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Opinioni

Mattone: la ripresa non è dietro l’angolo

Non esistono asset privi di rischio e il mattone non fa eccezione, tanto più vista la attuale crisi economica europea. Se l’Irlanda sembra aver superato il peggio la Spagna rischia ulteriori delusioni mentre in Italia…
A cura di Luca Spoldi
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Immobili

Non esistono asset privi di rischio. Mentre lascio ad altri più autorevoli commentatori come l’Economist o il premio Nobel Paul Krugman proporre più convincenti ricette per uscire dalla crisi europea da cui non ci salverà il rigore fiscale teutonico come già detto più volte, mi permetto di ritornare sul tema della casa e sul futuro del mercato immobiliare italiano dopo alcuni commenti polemici che in rete hanno suscitato alcune mie precedenti considerazioni (cosa peraltro legittima anche se, temo, nello specifico legata più ad interessi di parte o alla mancata comprensione di quanto ho scritto a proposito di Imu). Ve lo dico subito: non esistono asset privi di rischio, tanto meno asset che garantiscono in assoluto che il vostro capitale crescerà anziché rimanere uguale a quello di partenza o, peggio, calare. Anzitutto perché occorre ragionare in termini reali (ossia tenendo conto dell’inflazione, cosa non semplice quando si pensa al futuro visto che sono molteplici i fattori che incidono sull’andamento dei prezzi al dettaglio) e non in termini nominali (come invece sono espressi tipicamente i tassi d’interesse offerti dalle varie alternative d’investimento), poi perché logica vuole che ad un rendimento positivo, sia pur minimo, debba corrispondere un rischio proporzionato (visto che ogni interesse è somma di una componente che remunera il fattore tempo ed una che remunera il rischio corso dall’investitore). Non sfugge a questa regola neppure il mercato immobiliare e dunque non credete a chi vi dice che investire in un immobile, casa, negozio o fondo immobiliare che sia, vuol dire “garantirsi” una crescita del proprio capitale in futuro: semplicemente potrebbe essere così ma potrebbe anche non essere vero (cosa che del resto capita, ripeto, con ogni asset class). Certo investire in terreni e immobili è relativamente poco rischioso rispetto a chi investa in titoli azionari o in titoli di debito di emittenti privati, ma se avete presente cosa è successo a paesi come l’Argentina qualche anno fa o la Grecia pochi mesi or sono dovrebbe esservi chiaro che persino un titolo di stato può riservare brutte sorprese e che in caso di una crisi particolarmente virulenta uno stato può imporre nuove tasse, rimborsare parzialmente il proprio debito, tagliare stipendi o imporre prezzi amministrati su certi beni. Non è detto che abbia al convenienza a farlo, ma può farlo e in casi estremi lo farà, anche introducendo (come è capitato in Italia) un’imposta che colpisce il patrimonio immobiliare anziché il reddito.

L’esempio irlandese. In realtà anche nel caso della crisi attuale, sempre più europea come dimostrano anche gli ultimi dati macro che vedono in deciso calo gli indici dei direttori acquisti del settore manifatturiero (tornati mediamente sui livelli di due anni e mezzo fa) e in ulteriore netta salita la disoccupazione (in crescita a livello di Eurozona al 10,9% a fine marzo dal 10,8% di febbraio, il massimo dall’aprile del 1997), il problema sta a monte o meglio si somma ad altri problemi a monte. Nel caso dell’Irlanda e della Spagna, infatti, la crisi economica è esplosa per lo scoppio delle bolle immobiliari createsi dopo che per anni flussi imponenti di capitali erano stati indirizzati sul mercato immobiliare: mentre Dublino sembra però aver già superato la fase più dura con un calo dei prezzi degli immobili ormai attorno al 50% rispetto ai picchi ante crisi, Madrid potrebbe aver davanti un ulteriore prolungato periodo di sofferenza perché da un lato le banche, pesantemente esposte verso il settore immobiliare, rischierebbero un crack se i prezzi dovessero crollare di colpo, dall’altro perché gli  investitori accettano a fatica l’idea di dover perdere soldi persino sul mattone e quindi i prezzi calano gradualmente, tra un ottimismo che mi pare “di facciata” da parte dei gruppi immobiliari e il tentativo delle autorità di gestire la crisi con i minori danni “collaterali” possibili.

Italia in mezzo al guado. In mezzo al guado c’è l’Italia: da noi le banche si sono esposte piuttosto pesantemente nei confronti di alcuni grandi gruppi immobiliari, ma hanno già da tempo avviato un’azione di ristrutturazione del debito nei confronti di immobiliaristi come Coppola, Zunino, Toti, mentre le grandi operazioni di “valorizzazione” degli asset immobiliari di gruppi come Pirelli e Telecom Italia piuttosto che di banche e assicurazioni come Generali, UniCredit o Intesa Sanpaolo sono a loro volta stati avviati per tempo (anche se qualche “strascico” l’hanno prodotto ancora di recente, come il subentro di Generali al gruppo Ligresti nel progetto City Life, a prezzi non proprio di saldo, complice la regia di Mediobanca). E tuttavia nonostante l’ottimismo di facciata delle grandi reti di vendita immobiliare il mercato italiano pare tutt’altro che in salute e deve scontare una tassa come l’Imu che altro non è che la versione rinnovata (e rincarata a livello di gettito complessivo) dell’Ici. Il che significa che i rendimenti netti che si può sperare di ottenere da un investimento in mattoni in Italia saranno stabili o in calo nel prossimo futuro rispetto ad una situazione presente che a fine 2011 già scontavano un calo tra il 15% e il 30% secondo dati Nomisma, istituto secondo cui di ripresa non se ne sarebbe potuto parlare prima del 2014. Considerando anche l’Imu e lo stato sempre più precario dello scenario macroeconomico italiano la previsione mi appare persino ottimistica, per la gioia dei futuri acquirenti (che potranno continuare a comprare immobili a prezzi in calo o stabili, nonostante tassi d’interesse sui mutui visti ancora a lungo sui bassi livelli attuali) ma certamente non dei futuri venditori (che rischiano di ottenere rendimenti assai inferiori a quelli auspicati ancora pochi anni or sono).

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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