedesco mentre Carlos Slim, miliardario messicano che con America Movil è già socio al 30% di Kpn ed è impegnato a rilevare il restante 70% per 2,7 miliardi di euro. Come dire che il mondo si muove, l’Italia ci pensa, poi valuta, poi si scontra con veti e limiti, poi ci ripensa, poi forse decide, ma nel frattempo il mondo è cambiato e troppo spesso le operazioni (industriali o finanziarie che siano) che potevano avere un senso rischiano di non averne più alcuno. E poi ci stupiamo se siamo usciti dalla classifica 2013 delle regioni più competitive d’Europa? Veramente?